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Influenza 2024-2025

Influenza australiana in Italia, sintomi, quanto dura e vaccini: cosa sapere sul virus

Il virus dell’influenza australiana H3N2 è uno dei ceppi di influenza stagionale di tipo A che negli ultimi anni è stato responsabile di diverse gravi epidemie: in Italia, alcuni casi di influenza sono già stati ricondotti a questa variante virale, che causa sintomi tipici come febbre alta, tosse e mal di gola, ma può colpire anche il cervello. Il vaccino per la stagione influenzale 2024-2025 protegge anche dal virus dell’influenza australiana, riducendo il rischio di ricovero in ospedale.
A cura di Valeria Aiello
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L'influenza australiana è la forma influenzale causata dal sottotipo H3N2 del virus dell'influenza A, un ceppo virale che oltre a febbre alta, tosse e mal di gola, preoccupa per la sua capacità di colpire il cervello / Photo Credit iStock
L'influenza australiana è la forma influenzale causata dal sottotipo H3N2 del virus dell'influenza A, un ceppo virale che oltre a febbre alta, tosse e mal di gola, preoccupa per la sua capacità di colpire il cervello / Photo Credit iStock
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L’influenza australiana, con i suoi sintomi, sta riportando l’attenzione su un virus che conosciamo da tempo ma che negli ultimi anni era stato eclissato da Covid e nuove varianti: parliamo del sottotipo H3N2 del virus influenzale di tipo A (A/H3N2), più conosciuto appunto come virus dell’influenza australiana perché, negli ultimi anni, è stato responsabile di diverse gravi epidemie, soprattutto in Australia.

In Italia, alcuni dei primi casi di influenza registrati nelle ultime settimane sono già stati ricondotti a questo ceppo virale che, oltre a febbre alta, tosse e mal di gola, sta preoccupando per la sua capacità di colpire il cervello e causare sintomi neurologici come vertigini, convulsioni e confusione mentale, ma anche pericolose encefaliti. La buona notizia è che il vaccino per la stagione influenzale 2024-2025 disponibile in Italia, come riportato sul sito del Ministero della Saluteprotegge anche dal virus dell’influenza australiana, oltre che da quello dell’influenza A/H1N1 e altri virus influenzali di tipo B, riducendo il rischio di ricovero in ospedale. Con quale efficacia?

Ecco tutto ciò che c’è da sapere sui sintomi dell’influenza australiana, il rischio di complicazioni neurologiche e la prevenzione dell’infezione da A/H3N2.

Cos’è l’influenza australiana che circola in Italia

L’influenza australiana è la malattia infettiva causata da virus dell’influenza A/H3N2, che si manifesta con sintomi che includono principalmente una sensazione di malessere generale, febbre alta, tosse secca e mal di gola, ma che può portare a complicazioni, come polmoniti, bronchiti, infezioni dell’orecchio e, nei casi più gravi, altre serie complicanze, come meningiti, encefaliti e sindrome di Guillain-Barré. Il virus dell’influenza A sottotipo H3N2 è infatti noto per essere uno dei virus influenzali che causa malattie respiratorie altamente contagiose ma che, più frequentemente, sono associate a manifestazioni neurologiche.

Il virus influenzale A/H3N2, in particolare, fa parte della famiglia Orthomyxoviridae, di cui si conoscono quattro tipi (A, B, C e D, di cui A e B sono i due tipi responsabili delle epidemie influenzali negli umani). Come sottotipo H3N2, è emerso nel 1968 a Hong Kong, in Cina, in seguito alla ricombinazione tra un virus dell’influenza stagionale di tipo A (H2N2) precedente circolante negli umani e un virus aviario di tipo A (H3), causando una pesante epidemia globale, con oltre un milione di decessi in tutto il mondo. Da allora, questo sottotipo di influenza A si è notevolmente evoluto, dando origine a diverse varianti (cladi e sottocladi) che sono state responsabili di diverse altre intense epidemie di influenza stagionale.

Quali sono i sintomi dell’influenza australiana

I sintomi dell’influenza australiana sono simili a quelli indotti da altri virus dell’influenza stagionale: interessano principalmente le vie respiratorie e sono frequentemente accompagnati da febbre alta, anche se studi sulle differenze sintomatiche evidenziano che questi segni di infezione tendono ad essere più gravi di quelli causati da virus dell’influenza A/H1N1, in particolare per i rialzi febbrili. I sintomi più comuni di influenza australiana e, più in generale, delle infezioni causate da virus dell’influenza stazionale includono:

  • febbre alta
  • brividi
  • mal di testa
  • dolori muscolari e articolari
  • perdita dell’appetito
  • tosse secca
  • mal di gola
  • voce roca
  • naso che cola

I bambini manifestano spesso importanti sintomi gastro-intestinali, come nausea, vomito, mal di pancia e diarrea. La febbre è il sintomo più evidente, che aumenta rapidamente nelle prime 12 ore, può superare i 38 °C, con picchi fino a 41 °C.

Quanto durano i sintomi dell'influenza australiana

I sintomi dell’influenza australiana e, più in generale, i sintomi dell’influenza stagionale, durano solitamente 3-4 giorni, ma possono persistere in media fino a 8 giorni. La maggior parte delle persone, salvo complicazioni, guarisce dall’influenza entro una settimana, anche se nei bambini la sintomatologia influenzale può estendersi fino a 10 giorni.

Durante questo periodo, per favorire il recupero, è molto importante reintegrare i liquidi e i sali minerali persi attraverso la sudorazione. Per la gestione dei sintomi, sono sufficienti farmaci antipiretici che abbassano la febbre, antinfiammatori per contrastare il processo flogistico (infiammatori) e analgesici per alleviare il dolore.

Quali sono i rischi per la salute

Le infezioni da virus dell’influenza stagionale, incluse quelle da virus dell’influenza australiana, sono generalmente associate  allo sviluppo di forme influenzali ma alcune persone possono sviluppare complicanze che interessano i polmoni, il cuore, i reni, il fegato ma anche il cervello. Possono quindi verificarsi complicazioni come sinusiti, otiti, bronchiti, polmoniti o laringiti, ma anche epatiti e altre gravi complicanze a carico del sistema cardiocircolatorio, come miocarditi, e di quello nervoso, con affezioni neurologiche anche gravi. 

In alcuni casievidenziano gli esperti – l’influenza può addirittura causare una risposta infiammatoria estrema e portare alla sepsi. Inoltre, può causare un peggioramento di malattie croniche preesistenti: per esempio, persone affette da asma possono andare incontro a crisi asmatiche quando sviluppano l’influenza, mentre chi soffre di malattie cardiovascolari può avere ricadute e peggioramenti”.

L’influenza australiana può colpire il cervello

L’influenza australiana può colpire anche il cervello e provocare manifestazioni neurologiche, caratterizzate da sintomi lievi, come convulsioni e stati confusionali, ma anche condizioni più gravi, come encefaliti. Tali complicazioni devono essere riconosciute e trattate tempestivamente, per prevenire l’insorgenza di problemi a lungo termine.

I meccanismi per cui l’influenza può causare queste complicazioni neurologiche non sono del tutto compresi, ma gli esperti ritengono che alla base possano esserci processi legati all’azione diretta del virus, meccanismi immunomediati, ipossia (deprivazione di ossigeno), disordini metabolici e complicazioni vascolari. L’invasione diretta del virus nel sistema nervoso centrale, in particolare, può avvenire attraverso i bulbi olfattivi – il centro del riconoscimento degli odori – che sono a stretto contatto con la cavità nasale.

I meccanismi immunomediati sono invece legati alla risposta del sistema immunitario che, rilasciando citochine e chemiochine, determina infiammazione, portando sintomi neurologici. Anche la tempesta di citochine, un fenomeno in cui il sistema immunitario reagisce in modo eccessivo e rilascia grandi quantità di citochine, è stata proposta come possibile meccanismo delle manifestazioni neurologiche associate all’influenza.

Quali vaccini anti-influenzali ci sono in Italia ed efficacia della vaccinazione

I vaccini contro l’influenza stagionale autorizzati in Italia sono formulati sulla base delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la composizione dei vaccini antinfluenzali nell’emisfero settentrionale 2024-2025: sono tutti vaccini quadrivalenti, che proteggono quindi da quattro virus influenzali, inclusa l’influenza australiana. Nello specifico, le varianti antigeniche di virus di tipo A comprendono il sottotipo H3N2 e il sottotipo H1N1, e altri due virus di tipo B (Victoria e Yamagata).

La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata e offerta gratuitamente alle persone con più di 60 anni, alle donne in gravidanza e post partum, ai ricoverati in lungodegenza, alle persone con malattie croniche come diabete, malattie cardiache e respiratorie o problemi al sistema immunitario, ad alcune categorie di lavoratori a rischio, come personale sanitario, forze di polizia e vigili del fuoco, allevatori o chi lavora a contatto con animali, ai donatori di sangue. È raccomandata anche ai bambini non a rischio nella fascia di età 6 mesi – 6 anni e indicata per tutti coloro che, salvo specifiche controindicazioni, desiderano evitare l’influenza stazionale.

Il vaccino anti-influenzale consiste in un’unica dose, che si somministra per via intramuscolare – ad eccezione della formulazione in spray nasale indicato dai 24 mesi ai 18 anni. Nei bambini sotto i 9 anni di età, mai vaccinati contro l’influenza, è tuttavia raccomandata la somministrazione di due dosi a distanza di almeno 4 settimane.

L’efficacia dei vaccini anti-influenzali, calcolata sulla base della stagione influenzale da poco conclusa nell’emisfero meridionale, rientra negli intervalli di confidenza previsti per la prevenzione dei ricoveri ospedalieri: nello specifico, secondo le ultime stime provvisorie pubblicate dai CDC americani su Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR) tenendo conto dei dati provenienti da Argentina, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay, indicano che la protezione è stata del 34,5% contro l’ospedalizzazione nelle categorie a più alto rischio – 36,5% contro il sottotipo di influenza A/H3N2 che è stato il ceppo predominante in quei Paesi e 37,1% contro il sottotipo A(H1N1)pdm09.

I dati hanno inoltre mostrato che i ricoveri ospedalieri sono stati evitati nel 58,7% dei casi tra pazienti con condizioni croniche, del 39% tra i bambini piccoli e del 31,2% tra gli anziani.

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