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Intelligenza artificiale prevede l’Alzheimer dalla voce con anni di anticipo: com’è possibile

Un team di ricerca dell’Università di Boston ha messo a punto un algoritmo innovativo in grado di prevedere da una registrazione vocale quali persone con declino cognitivo lieve svilupperanno l’Alzheimer entro 6 anni. La precisione dell’IA è dell’80 percento circa. Come funziona e perché è rivoluzionaria.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori hanno sviluppato un'intelligenza artificiale in grado di identificare con buona precisione (prossima all'80 percento) le persone che svilupperanno il morbo di Alzheimer entro i prossimi sei anni, semplicemente ascoltando la loro voce. In altri termini, questo modello di apprendimento automatico riesce a cogliere i segnali della demenza incipiente dal modo in cui vengono strutturate le parole all'interno di una registrazione vocale. È importante sottolineare che le persone coinvolte nella sperimentazione avevano tutte un principio di declino cognitivo; semplicemente, l'IA è in grado di capire chi continuerà a mantenere questa condizione in modo stabile e chi invece andrà incontro alla più diffusa forma di demenza al mondo, che colpisce oltre 40 milioni di persone in tutto il mondo, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

A sviluppare l'algoritmo di intelligenza artificiale in grado di determinare quali persone (con lieve deterioramento cognitivo) svilupperanno l'Alzheimer entro i successivi sei anni è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati della Divisione di ingegneria dei sistemi e Dipartimento di ingegneria biomedica dell'Università di Boston, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Framingham Heart Study e del Dipartimento di medicina. I ricercatori, coordinati dal professor John C. Pasqualides, hanno costruito il nuovo studio sulle fondamenta di una precedente ricerca del 2022, nella quale avevano dimostrato che un'IA può effettivamente capire se una persona soffre di declino cognitivo o di demenza semplicemente dall'analisi di una registrazione vocale. Per addestrare e sviluppare il nuovo algoritmo predittivo, il professor Pasqualides e i colleghi si sono rivolti ai dati raccolti dal Framingham Heart Study dell'Università di Boston. È un'indagine a lungo termine volta a indagare la salute cardiovascolare dei partecipanti, che si avvale anche di registrazioni vocali nei pazienti che evidenziano i segni del declino cognitivo.

Poiché dalle cartelle cliniche dei pazienti era possibile sapere chi aveva sviluppato l'Alzheimer e chi no, gli esperti hanno “dato in pasto” al modello di apprendimento automatico tutte le registrazioni vocali addestrandolo a riconoscere quelle di coloro che avevano sviluppato demenza. In tutto hanno utilizzato oltre 160 colloqui di persone tra i 63 e i 97 anni, delle quali in 76 hanno mantenuto il deterioramento cognitivo lieve e altre 90 sono andate incontro all'Alzheimer. L'IA ha “assorbito” dati sociodemografici, diagnosi, stato della malattia e voce dei partecipanti, riuscendo a far emergere una stretta correlazione tra il modo in cui venivano espresse le parole durante i colloqui con gli specialisti e il peggioramento del declino cognitivo verso l'Alzheimer. Nella seconda fase dello studio hanno utilizzato le restanti registrazioni vocali del Framingham Heart Study per verificare se fra di esse l'IA fosse in grado di capire quali persone si sarebbero ammalate di Alzheimer e quali no nei successivi sei anni. Ebbene, non solo ci è riuscita, ma ha anche dimostrato una notevole precisione: sono state infatti rilevate un'accuratezza del 78,5 percento e una sensibilità dell'81,1 percento nel predire la progressione da declino cognitivo lieve ad Alzheimer in questo arco temporale.

“Volevamo prevedere cosa sarebbe successo nei sei anni successivi e abbiamo scoperto che possiamo ragionevolmente fare quella previsione con una fiducia e un'accuratezza relativamente buone”, ha dichiarato in un comunicato stampa il professor Paschalidis, sottolineando la potenza dimostrata dall'IA e i benefici che potrebbero scaturirne per i pazienti. “Se riesci a prevedere cosa accadrà, hai più opportunità e tempo per intervenire con i farmaci e almeno cercare di mantenere la stabilità della condizione e prevenire la transizione a forme più gravi di demenza”, ha chiosato l'esperto, che dirige il Rafik B. Hariri Institute for Computing and Computational Science & Engineering presso l'Università di Boston.

Un dato interessante da tenere in considerazione risiede nel fatto che le registrazioni vocali erano di scarsa qualità, con molto rumore di fondo e disturbi, proprio perché non erano pensate per questo scopo. Ciò significa che registrazioni ad hoc di qualità potrebbero aumentare sensibilmente la capacità dell'algoritmo di capire chi si ammalerà di demenza e chi no, tenendo presente che l'IA non si basa sulla velocità della conversazione e sull'eloquio, bensì sulla struttura delle parole espresse.

L'Alzheimer è ad oggi una malattia incurabile, ma prima si riesce a coglierlo migliori sono gli effetti delle terapie disponibili. Ad esempio l'anticorpo monoclonale donanemab della casa farmaceutica Ely Lilli è stato in grado di rallentare del 35 percento il declino cognitivo in pazienti con una forma lieve di demenza. È un risultato storico che, se associato alla diagnosi precoce, può rappresentare la svolta nel trattamento dell'Alzheimer per milioni di persone. Ecco perché metodi di diagnosi precoce così efficaci sono considerati molto importanti dagli esperti.

Va inoltre tenuto presente che una semplice registrazione vocale è una procedura molto più rapida e a basso costo degli esami necessari per la diagnosi dell'Alzheimer. Molti non si sottopongono ai test anche per questo motivo. Gli autori dello studio già pensano a un'applicazione per smartphone in grado di carpire i segni della demenza anche attraverso semplici conversazioni domestiche, anziché passare per colloqui con specialisti. Il tutto potrebbe permettere di individuare precocemente le persone più a rischio indirizzandole verso i promettenti trattamenti preventivi.

Ricordiamo che un nuovo studio ha determinato che dall'analisi del liquido cerebrospinale è possibile identificare i segnali dell'Alzheimer ben 18 anni prima della comparsa dei sintomi. I dettagli della nuova ricerca “Prediction of Alzheimer's disease progression within 6 years using speech: A novel approach leveraging language models” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Alzheimer's & Dementia.

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