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Cambiamenti climatici

Incendi in Grecia, emesso 1 milione di tonnellate di carbonio: cosa significa e perché è grave

Il servizio di monitoraggio atmosferico di Copernicus (CAMS) ha calcolato che gli incendi in Grecia hanno immesso in atmosfera almeno 1 milione di tonnellate di carbonio, l’elemento principale associato al riscaldamento globale.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Copernicus / Pierre Markuse
Credit: Copernicus / Pierre Markuse
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Gli incendi che stanno divorando la Grecia hanno immesso in atmosfera 1 milione di tonnellate di carbonio in pochi giorni. Un dato drammatico che si aggiunge alla perdita di vite umane – come i piloti del Canadair precipitato sull'isola di Evia -, alla distruzione di vaste e preziose aree naturali, ai danni alle infrastrutture e alle abitazioni private, senza dimenticare quelli all'economia greca. In questo periodo dell'anno, infatti, il Paese vive principalmente di turismo, ma sono stati migliaia i visitatori (e i residenti) costretti ad abbandonare i luoghi di villeggiatura, così come in moltissimi hanno dovuto rinunciare alla partenza a causa dei roghi. Una situazione difficile soprattutto in alcune isole, come Corfù, Rodi e la già citata Evia.

A calcolare la quantità di carbonio emessa dai vastissimi incendi in Grecia è stato il servizio di monitoraggio atmosferico di Copernicus (CAMS), la missione basata sulla flotta di satelliti Sentinel cogestita dalla Commissione Europea e dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA). L'immissione di 1 milione di tonnellate (o una megatonnellata) di carbonio è un dato significativo per due ragioni: da una parte perché suggerisce la distruzione di vastissime porzioni di aree boschive – al 22 luglio secondo il Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (EFFIS) erano andati in fumo già oltre 35.000 ettari  -, dall'altra perché il carbonio è l'elemento principale associato all'effetto serra, catalizzatore del riscaldamento globale.

La vegetazione in fiamme determina molteplici problemi, che spaziano dalla riduzione della qualità dell'aria alla morte di piante e animali, spesso col coinvolgimento di specie protette e minacciate di estinzione. Molti uccelli, fra l'altro, stanno ancora nidificando in questo periodo, pertanto c'è il rischio di perdere intere generazioni. Per quanto concerne la questione climatica, gli alberi sono tra i principali accumulatori di carbonio; la loro distruzione determina dunque un duplice danno: la perdita di capacità di assorbimento e il rilascio di ingenti quantità di anidride carbonica (CO2) in atmosfera, come sta accadendo in Grecia ma anche in Italia a causa dei roghi in Sicilia. È una delle ragioni principali per cui la distruzione della Foresta Amazzonica, il “polmone verde” della Terra e culla della biodiversità, è considerata una minaccia globale dalla comunità scientifica internazionale.

Il carbonio catalizza l'effetto serra perché si accumula nell'alta atmosfera creando uno strato che intrappola il calore scaturito dalla radiazione solare, impedendogli di disperdersi nello spazio. Ciò aumenta la “febbre” del pianeta con i conseguenti, drammatici effetti del cambiamento climatico, come ad esempio lo scioglimento dei ghiacci. L'immissione di 1 milione di tonnellate di carbonio da un singolo evento non fa che alimentare questo fenomeno di origine antropica, pur rappresentando una goccia rispetto all'enormità di CO2 equivalente che vomitiamo ogni anno in atmosfera, pari a 50 / 55 miliardi di tonnellate. Se non faremo nulla per abbattere rapidamente e drasticamente le emissioni di carbonio presto andremo incontro alle conseguenze più drammatiche e irreversibili della crisi climatica. Restano pochi anni prima del superamento della soglia critica di 1,5° C di riscaldamento rispetto all'epoca preindustriale, il traguardo più virtuoso fissato nell'Accordo di Parigi sul Clima ma che molto probabilmente non riusciremo a raggiungere, qualunque cosa faremo.

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