video suggerito
video suggerito

La Cina svela i segreti della faccia nascosta della Luna: cosa c’era nelle rocce riportate sulla Terra

Sono stati pubblicati i primi studi sui campioni di roccia vulcanica raccolti sulla faccia nascosta della Luna dalla missione cinese Chang’e-6 lo scorso giugno. Ecco cosa è stato scoperto.
A cura di Andrea Centini
30 CONDIVISIONI
@CNSAWatcher | Scienziati a lavoro sulla sonda Chang'e 6 appena rientrata sulla Terra
@CNSAWatcher | Scienziati a lavoro sulla sonda Chang'e 6 appena rientrata sulla Terra

La Luna è in rotazione sincrona con la Terra, ciò significa che il tempo di rotazione sul proprio asse è uguale a quello del moto di rivoluzione attorno al nostro pianeta. Ne consegue che noi, dalla superficie terrestre, possiamo vedere solo e sempre la stessa faccia della Luna, al netto delle oscillazioni (chiamate librazioni) che permettono di osservare “spicchi” dell'altro lato. Le differenze fra il lato visibile o vicino e quello non visibile, conosciuto come “faccia nascosta” della Luna, sono sostanziali e riguardano molteplici aspetti, dal vulcanismo allo spessore della crosta, passando per la topografia – il lato nascosto è molto più ricco di crateri – fino alla composizione chimica.

Potrebbe sembrare assurdo, ma abbiamo una conoscenza piuttosto limitata della faccia nascosta del satellite naturale della Terra; basti pensare che la prima sonda vi è atterrata soltanto il 3 gennaio del 2019. Era la Chang’e-4 dell’Agenzia spaziale cinese (China National Space Administration – CNSA) allunata nel cratere Von Karman, nel cuore del bacino Polo Sud-Aitken del satellite. A quella missione ne seguirono altre storiche, come la Chang'e-6, che all'inizio di giugno di quest'anno ha raccolto ben 1,9 chilogrammi di rocce lunari, sempre dal bacino Polo Sud-Aitken (SPA), un grande cratere da impatto con un'età stimata di 4 miliardi di anni.

Lander Chang'e-6
Lander Chang'e-6

I preziosissimi campioni prelevati dalla missione (composta da un lander e da un rover) sono atterrati nella regione cinese della Mongolia Interna il 25 giugno; da allora sono stati sottoposti ad approfondite analisi da parte di vari team di ricerca. Oggi, a circa cinque mesi dallo storico atterraggio, sono stati pubblicati i risultati delle prime indagini sulle due riviste scientifiche più prestigiose, Nature e Science. Dalle analisi è emerso che quasi tutti i campioni di basalto hanno una datazione di 2,8 miliardi di anni, risultando più giovane di quanto previsto. Significa che 2,8 miliardi di anni fa la Luna era ancora vulcanicamente attiva. Per datarli gli scienziati si sono concentrati su basalti con basse o bassissime concentrazioni di titanio (Ti), utilizzando sistemi basati su isotopi di piombo e rubidio-stronzio.

Credit: GIGCAS
Credit: GIGCAS

“I suoli lunari di Chang'e-6 contengono due tipi di basalti marini: a basso Ti e a bassissimo Ti (VLT)”, hanno spiegato gli scienziati dell'articolo su Science in un comunicato stampa. La datazione Pb-Pb (piombo – piombo NDR) ad alta precisione dei minerali contenenti Zr e la datazione Rb-Sr del plagioclasio e della mesostasi in fase avanzata del basalto a basso Ti forniscono età isocrone coerenti di 2,83 Ga, indicando che ‘il magmatismo giovane è presente anche sul lato lontano della Luna'”, affermano gli esperti. Il fenomeno era stato già confermato dai campioni raccolti dalla missione Chang'e-5 nel 2020 sul lato visibile, avendo un'età stimata di 2 miliardi di anni. Queste rocce lunari sono molto più giovani di quelle prelevate durante le missioni Apollo condotte tra i 1969 e il 1972, sempre sulla faccia visibile.

Credit: GIGCAS
Credit: GIGCAS

Uno dei frammenti di basalto analizzati nello studio pubblicato su Nature, che si è occupato di analizzare 108 campioni, ha invece 4,2 miliardi di anni, più o meno l'età del cratere da impatto in cui è stato trovato. Un dettaglio interessante risiede nel fatto che i campioni lunari raccolti da Chang'e-6 risultano poveri di cosiddetti elementi KREEP, ovvero potassio (K), terre rare (REE) e fosforo (P), che invece erano stati rilevati nei basalti delle missioni Apollo. È assente anche la radioattività, emersa invece nelle rocce raccolte dagli statunitensi. Secondo gli esperti queste differenze tra i suoli del lato visibile e della faccia nascosta sono legate non sono legate al solo spessore della crosta, come evidenziato da precedenti misure di telerilevamento con le sonde spaziali, ma anche dalla composizione sorgente del mantello.

Credit: @CNSAWatcher
Credit: @CNSAWatcher

“L'età relativamente giovane dei basalti è sorprendente, insieme alla composizione praticamente priva di elementi radioattivi”, ha dichiarato alla CNN il professor Clive Neal, docente presso l'Università di Notre Dame e coautore dello studio pubblicato su Science. “L'asimmetria tra il lato vicino e quello lontano della Luna resta un mistero irrisolto”, ha chiosato l'esperto. I dettagli delle ricerche “A sample of the Moon’s far side retrieved by Chang’e-6 contains 2.83-billion-year-old basalt” e “Lunar farside volcanism 2.8 billion years ago from Chang’e-6 basalts” sono stati pubblicati su Nature e Science.

30 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views