La plastica che inquina l’Artico arriva da tutto il mondo, anche dall’Italia
Anche l’Artico, uno dei luoghi più remoti e incontaminati del pianeta, sta ormai facendo i conti con il problema della plastica. Recenti ricerche hanno evidenziato che i rifiuti plastici hanno raggiunto quantità considerevoli anche nei mari più settentrionali, ponendo un’ulteriore sfida per quegli stessi ecosistemi già pesantemente gravati dai cambiamenti climatici. Tuttavia, uno degli aspetti che non è ancora stato chiarito risiede nella provenienza di tutta questa plastica, il che darebbe la possibilità di risalire alle fonti di inquinamento e alla responsabilità di tali rifiuti.
Una prima risposta in merito alla loro origine arriva però da un progetto di “Citizen Science”, la rete di semplici cittadini coordinata dall’Istituto Alfred Wegener (AWI) in Germania che, nell’ambito di un’indagine quinquennale, ha permesso di indagare sui rifiuti in plastica che giungono sulle coste delle isole Svalbard. In pratica, gli studiosi del Centro Helmholtz per la Ricerca Marina e Polare dell’Istituto Alfred Wegener hanno chiesto aiuto ai turisti che dal 2016 al 2021 hanno fatto visita alle isole Svalbard e che hanno contribuito a raccogliere e catalogare i rifiuti in plastica trovati sulle rive delle Svalbard.
I dati sull’abbondanza e la composizione dei detriti spiaggiati, nonché sulle fonti e la loro origine, sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Frontiers in Marine Science. E mostrano come, anche Paesi industrializzati e dove i sistemi di raccolta dei rifiuti sono efficienti, contribuiscano in modo significativo all’inquinamento dell’Artico.
Nell'Artico c'è la plastica di tutto il mondo, anche dell'Italia
L’analisi ha infatti rilevato che, nonostante una gran parte dei rifiuti sia legata alle attività di pesca locali, una buona percentuale della plastica per cui è stato possibile risalire alla provenienza giunge principalmente da Russia (23%) e Norvegia (12%), ma anche da Paesi più lontani, come Germania (6%), Cina (1%), Stati Uniti (1%) e Brasile (0,3%). I rifiuti in plastica provenienti dall’Italia, come riassunto nella tabella seguente, hanno rappresentato l’1% del totale.
“I nostri risultati – ha commentato la ricercatrice dell’AWI, la dott.ssa Melanie Bergmann, che ha avuto l'idea del progetto insieme alla guida turistica e scrittrice Birgit Lutz – evidenziano che anche i Paesi industrializzati prosperi, che possono permettersi una migliore gestione dei rifiuti, contribuiscono in modo significativo all’inquinamento di ecosistemi remoti come l’Artico”.
Di conseguenza, sottolinea l’esperta, per affrontare il problema in modo efficace deve essere migliorata non solo la gestione locale dei rifiuti, in particolare sulle navi e nella pesca, ma è altrettanto importante che “la produzione globale di plastica venga ridotta in modo massiccio, soprattutto nei paesi industrializzati dell’Europa , del Nord America e dell’Asia, dal momento che circa l’11 percento della produzione globale di plastica finisce nei nostri corsi d’acqua, il che sottolinea ancora una volta l’urgente necessità di un trattato ONU sulla plastica ambizioso e giuridicamente vincolante, che è attualmente in fase di negoziazione e che dovrebbe entrare in vigore nel 2024”.