In Sicilia gli ultimi squali bianchi del Mediterraneo: popolazione in pericolo critico di estinzione
Uno studio condotto nel Canale di Sicilia ha dimostrato che in questo tratto del Mar Mediterraneo si trovano esemplari di squalo bianco (Carcharodon carcharias), il più grande pesce predatore della Terra e tra gli animali più affascinanti in assoluto. È un'ottima notizia che dona speranza sul recupero di questa iconica specie, fondamentale per gli equilibri ecosistemici, sebbene sin troppo spesso fortemente odiata e detestata dalla gente. Basta il solo nome per incutere timore in molte persone, se non puro terrore. La "colpa" non è assolutamente dello squalo bianco, ma della cattivissima pubblicità – se così possiamo chiamarla – fatta da Hollywood e dai media, che hanno dipinto questo predatore come un implacabile divoratore di uomini.
La verità è che gli squali uccidono meno di una decina di persone all'anno e nella maggior parte dei casi, fra l'altro, sono coinvolte altre specie, come lo squalo tigre (Galeocerdo cuvier) e lo squalo leuca o zambesi (Carcharhinus leucas), mentre di squali ne vengono uccisi dai 63 ai 270 milioni ogni anno e in solo mezzo secolo abbiamo ridotto il loro numero complessivo del 70 percento, portando sull'orlo dell'estinzione moltissime specie. Soprattutto a causa dell'orribile pratica dello shark finning, in cui vengono strappate le sole pinne e i pesci vengono ributtati agonizzanti in mare, lasciati alla mercé di altri predatori.
Tra le specie che hanno subito un declino significativo figura proprio lo squalo bianco, classificato come vulnerabile nella Lista Rossa dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). La popolazione più precaria è quella del Mar Mediterraneo, essendo classificata in pericolo critico di estinzione (codice CR), sempre dall'IUCN. Secondo il recente studio “'Monitoraggio e marcatura dello Squalo bianco nel Mediterraneo” condotto dai biologi marini dell'Università di Siena e del Centro studi squali di Massa Marittima (Grosseto), la specie potrebbe avere raggiunto la soglia di “non recupero”, perlomeno lungo le coste dello Stivale. Una situazione drammatica, anche perché sui numeri effettivi di questi pesci nel Mare Nostrum c'è una carenza di dati disarmante. Una ricerca citata dall'IUCN ha stimato un crollo della popolazione locale dell'80 percento in circa 70 anni, dal 1947 al 2016. In ogni altra parte del mondo, dove sono state introdotte misure di tutela, i numeri degli squali bianchi hanno iniziato a dare segni di miglioramento, tranne che nel Mar Mediterraneo.
È in questo contesto estremamente complicato che i risultati del nuovo studio gettano nuova speranza sulla diffusione dello squalo bianco in Italia, perlomeno nelle acque siciliane. A condurre la ricerca è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Virginia Tech (Stati Uniti), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di molti istituti. Fra quelli coinvolti il Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente dell'Università Politecnica delle Marche; il Dipartimento di Ecologia Marina Integrata – Stazione Zoologica Anton Dohrn di Roma; l'Istituto Superiore di Biologia Applicata di Medenine dell'Università di Gabes (Tunisia); l'associazione Beneath the Waves e altri. I ricercatori, coordinati dal professor Francesco Ferretti, docente presso il Dipartimento per la conservazione della fauna ittica e selvatica dell'ateneo statunitense, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver condotto una serie di indagini di monitoraggio tra il 2021 e il 2023 nel Canale di Sicilia. Durante le tre spedizioni effettuate in quattro siti specifici (Pantelleria, nord e sud di Lampedusa, isole Egadi) sono state registrate oltre 250 ore di video in mare aperto e più 40 sul fondale marino, inoltre sono stati condotti test di "pesca" con prede per far emergere il grande pesce.
Purtroppo non è stato avvistato alcun esemplare nel materiale video e nessuno è stato attirato dalle esche, tuttavia i ricercatori hanno individuato il loro materiale genetico nei campioni di DNA ambientale (eDNA), una tecnica sempre più utilizzata in biologia marina. Tra i 159 campioni recuperati, è stato individuato il DNA dello squalo bianco in cinque di essi, confermando che gli esemplari erano si trovavano in un raggio di 25 chilometri ed erano stati lì al massimo 2 giorni prima della raccolta del campione. “Sebbene non abbiamo osservato direttamente gli squali bianchi, queste attività hanno supportato l'identificazione di una delle ultime roccaforti di questa popolazione nella regione e hanno avviato un programma multi-istituzionale di conservazione degli squali bianchi nel Mar Mediterraneo, con l'obiettivo di tracciare gli ultimi squali bianchi nella regione, stimare la loro abbondanza e il rischio di estinzione, caratterizzare l'ecologia della specie e informare la gestione e la conservazione”, hanno spiegato Ferretti e colleghi nell'abstract dello studio.
La speranza è che ulteriori e approfondite indagini possano far luce sull'effettivo numero di questi animali nel Mediterraneo; le stime vanno da alcune decine a centinaia, ma ad oggi non vi è alcuna certezza. Gli avvistamenti documentati sono rarissimi e spesso aneddotici. I dettagli della ricerca “On the tracks of white sharks in the Mediterranean Sea” sono stati pubblicati su Frontiers in Marine Science.