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Influenza aviaria, terzo caso nell’uomo legato a mucche da latte infette: “Mostra sintomi respiratori”

L’infezione da influenza aviaria è stata identificata in un lavoratore di un’azienda lattiero-casearia del Michigan (Stati Uniti): “È il primo caso umano a mostrare sintomi di malattia respiratoria associata a un’infezione da virus all’influenza da virus A (H5N1)”.
A cura di Valeria Aiello
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I CDC segnalano il terzo caso umano di influenza aviaria legato all'epidemia nelle mucche da latte in corso negli Stati Uniti / Credit: iStock

Un terzo caso di infezione umana da virus dell’influenza aviaria collegato all’epidemia nelle mucche da latte in corso negli Stati Uniti è stato identificato nello stato del Michigan. Lo riferiscono i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) che, come nei due precedenti casi (il primo in Texas due mesi fa e il secondo sempre in Michigan, la settimana scorsa) hanno rilevato l’infezione in un lavoratore di un’azienda lattiero-casearia esposto a mucche da latte infette.

Quest’ultimo caso umano, il quarto mai segnalato negli Stati Uniti, è però anche “il primo a mostrare sintomi tipici di malattia respiratoria associata all’infezione da virus all’influenza, compresi i virus A (H5N1)spiegano i CDC, che continuano tuttavia a classificare come “basso” il rischio per la salute pubblica derivante dall’epidemia che ha colpito gli allevamenti di pollame e di bovini negli Usa, affermando che la nuova infezione nell’uomo è “un altro caso di probabile diffusione da mucca a persona”.

Influenza aviaria, sintomi respiratori nel terzo caso umano

Il terzo lavoratore che ha contratto l’influenza aviaria dalle mucche da latte ha riportato “sintomi del tratto respiratorio superiore, tra cui tosse senza febbre e fastidio agli occhi con secrezione acquosa” hanno riferito i CDC. Negli altri due casi umani noti di trasmissione da mucca a uomo, i lavoratori avevano mostrato segni di congiuntivite come unico sintomo.

Nessuno dei tre casi è collegato agli altri e l’ultimo lavoratore contagiato in Michigan lavorava in un’azienda diversa da quella in cui si è verificato il caso della settimana scorsa. “Al paziente è stato somministrato un trattamento antivirale con oseltamivir – hanno precisato i CDC – . È in isolamento domiciliare e i suoi sintomi si stanno risolvendo”.

I contatti familiari del paziente non hanno sviluppato sintomi, sono monitorati per la malattia e gli è stato offerto oseltamivir come profilassi. Nessun altro lavoratore nella stessa azienda agricola ha segnalato sintomi e tutto il personale è sotto monitoraggio. Al momento non vi sono indicazioni di diffusione da persona a persona del virus A(H5N1)”.

Influenza aviaria nelle mucche da latte negli Usa: i rischi per l’uomo

Il virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) A (H5N1), che continua a essere letale per milioni di volatili nel mondo, sta causando un preoccupante aumento delle infezioni nei mammiferi, inclusi i bovini: negli Stati Uniti, l’infezione è attualmente segnalata in almeno 58 allevamenti. In Michigan, il Dipartimento federale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale, ha affermato di aver identificato 23 focolai in allevamenti di bovini da latte in 10 contee.

Sulla base delle informazioni disponibili, al momento non ci sono prove di trasmissione del virus da uomo a uomo ma gli esperti temono che la diffusione nei bovini, una specie a stretto contatto con gli esseri umani, possa aumentare i salti di specie, con il rischio che il virus accumuli la giusta combinazione di mutazioni adattative che possano permettergli di infettare più efficacemente gli umani, dunque di trasmettersi da persona a persona.

Le analisi dei campioni ematici del nuovo caso umano in Michigan hanno confermato l'infezione da virus A (H5) ma la designazione della neuraminidasi (la N nel sottotipo) è “in attesa di sequenziamento genetico” hanno evidenziato i CDC che cercheranno anche “eventuali mutazioni che potrebbero modificare la valutazione del rischio da parte dell’Agenzia”.

In ogni caso, la nuova infezione sottolinea l’importanza delle misure di prevenzione nelle persone esposte ad animali infetti o potenzialmente infetti. “Le persone con esposizioni ravvicinate o prolungate e non protette a uccelli o altri animali infetti (compreso il bestiame) o ad ambienti contaminati da uccelli infetti o altri animali infetti corrono un rischio maggiore di infezione” sottolineano i CDC, ricordando che la protezione dei lavoratori deve includere coloro che lavorano con mucche da latte, per i quali è stato chiesto gli Stati di fornire dispositivi di protezione individuale.

Tuttavia, in entrambi i casi che si sono verificati in Michigan “nessuno dei due lavoratori indossava dispositivi di protezione individuali completi – ha indicato dottoressa Natasha Bagdasarian, capo medico esecutivo del Michigan – . Questo ci dice che l'esposizione diretta al bestiame infetto rappresenta un rischio per gli esseri umani e che i DPI sono uno strumento importante per prevenire la diffusione tra le persone che lavorano negli allevamenti di latte e pollame”.

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