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Influenza aviaria, Ilaria Capua a Fanpage.it: “Virus considerato prepandemico, negli USA lasciato correre”

Il virus dell’influenza aviaria A (H5N1) continua a circolare intensamente anche tra gli animali di interesse commerciale e sono decine gli allevatori risultati positivi negli Stati Uniti, dove il patogeno è stato lasciato diffondersi tra i bovini senza interventi di polizia sanitaria adeguati. La virologa Ilaria Capua spiega a Fanpage.it rischi e possibili misure che potrebbe prendere l’amministrazione Trump.
Intervista a Prof.ssa Ilaria Capua
Virologa, saggista e divulgatrice scientifica
A cura di Andrea Centini
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A sinistra la virologa Ilaria Capua (Credit: Isabella Balena), a destra particelle virali del virus dell'influenza aviaria
A sinistra la virologa Ilaria Capua (Credit: Isabella Balena), a destra particelle virali del virus dell'influenza aviaria

La grande diffusione del virus dell'influenza aviaria A (H5N1) ad alta patogenicità (HPAI) è responsabile di un'epidemia globale che sta mietendo un numero altissimo di vittime in molteplici specie animali, sia selvatiche che di interesse commerciale. Non a caso siamo innanzi a quella che gli esperti definiscono una panzoozia. Al momento per le autorità sanitarie il rischio per la salute pubblica è considerato basso, ciò nonostante continuano ad arrivare segnali preoccupanti sul fronte di un possibile spillover (salto di specie) efficace, cioè caratterizzato dalla trasmissione tra uomo e uomo. A quel punto non saremmo più innanzi ai casi umani sporadici che si registrano attualmente, come le decine di allevatori negli USA, l'adolescente in Canada o l'uomo recentemente trovato positivo nel Regno Unito, bensì all'innesco di una nuova pandemia.

Secondo un recente studio condotto da scienziati dello Scripps Research Institute di La Jolla (California) al patogeno mancherebbe una sola mutazione per fargli acquisire la capacità di trasmissione interumana. Per molti esperti non si tratterebbe nemmeno di una questione di se, ma di quando, come affermato dall'ex direttore dei CDC statunitensi Robert Redfield. E a preoccupare gli esperti è la mortalità sensibilmente superiore a quella della COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus SARS-CoV-2.

Tra i segnali che hanno maggiormente messo in apprensione i virologi vi è stato il recente salto di specie nei bovini, che fino a qualche tempo fa erano considerati in qualche modo protetti dall'infezione dell'influenza aviaria. Per capire meglio quali sono i rischi e cosa si può fare per mitigarli, Fanpage.it ha intervistato la professoressa Ilaria Capua, virologa, saggista e divulgatrice scientifica. La scienziata a breve sarà nuovamente impegnata nel tour teatrale “Le Parole della Salute Circolare” – prossima tappa il 16 febbraio a Mestre – basato sul suo omonimo libro, incentrato proprio sulla relazione tra la salute umana, l'ambiente e gli animali. Ecco cosa ci ha raccontato.

Professoressa Capua, perché aver rilevato l'infezione dell'influenza aviaria nei bovini ha sorpreso così tanto la comunità scientifica?

Il virus dell'influenza aviaria ha lasciato tutti i virologi di stucco infettando i bovini. I virus influenzali sono virus principalmente respiratori, ma i bovini non hanno i recettori – cioè i punti in cui si agganciano il virus – nell'apparato respiratorio. Li hanno nei dotti delle mammelle. Quando si sviluppano programmi di ricerca bisogna anche selezionare le cose che si studiano, non è che si può andare a cercare una cosa altamente improbabile, soprattutto con malattie di questo tipo. Si cercano di ottenere delle risposte partendo da quello che sappiamo.

E a quanto pare, nonostante la grande sorpresa, le autorità degli Stati Uniti hanno lasciato diffondere il virus tra le mucche

Io non me la sento di dare colpe ma certo non è colpa di Trump, è stata l'amministrazione Biden a prendere sottogamba questo problema. Lo spillover secondo me c'è stato all'inizio del 2024, poi c'è voluto un po' prima che si capisse. I bovini da latte che stanno male non vengono testati per l'influenza aviaria, ma per tutta una serie di altre malattie. Ci sono voluti un paio di mesi per capire che cosa avessero questi animali. A marzo è stata fatta la diagnosi, ma a differenza di quello che si fa con le altre specie animali che sono colpite dall'influenza aviaria non si è fatto nulla. Mi riferisco principalmente ai volatili da reddito – come galline e tacchini – e ai mustelidi come i visoni, ed altri animali da pelliccia. Questi vengono abbattuti, in Europa ma anche negli Stati Uniti. L'influenza aviaria è una malattia che provoca un'alta mortalità in queste specie e gli abbattimenti servono per ridurre il rischio dell'amplificazione dell'infezione in altre specie animali o la diffusione ad altri allevamenti.

Dall'inizio dell'anno sono state abbattute oltre 17 milioni di galline, infatti il prezzo delle uova in America è altissimo. Per i volatili commerciali esistono delle regole internazionali che prevedono l'abbattimento degli animali. Non perché siamo cattivi, ma per gestire il problema dal punto di vista sanitario. Nei bovini non è stato fatto nulla di sostanziale, nulla. Non solo non sono stati abbattuti, ma non sono nemmeno stati messi sotto controllo restrittivo, diciamo un lockdown, chiamiamolo così, con un blocco della movimentazione per animali e prodotti come il latte. Il virus viene eliminato anche con il latte. Ad esempio in California, dove c'è il più grande numero di allevamenti di bovini da latte, si beve il latte crudo.

Che può essere mortale anche per i gatti quando è infetto dall'H5N1. Sembra ne siamo morti moltissimi di quelli che vivevano a ridosso di fattorie e allevamenti e che lo bevevano.

Esatto. Io mi sento di dire che Trump adesso si trova con una “mucca da pelare”, ma non è colpa sua. È stata l'amministrazione Biden che ha lasciato correre questa malattia. C'erano 950 focolai fino a una settimana fa, ora saranno un migliaio. Intervenire all'inizio dell'emergenza è la prassi ed è l’unico modo di evitare i contagi e ridurre i costi. Se c’è un focolaio di una malattia causata da un virus considerato prepandemico, perché l'H5N1 è classificato potenzialmente pandemico, che provoca uno spillover in una specie nuova, tutte le regole internazionali dell'OMS – e anche quelle di altri organismi che regolano il commercio di animali e il movimento di prodotti come il WOAH – dicono che gli animali devono essere abbattuti. Un conto è abbattere cinque focolai di allevamenti bovini, un conto è abbatterne mille. Anche dal punto di vista economico.

Perché lo definisce prepandemico? Siamo così vicini a una potenziale pandemia?

I virus prepandemici sono quelli che circolano nelle popolazioni di animali e da cui discendono poi i virus pandemici. Ad esempio l’HIV deriva da virus delle scimmie, e molti virus influenzali hanno circolato nei suini o nei volatili prima di scatenare le pandemie che conosciamo.

Evidentemente è stato deciso di “preservare” il mercato e gli allevatori. Ora la situazione è sfuggita di mano e il problema è molto peggiore. Per loro e probabilmente anche per noi. Cosa si può fare al riguardo?

Per loro di sicuro. La vaccinazione per l'influenza aviaria in linea di massima è proibita. È ammessa in alcuni casi in Europa, per esempio in Francia nelle anatre per il foie-gras, però è un lavoro enorme, perché si deve dimostrare che gli animali sono vaccinati e non infetti, altrimenti non possono entrare nella filiera alimentare. Per questo in Francia la campagna vaccinale è finanziata in gran parte dallo stato. È un’impresa complicata e anche molto costosa. Io credo che l'unica cosa che potrà fare il presidente Trump sarà rompere questo tabù e quindi vaccinare innanzitutto i bovini. Calcoli che ancora non c'è un vaccino in commercio. Non ci poteva essere per una malattia che non esisteva. Secondo me si creeranno delle tensioni commerciali fra l'Europa e gli Stati Uniti e gli altri Paesi che importano prodotti. Anche il seme bovino e gli embrioni si spostano, non ci sono solo latte, formaggio e carne, ma tantissimi prodotti di origine bovina che vengono movimentati nel mondo.

La vaccinazione, che ripeto è stata sempre proibita, anche in America nelle galline (tant'è che le abbattono), è l'unica soluzione che si può applicare oggi nei bovini. A meno che non vogliano abbattere decine di migliaia di animali. Ci sono circa mille focolai attivi e gli allevamenti di bovini negli Stati Uniti sono numericamente molto grandi. Da un lato ciò creerà maggiori tensioni per il commercio dei prodotti bovini con gli altri Paesi, ma secondo me farà molto innervosire anche tutto il comparto avicolo, nel quale vengono uccisi milioni e milioni di esemplari per l'aviaria. Nel 2023 – 2024 sono stati abbattuti 450 milioni di volatili. Se questo strumento verrà utilizzato ci sarà comunque un impatto importante sul commercio internazionale e anche sulle politiche internazionali di controllo sulle malattie degli animali. Essendo stata una pioniera della vaccinazione contro l’aviaria, so che può funzionare. l'Italia è uno dei pochissimi Paesi che ha vaccinato per l'influenza aviaria ed è riuscita a mantenere le esportazioni. Certo, erano altri ceppi, varianti diverse ma il modello di vaccinazione è un modello che ha funzionato e che adesso è anche incluso nella legislazione europea. Mi sento di dire che essendo l'influenza aviaria diventata una malattia epidemica e non sporadica, la vaccinazione è lo strumento che va utilizzato. Sicuramente un conto è prepararsi per tempo e un conto è dover fare le cose in emergenza. Quindi diciamo che se fatta in un certo modo, a mio avviso, ha un senso. Certo, applicare la vaccinazione e poi non controllare niente, non andare a vedere come circola l'infezione negli animali, quanti nuovi focolai ci sono, ecco, questo è un po' pericoloso. Soprattutto per i nuovi salti di specie. Però non è pensabile tenere questi animali infetti per mesi e mesi, perché poi c'è il fatto che il latte lo danno pure i vitelli, quindi il ciclo si auto alimenta.

E poi c'è il problema dei suini, non solo dei bovini

C'è tutto un discorso da fare sui suini, che sono poi dei veri e propri shaker biologici. La maggior parte dei virus umani pandemici influenzali sono arrivati dal suino, che ha funzionato da miscelatore ad un gene di virus dagli uccelli, uno dai suini, uno dall'uomo e ha creato un virus nuovo che poi ha provocato una pandemia come l’Asiatica del 57 e la Hong Kong del 68. Quindi questa enorme diffusione di virus H5N1 nei bovini va gestita. Non si può lasciar correre. Siamo arrivati a una situazione tale che cose che dovevano essere messe in atto all'inizio ora non sono più applicabili, quindi bisogna investire in una campagna di vaccinazione per i bovini, ma anche per i volatili domestici per evitare l'abbattimento di milioni di animali. Non è più accettabile, non è etico, non è economicamente ragionevole.

C'è anche da considerare l'impatto del virus sulle specie a rischio estinzione, con intere colonie di uccelli marini sterminate

Questo è un altro grosso problema, ma purtroppo i selvatici non possono essere vaccinati né protetti in alcun modo. Ma vaccinare gli animali di interesse commerciale abbassa la quantità di virus che viene eliminato dagli esemplari. Gli uccelletti selvatici non solo portano l'infezione, ma la prendono pure e la trasportano. Dalle gocce di latte per terra, dagli escrementi, dai secreti. In una goccia di latte di un animale vaccinato c'è verosimilmente meno virus e quindi si riduce il rischio di infezione. Ce lo diranno i dati sul vaccino, va visto come funziona. Prima o poi l’amministrazione Trump lo dovrà affrontare questo problema. Adesso lui sta facendo i grandi proclami, diciamo così, però è un problema che loro hanno in casa e tutti i virologi che si occupano di virus influenzali e di virus emergenti del mondo, compresi gli americani, sono giustamente preoccupati di questa situazione che è stata lasciata correre con il rischio pandemico. E aggiungo che il virus H5N1 è un virus molto più aggressivo del Covid.

Le previsioni al riguardo sembrano molto fosche. Secondo un recente studio basterebbe una sola mutazione per favorire la trasmissione da uomo a uomo. E con un tasso di mortalità molto più elevato di quello della pandemia che abbiamo recentemente vissuto. Alcuni dicono che non è questione di se, ma di quando l'aviaria si trasformerà in una nuova pandemia.

Se non si muovono, ogni giorno che passa il virus fa una quantità di cicli replicativi nell'ordine di milioni di miliardi, considerando la presenza del virus in ogni animale nell’allevamento infetto. Quindi sì, diventa una questione di tempo. Diciamo che temo che gli interessi economici degli allevatori sono stati privilegiati, ma ahimè con i virus prima o poi i nodi vengono al pettine.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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