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Farmaci dimagranti ai disoccupati obesi per farli tornare a lavoro: il controverso studio in UK

Nel Regno Unito inizierà uno studio quinquennale per valutare se i nuovi farmaci efficaci per la perdita di peso (a base di Semaglutide e Tirzepatide) siano in grado di far tornare a lavoro persone obese disoccupate e ridurre l’impatto economico sul Sistema sanitario nazionale (NHS). Il controverso esperimento sarà condotto a Manchester.
A cura di Andrea Centini
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I nuovi farmaci dimagranti in grado di far perdere decine di chilogrammi di peso sono considerati un'arma efficace e preziosa contro l'obesità, condizione ormai ritenuta dagli esperti un'epidemia globale con un impatto significativo sulla salute dei pazienti e sui sistemi sanitari. Sono infatti molteplici le patologie associate al peso eccessivo, dalle malattie metaboliche a quelle cardiovascolari, passando per alcune tipologie di tumori. La cattiva salute determinata da uno stile di vita insalubre può pesare anche sulle casse dell'assistenza sanitaria pubblica, inoltre si riflette nella necessità di un maggior numero di giorni di malattia e in alcuni casi si deve rinunciare del tutto al lavoro, come spiegato in un articolo pubblicato sul Telegraph dal ministro della Salute britannico Wesley Streeting.

Proprio per queste ragioni nel Regno Unito inizierà uno studio quinquennale per valutare se i farmaci a base di Semaglutide e Tirzpatide – i principi attivi dei vari Ozempic, Mounjaro, Wegovy e Zepbound – sono in grado di avere un impatto positivo anche sull'occupazione, permettendo a persone che non possono più lavorare per motivi legati al peso di poter essere reintegrate. “I nostri fianchi sempre più larghi stanno anche gravando notevolmente sul nostro servizio sanitario, costando al NHS (il National Health Service, il servizio sanitario nazionale del Regno Unito NDR) 11 miliardi di sterline all'anno, persino più del fumo. E sta frenando la nostra economia”, ha scritto il politico del partito laburista sul quotidiano britannico. “Le malattie causate dall’obesità costringono le persone a prendersi in media quattro giorni di malattia in più all’anno, mentre molte altre sono costrette a lasciare del tutto il lavoro”, ha chiosato Streeting.

Lo studio verrà condotto dall'organizzazione inglese Health Innovation Manchester (HinM) in stretta collaborazione con Eli Lilly, il colosso farmaceutico statunitense che produce e vende lo Zepbound a base di Tirzepartide. Questo farmaco è un agonista del peptide 1 simile al glucagone (GLP-1) come la Semaglutide, ma prende di mira anche un secondo recettore legato all’ormone GIP (Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide). Offre dunque una duplice azione che riesce a migliorarne l'efficacia come farmaco dimagrante, aumentando il senso di sazietà. Lo studio “Semaglutide vs Tirzepatide for Weight Loss in Adults With Overweight or Obesity” pubblicato su JAMA Internal Medicine ha determinato che la Tirzepatide in media, dopo un anno, ha fatto perdere circa il 7 percento del peso in più rispetto all'altro farmaco.

La ricerca britannica verrà condotta nella contea metropolitana della Greater Manchester (Grande Mancheser) e coinvolgerà circa 3.000 pazienti obesi, fra i quali persone con o senza lavoro e con o senza patologie sottostanti. L'obiettivo sarà valutare proprio se la somministrazione del farmaco dimagrante aiuterà ad aumentare la produttività, il ritorno a lavoro degli individui disoccupati e l'impatto economico sull'NHS. In un'intervista alla BBC il premier britannico Keir Starmer ha affermato che questi farmaci “potrebbero essere molto importanti per la nostra economia e per la salute”, aiutando le persone che vogliono perdere peso a tornare a lavoro e a contribuire all'economia. Durante un summit sugli investimenti nel Regno Unito il governo britannico ha affermato che la casa farmaceutica produttrice dello Zepbound investirà circa 280 milioni di sterline.

Il ministro Streeting ha affermato che i nuovi farmaci dimagranti aiuteranno nella lotta all'obesità e permetteranno a molte persone di tornare al lavoro, “alleggerendo l'impatto sul nostro NHS”. Ha anche aggiunto che le persone dovranno iniziare a seguire uno stile di vita più sano, perché “non ci si può aspettare che il Servizio sanitario nazionale paghi sempre il conto per stili di vita non sani”. Questa visione utilitaristica ed economica degli individui non è però piaciuta a molti, come evidenziano le parole della ricercatrice Dolly van Tulleken riportate dal Guardian. La dottoressa, specializzata in politiche sull'obesità ed epidemiologa presso l'Università di Cambridge, ha dichiarato alla BBC che queste valutazioni pongono serie questioni etiche da affrontare, dato che le persone vengono osservate in base al potenziale economico piuttosto che dal punto di vista delle esigenze di cura. “È estremamente importante che le persone nel Regno Unito accedano all'assistenza sanitaria in base alle loro esigenze di salute piuttosto che in base al loro potenziale valore economico”, ha chiosato la scienziata.

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