La produzione di combustibili fossili sta raddoppiando, non frenando: l’allarme dell’ONU
La produzione dei combustibili fossili continua a crescere ed entro il 2030 sarà più del doppio di quella che dobbiamo evitare. Potrebbe sembrare assurdo, considerando la crisi climatica che stiamo vivendo e i continui proclami dei governi sugli impegni presi per virare il più velocemente possibile (e drasticamente) verso la transizione ecologica, eppure è esattamente ciò che sta accadendo. Il drammatico dato è emerso dal rapporto “Production Gap Report 2023” recentemente pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), messo a punto in stretta collaborazione con gli scienziati di diversi istituti: Climate Analytics, International Institute for Sustainable Development (IISD), E3G e Stockholm Environment Institute (SEI).
Secondo il documento, consultabile in formato PDF cliccando sul seguente link, i governi stanno pianificando di produrre entro la fine del decennio circa il 110 percento di combustibili fossili in più rispetto alla quota che ci permetterebbe di scongiurare le conseguenze più drammatiche e irreversibili del cambiamento climatico. Ciò significa che la quantità di petrolio, carbone e gas prodotti sarà oltre il doppio di quella che ci aiuterebbe a evitare un riscaldamento di 1,5 °C rispetto all'epoca preindustriale, soglia oltre la quale si apriranno gli scenari più catastrofici della crisi climatica. Se ciò non bastasse, l'UNEP ha calcolato che la produzione prevista entro il 2030 è del 69 percento superiore rispetto a quella che ci permetterebbe di scongiurare un riscaldamento di 2 °C.
La differenza tra un riscaldamento di 1,5 °C e 2 °C, cioè di “appena” 0,5 °C, potrebbe apparire di poco conto, ma come dimostra il grafico sottostante messo a punto dal World Resources Institute l'aumento della gravità degli effetti è sostanziale. Con 2 °C le ondate di calore estremo diventerebbero infatti 2,6 volte più intense; il livello del mare si innalzerebbe di oltre mezzo metro in più; le estati artiche senza ghiaccio marino sarebbero 10 volte peggiori; la stragrande maggioranza delle barriere coralline del pianeta (circa il 99 percento) scomparirebbe; la perdita di biodiversità sarebbe raddoppiata e in particolar modo quella degli insetti triplicata. Queste sono solo alcune delle conseguenze che un riscaldamento di 2 °C comporterebbe rispetto a uno di 1,5 °C, che secondo recenti stime sarà raggiunto già entro il 2029, diversi anni prima di quanto precedentemente determinato. E i dati del rapporto UNEP non fanno altro che confermare questa tendenza che ci sta portando al “suicidio collettivo”, come dichiarato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres in occasione della COP27.
Il documento dell'UNEP evidenzia che la domanda di combustibili fossili raggiungerà il picco entro questo decennio, con la produzione globale del carbone che crescerà ancora entro il 2030 e quella di petrolio e gas naturale (come il metano) anche oltre il 2050. Un vero e proprio controsenso, considerando che 150 Paesi hanno dichiarato di voler raggiungere la neutralità climatica – il famoso "zero netto" nelle emissioni di carbonio – entro i prossimi decenni (la UE entro il 2050). Se prometti di tagliare le emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas climalteranti, volano del riscaldamento globale di origine antropica, non puoi certo raggiungere i tuoi obiettivi se continui a produrre combustibili fossili, che sono il motore delle suddette emissioni.
Secondo l'UNEP per centrare gli obiettivi climatici i Paesi OCSE dovrebbero eliminare del tutto il carbone entro il 2030 e tutti gli altri entro il 2040, inoltre la produzione globale di petrolio e gas dovrebbe essere tagliata del 75 percento entro il 2050 rispetto ai livelli del 2020. Invece, come evidenziato dal documento, sulla base dei piani analizzati dagli esperti la produzione sarà più che doppia entro il 2030 rispetto al valore necessario per scongiurare la catastrofe climatica. In più si stima che continuerà a crescere anche oltre il 2050 (soprattutto quella del petrolio).
Nel frattempo le emissioni di CO2 continuano a salire in modo drammatico, con un nuovo record atteso per il 2023 (sarà dell'1 percento superiore rispetto al primato raggiunto nel 2022). Gli effetti di tutto questo si vedono anche nei trend negativi delle temperature, con diversi mesi di quest'anno diventati i più caldi di sempre. L'ultimo in ordine cronologico è stato ottobre, con 0,4 °C in più rispetto al precedente ottobre più caldo, ma luglio 2023 è stato il mese più caldo degli ultimi 10.000 o addirittura 120.000 anni.
Ormai è praticamente inevitabile che il 2023 diventerà l'anno più caldo di sempre (le probabilità che ciò non accada sono inferiori dell'1 percento), dati che ci avvicinano sempre di più verso l'apocalisse climatica. E noi, come evidenziato dall'UNEP, stiamo facendo pochissimo per evitare le conseguenze più catastrofiche. Dovremmo ridurre sostanzialmente domanda e offerta dei combustibili fossili e promuovere le energie rinnovabili, ma nonostante alcuni passi in avanti virtuosi, la situazione complessiva al momento sembra spingerci sempre più verso il baratro.