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La cannabis forte associata a un rischio doppio di attacchi psicotici, secondo un nuovo studio

Secondo un nuovo studio i giovani che consumano cannabis forte, come la skunk, hanno un rischio doppio di psicosi (deliri, allucinazioni e altre alterazioni della realtà) rispetto a chi usa la forma leggera della sostanza stupefacente.
A cura di Andrea Centini
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Il consumo di cannabis forte, cioè con una concentrazione più elevata di principi psicoattivi, è associata a un rischio sensibilmente superiore (doppio) di attacchi psicotici. È quanto emerso da un nuovo studio nel quale è stata indagata la relazione tra l'utilizzo della droga e la psicosi in adolescenti e giovani adulti. Come evidenziato da una precedente indagine dell'Addiction and Mental Health Group dell’Università di Bath, negli ultimi 50 anni i livelli di delta-9-tetraidrocannabinolo o THC – il principale composto psicoattivo della cannabis – sono aumentati del 14 percento, inoltre tra i giovani vanno sempre più di moda la skunk e altre tipologie di cannabis forte. Per questa ragione i ricercatori ritengono di fondamentale importanza comprendere gli effetti sulla salute fisica e mentale legati all'utilizzo della sostanza stupefacente.

A determinare che la cannabis forte raddoppia il rischio di attacchi psicotici nei giovani adulti è stato un team di ricerca britannico guidato da scienziati del Centre for Academic Mental Health – Population Health Sciences dell'Università di Bristol e del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Bath, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Medicina dell'Università di Cardiff. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Lindsey A. Hines, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto uno studio di coorte basato sulla popolazione, nel quale sono stati coinvolti oltre 5.500 partecipanti che tra i 16 e i 18 anni hanno confermato o meno l'utilizzo della sostanza stupefacente. Fra essi in 1.560 hanno riferito di aver consumato cannabis ad alta potenza come la sopracitata skunk. A 24 anni i partecipanti sono stati sotto stati sottoposti a colloqui per verificare l'insorgenza tra i 19 e i 24 anni di attacchi psicotici, come allucinazioni, deliri e altre alterazioni mentali in grado di compromettere la percezione della realtà.

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Incrociando tutti i dati è emerso che oltre il 6 percento dei ragazzi e delle ragazze che hanno consumato la cannabis ha avuto esperienze psicotiche rispetto a circa il 4 percento di quelli che non l'hanno utilizzata. Tra coloro che hanno utilizzato la sostanza con elevate concentrazioni di THC rispetto a chi utilizzava cannabis “leggera”, i casi di psicosi si sono verificati nel doppio delle persone. Più nello specifico, episodi psicotici sono stati riscontrati nel 10,1 percento degli utilizzatori forti contro il 4,5 percento dei giovani che consumavano cannabis leggera, poco più del doppio. “I giovani che usano forme di cannabis ad alta potenza hanno il doppio delle probabilità di avere esperienze associate alla psicosi, come allucinazioni e deliri. È importante sottolineare che i giovani a cui abbiamo chiesto non avevano precedentemente riportato queste esperienze prima di iniziare il consumo di cannabis. Ciò si aggiunge alla prova che l’uso di cannabis ad alta potenza può avere un impatto negativo sulla salute mentale”, ha dichiarato la dottoressa Hines in un comunicato stampa.

Gli esperti sottolineano che la cannabis in uso oggi è diversa da quella consumata in passato a causa dell'incremento dei livelli di THC, pertanto è doveroso indagare sugli effetti a lungo termine della sostanza, soprattutto nei giovani. Secondo un recente studio italiano condotto da scienziati dell’Università degli Studi di Milano e pubblicata sul Journal of Archaeological Science, il cannabidiolo (CBD) e il THC – i due più rilevanti principi attivi della cannabis – si accumulano nelle ossa e possono essere rilevati anche centinaia di anni dopo la morte, come dimostrano le indagini sugli scheletri di persone decedute nel XVII secolo. Un altro studio guidato dal Dipartimento di Neuroscienze Cliniche dell'autorevole Karolinska Institutet di Stoccolma ha determinato che la cannabis non è un antidolorifico migliore di un placebo, stravolgendo le convinzioni sull'efficacia analgesica della sostanza. I dettagli della nuova ricerca “Incident psychotic experiences following self-reported use of high-potency cannabis: Results from a longitudinal cohort study” sono state pubblicate sulla rivista scientifica specializzata Addiction.

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