Inseminazione delle nuvole (cloud seeding), cos’è e come funziona la tecnica per “creare” la pioggia
Ondate di caldo estremo e siccità diffusa stanno duramente colpendo diverse aree del pianeta, provocando condizioni pericolose non solo per la salute umana ma anche per quella di specie animali e vegetali, minacciate da lunghi periodi di alte temperature e carenza di precipitazioni. Una situazione che negli ultimi anni è resa più grave dalla crisi climatica e che sta portando diversi Paesi, come Messico e Stati Uniti, ad adottare strategie di contrasto su cui permangono diverse incertezze.
Una di queste, nota già negli Anni 40 perché in grado di alterare la strutture delle nubi e incrementare le precipitazioni, è chiamata inseminazione delle nuvole (cloud seeding in inglese) e sfrutta la dispersione nelle nubi di sostanze chimiche come lo ioduro d’argento, un composto in grado di generare nuclei di condensazione che favoriscono la formazione di goccioline d’acqua. In altre parole, per aumentare la quantità di precipitazioni in determinate zone, le nubi in transito vengono stimolate seminando al loro interno composti chimici mediante aerei o dispositivi di dispersione situati a terra.
In Messico, dove si stanno “combattendo gli effetti della siccità nelle aree rurali e contribuendo a riempire le falde acquifere” afferma il Ministero dell’Agricoltura, il Governo sta ricorrendo al cloud seeding almeno una volta l’anno dal 2020, rivendicando un successo significativo e affermando che il progetto è stato efficace al 98% e ha persino contribuito a spegnere gli incendi boschivi nel 2021. Attualmente, il cloud seeding è utilizzato in almeno 50 Paesi nel mondo, inclusi diversi stati Usa e del Sud-est asiatico, ma molti climatologi sono scettici sulla reale efficacia della tecnica e le sue implicazioni ambientali.
Il cloud seeding, la tecnica per stimolare le precipitazioni
Con l’espressione inglese cloud seeding si intende una tecnica di inseminazione delle nuvole volta a modificare la quantità o il tipo di precipitazione attraverso la dispersione nelle nubi di sostanze chimiche che alterano i processi microfisici all’interno delle stesse. Le sostanze chimiche più comunemente utilizzate includono il già citato ioduro d’argento, ma anche lo ioduro di potassio e il ghiaccio secco (anidride carbonica solida).
La dispersione di queste sostanze, generalmente attraverso l’impego di aerei (ma possono essere rilasciate anche da dispositivi a terra, attraverso l’uso di razzi), può avvenire direttamente nelle nubi oppure al di sotto o al di sopra delle stesse, sfruttando le correnti ascensionali o discensionali per la loro dispersione. Recentemente, per stimolare le nuvole ad aumentare le precipitazioni sono stati utilizzati anche il propano liquido e diversi materiali igroscopici, come ad esempio il sale da cucina.
Il principio su cui si basa la tecnica è l’introduzione nelle nubi di sostanze in grado di generare nuclei di condensazione, particelle fortemente igroscopiche che, assorbendo le molecole d’acqua nell’ambiente circostante, raggiungono dimensioni tali da cadere al suolo sotto forma di precipitazioni di diversa natura.
L’efficacia dell'inseminazione delle nuvole
Se il cloud seeding sia efficace o meno nel produrre un aumento statisticamente significativo delle precipitazioni è ancora oggetto di dibattito tra gli scienziati, con risultati contrastanti a seconda degli studi. A ciò si sommano i dubbi sui rischi associati alla dispersione nell’ambiente di sostanze come lo ioduro d’argento, alla cui esposizione prolungata è associata inabilità temporanea ma non danno cronico.
Negli anni, diversi studi ecologici hanno però dimostrato che gli impatti ambientali e sulla salute sono trascurabili, probabilmente in relazione alle quantità che vengono disperse nelle nubi, inferiori anche di 100 volte rispetto alle emissioni industriali in molte parti nel mondo.
Il caso del Messico
In Messico, il progetto di cloud seeding che il Governo spera possa aumentare le precipitazioni, prevede che una flotta di aeromobili rilasci particelle di ioduro d’argento nelle nubi. Nello specifico, la tecnologia applicata riprende uno sviluppo di oltre 40 anni fa, avviato dall’agronomo Manuel Menéndez Osorio e perfezionato nel 2013 dall’ingegnere Alejandro Trueba Carranza, fino al rilascio del nuovo progetto di inseminazione nel 2019.
Nel 2023, il Governo messicano ha dato il via libera alla terza stagione di cloud seeding, non senza sollevare dubbi significativi da parte degli esperti, che stanno mettendo in guardia le autorità sull’adozione di soluzioni di efficacia non provata e di per sé non utili a contrastare i fattori che alimentano i cambiamenti climatici.
“Non ci sono prove che le tecniche di inseminazione delle nuvole consentano l’aumento delle precipitazioni su importanti zone economiche, né vi è certezza sugli effetti al di fuori della zona target” spiegano Fernando García e Guillermo Montero Martínez, fisici delle nuvole presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico (Unam), che hanno supervisionato il più ampio studio di seeding delle nuvole al mondo (dal 1948 al 1970), senza ancora riuscire ad ottenere risultati significativi.
Il cloud seeding, hanno concluso gli esperti, dovrebbe essere considerato solo come “un elemento di una strategia integrata per la gestione delle risorse idriche” e non una semplice soluzione agli effetti dei cambiamenti climatici.