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I farmaci “miracolosi” per perdere peso meno efficaci della chirurgia bariatrica, secondo uno studio

Un team di ricerca statunitense ha determinato che gli interventi di chirurgia metabolica e bariatrica, come la gastrectomia verticale parziale e il bypass gastrico, sono molto più efficaci dei nuovi farmaci “miracolosi” per perdere peso come la semaglutide e la tirzepatide. Inoltre offrono risultati più duraturi nel mantenimento del peso ottenuto. Ecco cosa è stato scoperto.
A cura di Andrea Centini
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I nuovi farmaci contro l'obesità come la semaglutide e la tirzepatide hanno dimostrato di far perdere decine di chilogrammi di peso, ma uno studio ha determinato che esiste un'opzione molto più efficace per i pazienti: la chirurgia metabolica e bariatrica. In parole semplici, si tratta di un insieme di interventi – come il bendaggio gastrico e il bypass gastrico – progettati per restringere lo stomaco e/o favorire il malassorbimento degli alimenti consumati. Sono procedure introdotte da tempo che col passare degli anni sono state rese sempre più raffinate, sicure ed efficaci, tuttavia secondo gli esperti vengono sfruttate soltanto da una percentuale ridotta delle persone che potrebbero beneficiarvi.

Proprio alla luce dell'enorme successo clinico (e mediatico) dei nuovi farmaci agonisti del peptide 1 simile al glucagone (GLP-1), che inducono il senso di sazietà imitando l'azione di un ormone, i ricercatori hanno voluto effettuare un confronto fra diverse soluzioni destinate al dimagrimento, facendo emergere come più efficace – anche in termini di durata – la chirurgia metabolica e bariatrica. A determinarlo è stato un team di ricerca statunitense guidato da scienziati del prestigioso centro medico Langone Health dell'Università di New York, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della società Coreva Scientific e dell'International Federation for the Surgery of Obesity and Metabolic Disorders (IFSO). I ricercatori, coordinati dalla professoressa Marina Kurian, chirurgo bariatrico presso l'ateneo statunitense, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto una revisione sistematica sui risultati di studi pubblicati tra il 2020 e il 2024, nel quale venivano presi in esame gli effetti sul peso corporeo di diverse soluzioni dimagranti: cambiamenti nello stile di vita (dieta ed esercizio fisico); iniezioni settimanali di semaglutide e tirzepatide; e chirurgia bariatrica.

Incrociando i dati è emersa la superiorità della chirurgia bariatrica non solo nella perdita di peso in termini percentuali, ma soprattutto nel mantenimento del risultato. Dai risultati è emerso che la dieta e l'attività fisica hanno determinato una perdita di peso del 7,4 percento, ma in genere nel giro di 4,1 anni esso veniva “generalmente riacquisito”. I farmaci "miracolosi" per perdere peso hanno dato risultati migliori, dato che cinque mesi di iniezioni settimanali di semaglutide hanno determinato una perdita di peso del 10,6 percento, mentre nove mesi di terapia con tirzepatide ne hanno fatto perdere il 21,1 percento. Tuttavia, specificano gli autori del nuovo studio, una volta sospesi circa la metà del peso perduto è stato acquisito nuovamente dopo un anno. Ricordiamo che secondo una recente ricerca chi continua ad assumere la semaglutide mantiene il peso corporeo “conquistato” a lungo termine, anche oltre 4 anni. La nuova indagine indica che il plateau del dimagrimento (la stabilità) viene raggiunto in media dopo 14,9 mesi di semaglutide e 17-18 mesi tirzepatide.

Come specificato, la chirurgia bariatrica ha fatto molto meglio della buona volontà e delle terapie farmacologiche. Procedure come la gastrectomia verticale parziale (Sleeve gastrectomy) e il bypass gastrico hanno infatti determinato una perdita di peso 29,5 e del 31,9 percento rispettivamente, con un quarto della perdita di peso mantenuto fino a dieci anni dopo l'operazione. “La chirurgia metabolica e bariatrica rimane il trattamento più efficace e duraturo per l’obesità grave. Sfortunatamente, rimane anche tra i più sottoutilizzati”, ha dichiarato in un comunicato stampa la professoressa Kurian. “La chirurgia deve svolgere un ruolo maggiore nel trattamento dell’obesità ed essere presa in considerazione nelle fasi iniziali del processo patologico. Non è più un trattamento di ultima istanza e non dovrebbe essere sospeso finché non si sviluppa una malattia più grave. Non c’è alcuna ragione medica per questo”, ha chiosato l'esperta.

Come evidenziato dalla professoressa Ann Rogers, presidente dell’Associazione Americana per la Chirurgia Metabolica e Bariatrica (ASMBS) e docente di chirurgia presso il College di Medicina dell'Università Statale della Pennsylvania, la chirurgia bariatrica “è più sicura ed efficace che mai”; il profilo di sicurezza negli USA è infatti considerato paragonabile a quello di interventi di routine come l'appendicectomia e quelli a ginocchio e cistifellea. Tra i rischi associati a questi trattamenti figurano comunque complicanze da non sottovalutare, come emorragie, infezioni e ostruzione intestinale, oltre a problemi intestinali comuni, dalla diarrea al reflusso gastroesofageo. I risultati del nuovo studio, che devono ancora essere pubblicati su una rivista scientifica, sono stati presentati durante il meeting annuale dell'ASMBS attualmente in corso a San Diego.

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