La dieta può quasi raddoppiare il rischio di demenza: lo studio sugli alimenti cha causano infiammazione
Il legame tra alimentazione, infiammazione e demenza è ormai noto: ciò che mangiamo contribuisce a mettere il nostro corpo in uno stato di perenne infiammazione e questa condizione sul lungo periodo favorisce quei processi di neurodegenerazione che causano poi i sintomi tipici della demenza, compresa quella associata alla malattia di Alzheimer.
Anche se tra alimentazione e rischio di demenza non c'è un rapporto diretto di causa-effetto, capire esattamente quanto l'una influenzi l'altro resta però fondamentale per provare a invertire, o almeno a rallentare, il continuo aumento dei casi di demenza, un fenomeno destinato a crescere di anno in anno. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), nel 2050 ci saranno più di 250 milioni di persone affette da demenza.
Ora un nuovo studio è riuscito a calcolare quanto una dieta ricca di alimenti pro-infiammatori possa aumentare il rischio di demenza: le stime effettuate su una platea di oltre 1.400 partecipanti monitorati per più di 20 anni hanno rivelato fino all'84% di rischio in più associato a una dieta infiammatoria. Parliamo di un rischio quasi doppio.
Lo studio su alimentazione e demenza
Sulla scia di precedenti studi che hanno confermato come alcune diete alimentari più di altre possano proteggere il cervello umano dagli effetti dei processi infiammatori, un gruppo di ricercatori del Glenn Biggs Institute for Alzheimer's & Neurodegenerative Diseases dell'UT Health San Antonio, della Boston University School of Medicine e del Framingham Heart Study ha indagato l'associazione tra infiammazione da fattori alimentari e la comparsa della malattia a distanza di anni.
Per farlo hanno utilizzato il Dietary Inflammatory Index (DII), ovvero l'indice infiammatorio dietetico, uno strumento standardizzato che misura il potenziale infiammatorio di una determinata dieta. Per conoscere l'alimentazione degli 1.487 partecipanti, che all'inizio dello studio avevano 60 o più anni e nessun segnale di demenza, i ricercatori hanno utilizzato dei questionari somministrati loro in tre momenti (1991-1995, 1995-1998 e 1998-2001) a distanza di anni.
Cosa rende una dieta infiammatoria
A ogni dieta è stato associato un punteggio di DII in base a 36 parametri, divisi in pro-infiammatori e anti-infiammatori. Nel primo gruppo rientrano ad esempio la presenza nella dieta di fibre, vitamine A, C, D, E e del gruppo B6, acido folico, magnesio, ma anche di alimenti specifici come aglio, tè verde o nero e pepe. Sono invece considerati pro-infiammatori altri parametri come la presenza di vitamine B12, ferro, carboidrati, colesterolo, apporto energetico totale, proteine, grassi saturi e grassi totali. Maggiore è il punteggio sull'indice infiammatorio dietetico, più la dieta è considerata infiammatoria.
Dopo un periodo di follow-up di 22,3 anni, 246 partecipanti avevano sviluppato forme di demenza, di cui 187 l'Alzheimer. Ne è emerso che i partecipanti con le diete più pro-infiammatorie (punteggi DII più alti) avevano un rischio maggiore di ammalarsi.
Non solo, la differenza nel rischio tra il gruppo con i punteggi più elevati e quello con i punteggi più bassi, e quindi le diete più anti-infiammatorie, era davvero considerevole, pari all'84% in più. Questo significa che una dieta ricca di alimenti infiammatori potrebbe quasi raddoppiare il rischio di demenza rispetto a una ricca di alimenti anti-infiammatori. Un dato che secondo i ricercatori potrebbe essere utilizzato per elaborare strategie che possono contribuire a prevenire la demenza tardiva.