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La luce rossa riduce molto il rischio di coaguli di sangue: possibile innovativa terapia anti trombosi

Ricercatori statunitensi hanno dimostrato che l’esposizione alla luce rossa è in grado di ridurre sensibilmente il numero di coaguli di sangue, riducendo al contempo il rischio associato di gravi patologie come l’infarto e l’ictus. La scoperta potrebbe sfociare in un’innovativa terapia antitrombotica.
A cura di Andrea Centini
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Gli autori dello studio esposti alla luce rossa durante un esperimento. Credit: Università di Pittsburgh
Gli autori dello studio esposti alla luce rossa durante un esperimento. Credit: Università di Pittsburgh

I ricercatori hanno scoperto che l'esposizione alla luce rossa a lunghezza d'onda lunga riduce il rischio di formazione di coaguli di sangue (trombi) e, di conseguenza, le probabilità di sviluppare patologie cardiovascolari e cerebrovascolari associate come infarto e ictus. Precedenti studi avevano evidenziato una correlazione tra diverse esposizioni alla luce e cambiamenti nell'aggregazione piastrinica, nella coagulazione del sangue e nell'infiammazione. Non a caso infarti e ictus sono più probabili in determinati orari della giornata. Ciò nonostante, come spiegato gli autori del nuovo studio, “l'impatto degli spettri luminosi sulla trombosi venosa (TV) e sulla trombosi arteriosa è ampiamente inesplorato”. Proprio per questo hanno deciso di condurre un'indagine ad hoc sia con modelli murini (topi) che con pazienti umani per far emergere un'associazione tra la luce e il rischio di coaguli di sangue. Ciò che è stato scoperto potrebbe sfociare in un'innovativa terapia antitrombotica – cioè antiaggregante e anticoagulante – per ridurre il rischio di eventi tromboembolitici e gravi patologie connesse. Sarebbe a basso costo e potrebbero beneficiarne milioni di persone.

A determinare che l'esposizione alla luce rossa a lunghezza d'onda lunga riduce la formazione di coaguli di sangue è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati dell'Università di Pittsburgh, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di diversi istituti. Fra quelli coinvolti il Dipartimento di Medicina d'Urgenza – Facoltà di Medicina dell'Università di Washington, il MedStar Georgetown Transplant Institute dell'Ospedale universitario MedStar Georgetown, il Medical College del Wisconsin, l'Università del Missouri e diversi altri. I ricercatori, coordinati dalla professoressa Elizabeth A. Andraska, docente di chirurgia presso il Dipartimento di Chirurgia, Traumatologia e Centro di Ricerca in Medicina Trasfusionale dell'ateneo di Pittsburgh, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato l'impatto di vari spettri luminosi su topi – C57BL/6J di tipo selvatico – ed esseri umani, che hanno montato delle lenti speciali in grado di filtrare la luce blu.

Per quanto concerne i modelli murini, gli scienziati hanno suddiviso i topi in tre gruppi esposti a luce naturale (400 lux), blu (1400 lux a 442 nanometri) e rossa (1400 lux a 617 nanometri) secondo uno specifico ciclo di luce e buio alternati di 12 ore, per un totale di tre giorni consecutivi (72 ore). Al termine dell'esperimento la professoressa Andraska e colleghi hanno analizzato diversi parametri nei topi relativi all'aggregazione piastrinica, oltre che metabolomici e trascrittomici. Inoltre hanno valutato anche la capacità di alcune cellule immunitarie chiamate neutrofili di generare le trappole extracellulari, una sorta di reti che queste cellule generano per intrappolare i microorganismi invasori (che in alcuni casi sono in grado di bloccare le piastrine catalizzando il rischio di trombosi). I ricercatori hanno valutato anche il l'impatto della trombosi venosa e degli ictus negli animali coinvolti nello studio.

Dall'analisi dei dati è emerso che i topi esposti alla luce rossa avevano una ridotta aggregazione e attivazione piastrinica, meno infiammazione, diminuzione delle trappole extracellulari e, più in generale, un numero di coaguli di sangue cinque volte inferiore rispetto a quelli esposti alla luce blu o ambientale. Se ciò non bastasse, negli animali colpiti da ictus e trombosi venosa l'esposizione alla luce rossa determinava danni cerebrali da ictus ridotti e in generale conseguenze meno gravi. Esperimenti con topi ciechi hanno dimostrato che la funzione ottica è fondamentale per ottenere i benefici della luce rossa. Nell'esperimento con le persone sono stati coinvolti migliaia di pazienti oncologici che, dopo un intervento di cataratta, sono stati dotati di lenti convenzionali o in grado di filtrare il 50 percento della luce blu e tutta la rossa. È stato osservato che coloro che indossavano le lenti filtranti avevano un ridotto numero di coaguli di sangue rispetto agli altri.

“La luce a cui siamo esposti può modificare i nostri processi biologici e cambiare la nostra salute”, ha dichiarato in un comunicato stampa la professoressa Andraska. “Le nostre scoperte potrebbero portare a una terapia relativamente poco costosa che potrebbe giovare a milioni di persone”, ha aggiunto la scienziata. Il prossimo passo della ricerca sarà esporre alla luce rossa dei volontari con elevato rischio di trombosi per verificare se effettivamente l'esposizione alla luce rossa possa ridurre i coaguli di sangue e le potenziali conseguenze. A questo scopo stanno sviluppando degli occhiali a luce rossa ad hoc grazie ai quali sarà possibile tenere traccia dell'effettiva quantità di luce cui saranno esposti i volontari. Qualora anche questi trial clinici dovessero confermare l'associazione, potrebbero essere sviluppate terapie antitrombotiche innovative, basate sulla regolazione della risposta immunitaria e della coagulazione del sangue tramite esposizione luminosa. I dettagli della ricerca “Alterations in visible light exposure modulate platelet function and regulate thrombus formation” sono stati pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Thrombosis and Haemostasis.

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