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Infiammazione dell’intestino, visto per la prima volta che cosa provoca la malattia

Le malattie infiammatorie intestinali (IBD), come la colite ulcerosa e la malattia di Crohn, sono patologie infiammatorie croniche a carico dell’intestino che si manifestano con sintomi ricorrenti (forti dolori addominali e diarrea): una delle principali cause di questo tipo di disturbi risiede nella sovraespressione di un gene noto come ETS2, che promuove un’attività immunitaria anomala. Ecco cosa hanno appena scoperto i ricercatori.
A cura di Valeria Aiello
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Le malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono causate da attività immunitaria anomala legata alla sovraespressione del gene ETS2 / Photo Credit: iStock
Le malattie infiammatorie intestinali (IBD) sono causate da attività immunitaria anomala legata alla sovraespressione del gene ETS2 / Photo Credit: iStock

Le malattie infiammatorie intestinali (IBD, dall’inglese Inflammatory Bowel Diseases) sono patologie infiammatorie croniche a carico dell’intestino, la cui causa è finora rimasta in gran parte sconosciuta. L’ipotesi più accreditata, legata a un’anomala reazione immunitaria, sembra però aver trovato un’importante conferma nei risultati di una nuova ricerca condotta dagli studiosi del Francis Crick Institute, in collaborazione con i ricercatori dell’University College e dell’Imperial College di Londra, che hanno identificato cos’è che promuove quest’attività immunitaria.

Il team ha infatti identificato un nuovo percorso biologico che si è rivelato essere uno dei principali motori delle malattie infiammatorie intestinali, come la colite ulcerosa e la morbo di Crohn. La scoperta è particolarmente interessante perché il percorso può essere preso di mira da farmaci già approvati per altre condizioni. “Stiamo già lavorando su come garantire che questo approccio terapeutico sia sicuro ed efficaceha affermato il dottor James Lee, gastroenterologo del Royal Free Hospital di Londra a capo del team del Francis Crick Institute – . Le malattie infiammatorie intestinali si sviluppano di solito nei giovani, causando sintomi gravi che compromettono la frequenza scolastica, le relazioni, la vita familiare o il lavoro. Pertanto sono urgentemente necessarie cure migliori”.

La principale causa delle malattie infiammatorie intestinali

Circa il 5% della popolazione globale soffre di malattie infiammatorie intestinali (IBD), con una prevalenza che si stima sia aumentata dell’85% negli ultimi 30 anni. In Italia, si calcola che circa 250mila persone soffrano di queste patologie, le cui due principali forme sono il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Queste condizioni si manifestano in presenza di una reazione immunitaria anomala, con una serie di sintomi debilitanti che comprendono il dolore addominale e la diarrea, fino alla perdita di peso e al sangue nelle feci.

La principale causa di questa attività immunitaria sembra risiedere nell’eccessiva espressione di un gene, noto come ETS2, che ha un ruolo centrale nel regolare l’attività dei macrofagi infiammatori. Come dettagliato in un articolo di ricerca pubblicato sulla rivista Nature, a guidare la sovra-espressione di ETS2 è un “potenziatore”, una regione del DNA posta tra due geni (intergenica) e situata su cromosoma 21q22: questa regione è nota anche come “deserto genetico” – perché non codifica per proteine.

In precedenza, questa regione intergenica era stata collegata a malattie infiammatorie intestinali e molti altri disturbi autoimmuni ma ciò che non era noto è che questo particolare potenziatore è attivo solo nei macrofagi, un tipo di cellula immunitaria che svolge un ruolo chiave in molte malattie intestinali. Tale potenziatore, spiegano gli studiosi, promuove l’espressione del gene ETS2 che, quando codificato in maniera eccessiva, stimola i macrofagi a secernere citochine infiammatorie.

L'espressione del gene ETS2 come bersaglio terapeutico

Ad oggi, non esistono farmaci specifici che possono bloccare l’espressione di ETS2, per cui i ricercatori hanno valutato la possibilità che medicinali esistenti possano ridurne indirettamente l’attività. Dalla loro ricerca è emerso che una classe di farmaci, quella degli inibitori della chinasi MEK già autorizzati per il trattamento di malattie non infiammatorie (come la neurofibrosi) potrebbe rivelarsi efficace.

Alcuni di questi composti hanno mostrato benefici in modelli animali di colite” hanno precisato gli studiosi che, per verificare se l’inibizione della MEK fosse in grado di annullare l’infiammazione guidata da ETS2 nei macrofagi umani, hanno condotto una serie di esperimenti in vitro ed ex vivo, osservando una riduzione del rilascio di citochine infiammatorie. Tuttavia, poiché questi inibitori possono portare effetti collaterali in altri organi, i ricercatori stanno ora studiando un modo per recapitare questi farmaci direttamente ai macrofagi.

Lo sviluppo di una tale strategia potrebbe rivelarsi un’opportunità terapeutica che segnerebbe una svolta nel trattamento delle malattie infiammatorie intestinali, per le quali i trattamenti attuali hanno mostrato di non essere efficaci tutti i pazienti. “Anche i tentativi di sviluppare nuovi farmaci spesso falliscono a causa della comprensione incompleta delle cause delle IBD – hanno aggiunto gli studiosi -. La nostra ricerca rappresenta un passo davvero entusiasmante verso la possibilità di un mondo libero dal morbo di Crohn e dalla colite”.

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