Impaurito, spaesato e privato della sua dignità, il leone Kimba si aggira per le stradine di Ladispoli tra le auto, mentre annusa e “vive” per la prima volta il mondo esterno. È lontano migliaia di chilometri da dove dovrebbe trovarsi, nell'Africa subsahariana, ma è libero e assapora un orizzonte senza recinti, nonostante sia frastornato da grida e lampeggianti. Le surreali immagini della sua fuga da un circo, che ha tenuto col fiato sospeso gli abitanti della cittadina laziale, colpiscono con la forza di un pugno allo stomaco e impongono una seria riflessione sullo sfruttamento degli animali, trasformati in pagliacci per il pubblico ludibrio. Ovviamente per fare cassa.
A luglio dello scorso anno era stata approvata dalla Camera una nuova legge delega in materia di spettacolo, che tra i suoi obiettivi si prefiggeva di vietare l'utilizzo degli animali nei circhi e negli spettacoli viaggianti. Ma doveva essere seguita da un Decreto Legislativo attuativo da parte del Ministero della Cultura – quello responsabile della questione – affinché venissero stabiliti modalità e tempi per lo stop. Tuttavia tale decreto non è stato emanato nei tempi previsti, pertanto la delega è decaduta; ciò significa che dovrà iniziare un nuovo iter con proposta di legge ad hoc, per dire definitivamente addio alla pratica anacronistica degli animali rinchiusi ed esibiti nei circhi. Sono già oltre venti i Paesi dell'Unione Europea che hanno preso questa decisione virtuosa, suffragata da motivazioni etiche e volta a tutelare il benessere e la dignità delle specie sfruttate. Da noi, nonostante la maggioranza degli italiani desideri che venga seguito lo stesso percorso, come evidenziano i sondaggi riportati dalla LAV, chi governa continua a non fare, a rinviare ed eludere, fingendo che il problema non esista e che sia di secondo piano rispetto ad altre tematiche.
Ma non è solo una questione di tutelare il sacrosanto diritto degli animali di vivere liberi e selvaggi nel proprio habitat naturale. C'entra anche la sicurezza pubblica. Immaginate se il povero Kimba, prima di essere sedato dai veterinari, avesse aggredito dei bambini intenti a giocare in strada, spinto dal suo istinto di predatore sopito da gabbie e recinti. Si sarebbero riempite pagine e pagine di giornali e puntato il dito contro i responsabili della fuga, non contro chi si ostina a non risolvere il problema a monte. Il fatto di tenere imprigionati degli animali potenzialmente pericolosi – come tigri e leoni – che nulla hanno a che vedere con l'Italia comporta dei rischi oggettivi e la fuga di Kimba sta a lì a dimostrarlo, indipendentemente da chi o cosa l'ha causata. E ovviamente non è solo l'anziano felino ad aver potuto assaporare un po' di libertà dopo essere scappato da un circo; a luglio, ad esempio, un elefante indiano si è concesso una “passeggiata” per le strade di Amantea, in Calabria, mentre in provincia di Roma erano già fuggiti una tigre, un elefante e due lama, giusto per citare i casi più celebri balzati agli onori della cronaca nazionale.
I leoni (Panthera leo) sono grandi felini classificati come vulnerabili nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), il principale organo mondiale deputato alla tutela della biodiversità. Vivono a migliaia di chilometri dal nostro Paese in condizioni climatiche completamente differenti. Già solo questo dettaglio dovrebbe farci comprendere la crudeltà di detenerli rinchiusi in semirimorchi che fanno su e giù lungo lo Stivale. E lo stesso discorso vale per tigri, zebre, elefanti e tutte le altre specie coinvolte nelle pratiche circensi.
Anche se si tratta di animali nati in allevamento e che non hanno mai visto la savana, la foresta o qualunque sia il loro habitat di provenienza, vengono comunque privati della loro dignità e del loro benessere per un unico scopo: riempirsi le tasche. Questo, in un Paese civile, nel 2023 non deve più essere accettato e l'Italia dovrebbe seguire al più presto l'esempio virtuoso di chi l'ha preceduta. Le associazioni animaliste e non solo si attendono una risposta da parte del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano a seguito del caso di Kimba, le cui drammatiche immagini tra le strade di Ladispoli hanno smosso più di qualche coscienza.