Influenza aviaria, prima morte umana in Messico: come si trasmette il virus e quali sono i sintomi
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha segnalato la morte del primo caso umano di infezione da influenza aviaria A H5N2 (un sottotipo diverso dal più noto virus H5N1) in una persona di 59 anni residente in Messico : il decesso si è verificato il 24 aprile 2024, una settimana dopo la comparsa dei primi sintomi dell’infezione, tra cui febbre, mancanza di respiro, diarrea, nausea e malessere generale.
Il 59enne non aveva “alcuna storia di esposizione a pollame o altri animali” e “diverse condizioni di base” ha precisato l’Agenzia delle Nazioni Unite, spiegando che l’uomo è morto lo stesso giorno del ricovero in ospedale a Città del Messico. Si tratta del “primo caso umano confermato in laboratorio di infezione da virus dell'influenza A (H5N2) segnalato a livello globale” ha aggiunto l’OMS.
Prima persona morta per influenza aviaria: cosa sappiamo
Una persona di 59 anni residente in Messico è morta il 24 aprile 2024 dopo aver contratto l’infezione da virus dell’influenza aviaria A (H5N2), lo stesso patogeno rilevato negli allevamenti di pollame del Messico. “Questo è il primo caso umano confermato in laboratorio di infezione da virus influenzale A (H5N2) segnalato a livello globale e la prima infezione da virus A (H5) in una persona segnalata in Messico” ha evidenziato l’OMS.
Come indicato, la persona aveva “molteplici condizioni di base” e sono in corso le indagini da parte delle autorità sanitarie messicane per determinare la probabile fonte di esposizione al virus. Pur essendo quindi ancora sconosciuta la fonte di contagio, l’Agenzia ha indicato che “un’infezione umana causata da un nuovo sottotipo di virus dell’influenza A è un evento che ha un potenziale di elevato impatto sulla salute pubblica”. Sulla base delle informazioni disponibili, l’OMS valuta comunque come “basso” il rischio per la salute umana. Fanpage.it ha intervistato l’epidemiologo Giovanni Rezza, ex direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, per capire quanto è realistico il rischio di una nuova pandemia.
La segnalazione del caso all’OMS è avvenuta il 23 maggio 2024 (un mese dopo il decesso), dopo che l’IHR ha avuto i risultati del sequenziamento del genoma virale, che ha indicato la positività per l’influenza A (H5N2). Durante l’indagine epidemiologica non sono stati segnalati ulteriori casi correlati. Nello specifico, dei 17 contatti identificati e monitorati presso l’ospedale dove la persona è deceduta, un soggetto ha riferito di aver avuto rinorrea (naso che cola) tra il 28 e il 29 aprile.
I campioni prelevati da questi contatti ospedalieri tra il 27 e il 29 maggio sono risultati negativi per l’influenza aviaria e il Covid. Anche altri dodici contatti (sette sintomatici e cinque asintomatici), identificati vicino alla residenza del paziente, sono risultati negativi per SARS-CoV-2, influenza A e influenza B, in attesa delle analisi sierologiche che potrebbero tuttavia evidenziare un’infezione già risolta.
Come si trasmette l’influenza aviaria all’uomo
I virus dell’influenza di tipo A normalmente circolano negli animali ma possono infettare anche l’uomo. Generalmente, le infezioni umane si verificano attraverso il contatto diretto con animali infetti o ambienti contaminati. A seconda dell’ospite, i virus dell’influenza A prendono il nome di influenza aviaria, influenza suina o altri tipi di virus influenzali animali.
Ogni volta che i virus dell’influenza aviaria circolano nel pollame o nel bestiame, come sta accadendo anche negli Stati Uniti – dove sono stati segnalati due casi di infezione nel giro di una settimana – esiste il rischio di infezione per l’uomo, dovuti all’esposizione agli animali infetti o ad ambienti contaminati. Pertanto, i casi umani seppur rari, non sono inattesi. In precedenza sono stati registrati casi umani di infezione da altri sottotipi H5, inclusi i virus A(H5N1), A(H5N6) e A(H5N8).
Le prove epidemiologiche e virologiche disponibili suggeriscono che i virus A(H5) derivanti da infezioni precedente registrate nell’uomo non abbiano acquisito mutazioni tali da conferire ai patogeni la capacità di sostenere la trasmissione tra esseri umani, quindi l’attuale probabilità di una diffusione prolungata da uomo a uomo è considerata bassa. Le persone con esposizioni ravvicinate o prolungate e non protette a uccelli o altri animali infetti (incluso il bestiame) o ad ambienti contaminati da uccelli o altri animali infetti corrono un rischio maggiore di infezione.
Le autorità sanitarie raccomandano di evitare l’esposizione non protetta (senza protezione respiratoria o oculare) ad animali malati o morti, inclusi uccelli selvatici, pollame, altri uccelli domestici e altri animali selvatici o domestici, nonché a feci animali, rifiuti o materiali contaminati da uccelli o altri animali infetti o potenzialmente infetti.
È importante non consumare cibi crudi o poco cotti o prodotti alimentari correlati, come latte non pastorizzato (crudo) o formaggi crudi, provenienti da animali con sospetta o confermata infezione.
I sintomi dell’influenza aviaria nell’uomo
Le infezioni da virus dell’influenza aviaria nell’uomo sono rare, ma possono causare una serie di sintomi legati all’infezione del tratto respiratorio superiore, che può presentarsi con un quadro clinico da lieve a grave:
I sintomi dell’influenza aviaria nell’uomo sono:
- febbre
- mancanza di respiro
- tosse
- mal di gola
- naso che cola o naso chiuso
- malessere generale
In alcuni casi, sono stati riportati anche congiuntivite, sintomi gastrointestinali (diarrea e nausea), encefalite ed encefalopatia. Nei casi più gravi, le infezioni hanno fatto registrare una rapida progressione della sintomatologia, causando polmonite grave e sindrome da distress respiratorio acuto. Le caratteristiche della malattia, come tempi di incubazione, gravità dei sintomi e l’esito clinico variano a seconda del sottotipo virale che causa l’infezione.
Come avviene la diagnosi e come si cura l’influenza aviaria nell’uomo
Per diagnosticare l’infezione umana da influenza aviaria sono necessari test di laboratorio. L’OMS aggiorna periodicamente i protocolli di orientamento tecnico per il rilevamento dell'influenza zoonotica utilizzando metodi molecolari, ad esempio RT-PCR. L’evidenza suggerisce che alcuni farmaci antivirali, in particolare gli inibitori della neuraminidasi (oseltamivir, zanamivir) possono ridurre la durata della replicazione virale e migliorare le prospettive di sopravvivenza in alcuni casi.
Per prevenire l’infezione da virus dell’influenza A(H5) nell’uomo non esistono vaccini approvati, sebbene alcune formulazioni siano state sviluppate per prevenire un’eventuale epidemia o pandemia.
“Un’attenta analisi della situazione epidemiologica, un’ulteriore caratterizzazione dei virus più recenti (nell’uomo e negli uccelli) e le indagini sierologiche sono fondamentali per valutare i rischi associati e adeguare tempestivamente le misure di gestione del rischio – ha aggiunto l’OMS – . Sulla base delle informazioni disponibili, l’OMS valuta basso il rischio attuale per la popolazione generale rappresentato da questo virus. Se necessario, la valutazione del rischio sarà rivista nel caso in cui diventino disponibili ulteriori informazioni epidemiologiche o virologiche, comprese informazioni sui virus A(H5N2) rilevati nelle popolazioni animali locali”.