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La gravidanza risveglia i resti di antichi virus nel DNA delle donne: com’è possibile e perché

Un team di ricerca internazionale ha scoperto che nel DNA delle donne, durante la gravidanza, si attivano antiche sequenze virali, legate a patogeni che in passato infettavano i nostri antenati. A cosa serve questo affascinante e misterioso processo.
A cura di Andrea Centini
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Potrebbe sembrare assurdo, ma durante la gravidanza i frammenti di antichissimi virus contenuti nel nostro DNA vengono "risvegliati" con un preciso scopo: promuovere l'ematopoiesi e l'eritropoiesi – cioè la produzione di cellule del sangue – al fine di scongiurare l'anemia a seguito di un'emorragia. Fino a non molto tempo fa queste sequenze del nostro genoma che non codificano proteine erano considerate “DNA spazzatura”, proprio perché ritenute inutili, tuttavia oggi sappiamo che giocano un ruolo prezioso in molteplici funzioni biologiche, come l'espressione dei geni, il mantenimento dell'integrità dei cromosomi e la protezione del genoma.

Una porzione significativa del nostro genoma – circa l'8 percento – è composta da antiche sequenze di geni virali acquisite attraverso infezioni dai nostri antenati; tali frammenti si sono integrati nel DNA di Homo sapiens e tramandati di generazione in generazione, fino ad arrivare ai giorni nostri. Vengono chiamate retrotrasposoni e hanno l'insolita capacità di replicarsi e posizionarsi in altri punti del genoma grazie all'enzima trascrittasi inversa: è lo stesso usato dal virus dell'HIV, il patogeno responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita. A causa di questo processo di "copia e incolla" in vari punti del genoma il nostro organismo ha evoluto dei sistemi per tenere a bada i retrotrasposoni, spegnendoli e impedirgli di attivarsi. Tuttavia, in alcuni casi possono accendersi e fornire preziosi benefici, come nel caso delle sequenze virali che aiutano le donne a produrre più cellule del sangue e scongiurare gli effetti peggiori delle perdite di sangue durante una gravidanza.

A scoprire che nelle donne incinte i frammenti genetici si risvegliano per promuovere l'ematopoiesi e contrastare l'anemia da sanguinamento è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati statunitensi del Southwestern Medical Center e del Children's Medical Center Research Institute dell'Università del Texas, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Dermatologia dell'Ospedale Universitario di Essen (Germania) e altri istituti. I ricercatori coordinati dai professori Julia Phan e Sean J. Morrison sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto alcuni esperimenti con modelli murini (topi) e cellule del sangue provenienti da donne in dolce attesa. In principio i ricercatori volevano comprendere il meccanismo biologico che spinge le cellule staminali ematopoietiche – responsabili della formazione dei corpuscoli del sangue – ad attivarsi durante la gravidanza e dopo un'emorragia. Confrontando i genomi di topi in gravidanza e non, la professoressa Phan e colleghi hanno scoperto che nei primi attivavano proprio i sopracitati retrotrasposoni. Un processo insolito, considerando i rischi intrinseci del loro modo di replicarsi.

È l'opposto di ciò che ci aspettavamo. Se mai ci fosse un momento per proteggere l'integrità del genoma ed evitare mutazioni, sarebbe durante la gravidanza. Ci sono centinaia di queste sequenze di retrotrasposoni nel nostro genoma. Perché non disattivarle in modo permanente, come hanno fatto alcune specie? Devono avere un valore adattivo per noi”, ha spiegato in un comunicato il professor Morrison. In appositi esperimenti condotti sui topi, nei quali è stato inibito l'enzima trascrittasi inversa, è stato osservato che la produzione di cellule del sangue è stata bloccata in quelli in gravidanza ma non negli altri. In parole semplici, nei topi gravidi questi retrotrasposoni sono responsabili dell'attivazione di una proteina chiamata interferone che a sua volta induce la produzione di cellule del sangue, al fine di evitare l'anemia. “Pensavamo che l'interferone potesse causare l'uccisione delle cellule staminali da parte del sistema immunitario. Ma abbiamo scoperto che i retrotrasposoni attivavano solo abbastanza interferone da attivare la produzione di cellule del sangue”, ha chiosato la professoressa Phan.

Dopo gli esperimenti con i topi i ricercatori si sono concentrati sulle cellule staminali ematopoietiche di donne incinte, nelle quali hanno osservato il medesimo meccanismo biologico: l'attivazione delle antiche sequenze genetiche virali, l'innesco dell'interferone e la produzione di cellule del sangue per scongiurare l'anemia. Del resto, l'impiego di farmaci in grado di inibire l'enzima trascrittasi inversa era stato già associato all'anemia nelle donne incinte da precedenti studi, ma non in quelle che non erano in dolce attesa. “Siamo estremamente entusiasti che ciò che il dott. Morrison e il dott. Phan hanno scoperto nei topi sia vero anche negli esseri umani. Queste intuizioni ci aiutano a comprendere alcuni dei meccanismi sottostanti che contribuiscono all'anemia durante la gravidanza”, ha spiegato il dottor Tasdogan, coautore dello studio. “Il nostro prossimo passo è avviare una sperimentazione clinica per approfondire la nostra comprensione di come funzionano i retrotrasposoni nei pazienti”, ha affermato lo scienziato. La ricerca “Retrotransposons are co-opted to activate hematopoietic stem cells and erythropoiesis” è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Science.

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