La pandemia di Covid ha alterato la nostra capacità di percepire il tempo
Tra la moltitudine di conseguenze sanitarie, sociali ed economiche lasciate in eredità dalla pandemia di COVID-19, che non si è ancora ufficialmente conclusa, ce n'è una particolare che è diventata oggetto di un nuovo studio: l'alterazione della nostra capacità di percepire il tempo. Potrebbe sembrare assurdo, ma da quando si è diffuso il coronavirus SARS-CoV-2 molte persone sono diventate decisamente meno brave nel collocare temporalmente gli eventi recenti, anche quelli di rilevanza internazionale e dunque riportati a più riprese sui vari media. È normale che il passare degli anni faccia sbiadire la memoria; mediamente, infatti, non siamo così bravi a ricordare una sequenza temporale di eventi passati, rispetto a una di eventi più recenti. Ma la pandemia di COVID ha sparigliato le carte in tavola e “rovinato” la nostra capacità di percepire il tempo negli ultimissimi anni.
A descrivere l'interessante fenomeno sono stati i due scienziati Daria A. Pawlak e Arash Sahraie, entrambi della Scuola di Psicologia dell'Università di Aberdeen (Regno Unito). L'idea di indagare su questa conseguenza è sorta quando i medici hanno iniziato a notare una certa difficoltà da parte dei pazienti di raccontare la propria storia di malattia, dal punto di vista cronologico. Il problema è risultato così significativo da richiedere indagini ad hoc più approfondite, come quella condotta dall'ateneo scozzese. È interessante notare che uno dei sintomi della COVID-19, l'infezione provocata dal patogeno pandemico, è la “nebbia mentale” o “nebbia cerebrale”, che determina confusione, problemi nel linguaggio e nella memoria. Ma l'alterazione della capacità di percepire il tempo è stata osservata anche in persone che non avevano contratto il virus. E in effetti non è stato il coronavirus a indurla, ma le cosiddette misure draconiane introdotte per arginarne la diffusione, come ad esempio i famigerati lockdown. L'impatto è stato così forte che nello studio gli eventi del 2021 venivano “ricordati male” quanto quelli avvenuti tre o quattro anni prima (lo studio è stato condotto a maggio 2022 e appena pubblicato).
I professori Sahraie e Pawlak hanno coinvolto nell'indagine 277 partecipanti, ai quali è stato chiesto di specificare l'anno in cui si sono verificati determinati eventi che erano avvenuti tra il 2017 e il 2021 (i partecipanti potevano scegliere una data tra il 2016 e il 2022). I ricercatori hanno anche tenuto traccia di fattori come ansia, depressione, stress, livello di attività durante i periodi di lockdown. Come previsto dagli studiosi, i partecipanti hanno riportato un numero di errori per il 2021 paragonabile a quello di 3 / 4 anni prima, come se nella fase del lockdown la memoria si fosse inceppata e abbia iniziato a registrare male ciò che accadeva. “Abbiamo scoperto che le persone non riuscivano a ricordare quando gli eventi si sono verificati durante la pandemia – in effetti, la loro accuratezza nel ricordare i tempi di questi eventi era pessima quanto gli eventi accaduti 3 o 4 anni prima”, ha spiegato il professor Sahraie in un comunicato stampa. “Ciò che la pandemia ha fatto è stato togliere la capacità di ricordare quando gli eventi sono accaduti”, ha chiosato l'esperto.
Ma qual è la ragione di questa alterazione? Secondo gli autori dello studio è legata al fatto che lo stato psicologico influenza la nostra capacità di percepire il tempo. Non a caso le persone più depresse, stressate, ansiose e meno resilienti erano quelle che hanno commesso più errori mnemonici nei test. “Se ti trovi su una collina, avrai davanti a te un paesaggio. Puoi guardarti intorno e vedere la tua posizione in relazione ad alcuni punti di riferimento come edifici famosi e colline e quindi descrivere tutti gli altri luoghi in quanto sono lontani da questi punti di riferimento. C'è un equivalente chiamato ‘timescape'. Questo è sapere dove ti trovi attualmente in relazione a tutti gli eventi nella sequenza temporale”, ha spiegato il professor Sahraie. “Le restrizioni legate alla pandemia hanno rimosso tutti i soliti punti di riferimento nel tempo, come feste di compleanno, funerali, vacanze e riunioni che ci consentono di collocare gli eventi in questo lasso di tempo. Senza i punti di riferimento, gli eventi si fondono insieme”, ha chiosato l'esperto.
In parole semplici, i lockdown hanno fatto saltare le routine in grado di fissare la sequenza temporale degli eventi nel nostro cervello, rendendoci più smemorati perché privi dei paletti fondamentali per ancorarli e farli nostri. “Mentre stiamo iniziando a comprendere l'impatto che la pandemia ha avuto sull'economia, sulla nostra salute fisica e sulla nostra salute mentale, c'è ancora molto da capire su come i lockdown forzati, lo stress e l'isolamento possano continuare a influenzarci in modi diversi nel futuro”, ha concluso l'autore dello studio. I dettagli della ricerca “Lost time: Perception of events timeline affected by the COVID pandemic” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PloS ONE.