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“Inizi per sentirti libero, poi non conta più nemmeno il sesso”: l’esperta spiega i rischi del chemsex

Anche se non se ne parla spesso, negli ultimi anni il chemsex si è diffuso il tutto il mondo e ha assunto dimensioni e modalità sempre più preoccupanti: utilizzare le sostanze psicoattive per vivere più liberamente la propria sessualità può trasformarsi infatti in un pericoloso circolo vizioso.
Intervista a Giorgia Fracca
Psicoanalista e socia dell'associazione ASA (Associazione Solidarietà AIDS) di Milano
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"Come ho fatto a diventare tossicodipendente proprio io che non mi sono mai fatto nemmeno una canna?". Chi sviluppa una dipendenza dal chemsex può trovarsi in questa situazione molto più facilmente di quanto si possa pensare. A peggiorare il quadro è l'isolamento ancora spesso associato a questa condizione: nonostante infatti le conseguenze sulla vita, in ogni suo ambito, possano essere devastanti, la paura del giudizio e dello stigma rendono spesso difficile chiedere aiuto.

Di chemsex infatti si parla ancora troppo poco, ma il fenomeno esiste ormai da tempo e negli anni ha assunto dimensioni e modalità sempre più preoccupanti. La parola è il risultato della fusione di "chemical" e "sex" e indica di fatto "l'assunzione di sostanze in associazione al sesso, al fine di facilitarne la pratica, e aumentarne la durata e l’intensità". Come spiega l'Istituto A.T. Beck, è un fenomeno nato a Londra ma si è poi esteso in tutto il mondo, anche per effetto della diffusione di app di dating. Esistono anche delle parole in codice utilizzate da chi vuole praticare il chemsex per riconoscersi, come“kmsx4u” o “chmsx”.

Giorgia Fracca è una psicoanalista e socia dell'associazione ASA (Associazione Solidarietà AIDS) di Milano. In passato ha lavorato con persone che avevano sviluppato una dipendenza dal chemsex. Fanpage.it l'ha contatta per fare un quadro su questo fenomeno e come si presenta in Italia.

Che cos'è il chemsex?

Il primo a darne una definizione è stato David Stuart, un attivista e scrittore di Londra, morto nel 2022, ormai venti anni fa. Questa espressione indica l'uso di droghe, nello specifico sostanze psicoattive, come mefedrone, GHB, GBL, metanfetamine prima o durante gli incontri sessuali, di coppia o di gruppo, per amplificare le sensazioni durante il rapporto.

Negli anni è cambiato?

Inizialmente, il chemsex era confinato ad eventi, serate che duravano un tempo limitato, in contesti molti circoscritti. L'uso di quelle sostanze indicava l'appartenenza a una certa élite, era in qualche modo confinato a un certo mondo. Poi negli anni le cose sono cambiate e il chemsex, come pratica, è uscito da quei confini, diffondendosi su larga scala e superando quella dimensione che lo relegava a quelle singole occasioni sociali.

Ci spieghi meglio.

In questi ultimi anni sono entrate in circolazione nuove droghe sempre più tossiche e sempre più facili da reperire, per chiunque. Non serve appartenere a un certo ambiente. Questo aspetto ha modificato in modo profondo il chemsex: quelli che un tempo erano dei momenti isolati che duravano un tempo limitato, adesso durano anche giorni, perfino una settimana di fila, senza dormire e senza mangiare, costantemente sotto l'effetto di queste sostanze.

Anche in Italia è presente?

Certo. Negli ultimi 15 anni mi è capitato di lavorare con diverse persone che hanno sviluppato una dipendenza da chemsex. Soprattutto negli ultimi anni, a partire dalla pandemia, il fenomeno è cresciuto in maniera esponenziale.

Il chemsex è strettamente legato all'orientamento sessuale?

L’uso delle nuove sostanze psicoattive con questo scopo nell'ambito dei rapporti sessuali è strettamente legato all'ambiente LGBTQ+. Questo non significa che le droghe non vengano utilizzate a fini sessuali tra gli etero, ma si tratta di un uso che risponde a logiche completamente diverse: pensiamo all'uso dell'MDMA o delle droghe dello stupro. Si tratta di due usi completamente diversi: in questi casi, la sostanza viene usata per esercitare una violenza, la sessualità è un aspetto marginale se non legata a una dimensione di prevaricazione. Oppure, può essere usata per darsi il coraggio di trasgredire, è rarissimo che diventi una dipendenza. Nel chemsex, invece, l'uso delle droghe è legato alla non accettazione del proprio orientamento sessuale, all'omofobia interiorizzata.

Quindi ci si avvicina alle sostanze per accettarsi?

Il chemsex nasce come un modo per fare incontri o esperienze che altrimenti non si riuscirebbe a fare anche a causa di blocchi personali dovuti a quello stigma che ancora oggi colpisce spesso le persone omosessuali.

Come diventa una dipendenza?

Spesso le persone iniziano assumendo il popper, una sostanza sdoganata ormai ovunque che non crea nemmeno assuaefazione. Genera un senso di temporanea euforia e rilassa la muscolatura perianale e molti giovani la usano per accedere alla posizione ricettiva. Facciamo un esempio: un ragazzo gay dalla provincia si traferisce in una grande città, come Milano, Bologna o Torino, inizia a frequentare le discoteche e qualcuno gli offre il popper.

È come se improvvisamente gli si aprisse un mondo fatto di libertà, in cui può finalmente sentirsi libero di esprimere la propria sessualità, dopo anni in cui è stato chiuso in contesti omofobi e ha subito il peso di pregiudizi. L'uso del popper viene quindi percepito come parte di questa esperienza, non tanto come una droga vera e propria.

E poi cosa succede?

Spesso da questa sostanza si passa ad altre sostanze perché vengono vissute come un simbolo di appartenenza, un qualcosa che è normalizzato in quel contesto. Non fanno paura. Inoltre, fino a qualche anno fa la maggior parte delle persone pensava che alcune sostanze come metamfetamina e l'MDVP non creassero dipendenza. Ho avuto pazienti che sono venuti da me dicendomi: "Come ho fatto a diventare tossicodipendente proprio io che non mi sono mai fatto nemmeno una canna?".

Oggi però i rischi di queste sostanze si conoscono di più, ma il problema persiste. Come mai?

Per correttezza, bisogna dire che sebbene abbiamo fatto dei passi avanti, non si conoscono ancora abbastanza, non è in atto nessuna campagna sociale di informazione. Tutto il peso di questa informazione cade sulle associazioni lgbt+, che non hanno mezzi sufficienti per riuscire a fare tutto il lavoro da sole.

Inoltre, se impari che le sostanze sono un viatico per accedere alla tua sessualità, può succedere che sviluppi una dipendenza. Inizialmente, non sei dipendente dalle droghe, hai semplicemente voglia di fare sesso, ma se per farlo hai bisogno di assumere sostanze, questo meccanismo ti può portare sul lungo periodo a diventare tossicodipendente. E ci sono persone che alla fine iniziano a drogarsi anche senza fare sesso, anche stando da soli chiusi in casa.

Cosa può fare un ragazzo o una ragazza che si rende conto di essere diventato dipendente dal chemsex?

Nelle grandi città, Milano, Roma, Bologna i Servizi per le dipendenze (Serd) si stanno formando, oggi ormai sono preparati ad accogliere questo tipo di problema. Chi si rende conto di trovarsi in questa situazione può rivolgersi a loro o alle associazioni lgbtq+ e chiedere aiuto, senza la paura di essere giudicato.

In ogni caso, il primo consiglio è parlarne con un amico. Togliersi dalla testa il senso di colpa: la scelta di smettere sta all'individuo, questo è vero, ma le difficoltà che si possono incontrare lungo il percorso non dipendono dalla persona, sono responsabilità del contesto. E sappiamo tutti che anche il ragazzo con i genitori più illuminati incontrerà nella vita degli ostacoli soltanto per il fatto di essere gay. Lo sappiamo tutti: l'omosessualità non è ancora davvero accolta e riconosciuta da tutti e lo vediamo ogni giorno, nelle piccole e nelle grandi cose.

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