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In Italia 300mila cinghiali uccisi ogni anno, Oipa: “Le fucilate li fanno solo moltiplicare”

In sette anni in Italia sono stati uccisi oltre 2 milioni di cinghiali, 300mila ogni anno, ma più vengono abbattuti e più questi animali si moltiplicano, come indicato da esperti e associazioni animaliste.
A cura di Andrea Centini
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Una femmina di cinghiale. Credit: Andrea Centini
Una femmina di cinghiale. Credit: Andrea Centini

In un recente convegno di Confagricoltura l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha presentato un report dedicato alla gestione del cinghiale in Italia, con specifico riferimento al settennato 2015 – 2021. I dati, basati sull'analisi di centinaia di documenti e relazioni, indicano che nel nostro Paese è in atto una vera e propria mattanza di questa specie considerata "problematica", con un incremento significativo degli abbattimenti. Nel corso dei 7 anni gli ungulati uccisi sono stati circa 300mila all'anno, in totale oltre 2 milioni, con un aumento del 45 percento dei cosiddetti “prelievi”. Di essi l'86 percento – 257mila esemplari all'anno – è stato eliminato tramite la caccia ordinaria, mentre il restante 14 percento – 42mila cinghiali – attraverso operazioni di controllo faunistico, ovvero le eliminazioni sistematiche al di fuori della pratica venatoria (animali entrati in città, parchi e simili). Per il 2021 si ritiene che in Italia fosse presente una popolazione di 1,5 milioni di cinghiali.

Una madre allatta un cucciolo. Credit: Andrea Centini
Una madre allatta un cucciolo. Credit: Andrea Centini

Questi numeri, secondo esperti e associazioni animaliste, ci dicono soprattutto una cosa: per quanto i cacciatori si impegnino ad abbattere i cinghiali a fucilate, principalmente attraverso la famigerata “braccata con cani da seguita” (88 percento dei prelievi), questi mammiferi continuano a moltiplicarsi e a diffondersi sul territorio italiano. Ciò ovviamente si riflette sui problemi per i quali questa specie è così odiata e osteggiata, ovvero i rischi per la circolazione stradale e i danni all'agricoltura, che ISPRA ha calcolato in circa 17 milioni di Euro all'anno. La ragione della loro proliferazione, nonostante il significativo incremento della pressione venatoria, ha ragioni scientifiche, etologiche e antropiche ben precise, che gli esperti cercano di divulgare e far comprendere da molti anni (invano, visto che di recente è stata pure aperta la “caccia selvaggia” in città e aree protette). Di base c'è innanzitutto la convivenza conflittuale tra il cinghiale (Sus scrofa) e l'essere umano da migliaia di anni, che ha permesso agli ungulati di evolvere adattamenti riproduttivi e comportamentali per non estinguersi.

Credit: Andrea Centini
Credit: Andrea Centini

I cinghiali sono più prolifici proprio perché sotto la costante minaccia delle doppiette, come ben spiegato dal dottor Carlo Consiglio, zoologo e fondatore della LAC (Lega Anti Caccia): “Le femmine di cinghiale quando si sentono minacciate, per un meccanismo di autoprotezione della specie tendono ad andare in calore prima del tempo e a produrre molte più cucciolate, con il risultato di un aumento degli esemplari”. Se ciò non bastasse, i cacciatori in genere puntano agli esemplari più grossi facendo disperdere i piccoli, che a loro volta danno vita a più branchi e a un ulteriore incremento delle popolazioni. Inoltre gli esperti ricordano che i numeri dei cinghiali in Italia sono aumentati sensibilmente a seguito dell'introduzione passata di moltissimi esemplari provenienti dall'Est Europa, proprio per far divertire gli amanti delle scampagnate col fucile.

Credit: Andrea Centini
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Insomma, la caccia non solo non funziona per contenere i numeri di questi animali, che fanno semplicemente la propria vita, ma sarebbe anche una delle principali cause del problema. Lo affermano gli esperti e le principali associazioni animaliste, che si battono da molti anni per la tutela dei cinghiali. “Come dimostrato con grande evidenza dal mondo scientifico, la pressione venatoria sui cinghiali non riduce i trend demografici incrementali ma anzi li rafforza in misura considerevole. Le fucilate, infatti, causano la dispersione dei branchi, incentivando l’attività riproduttiva di quelle femmine che data la struttura matriarcale dei branchi stessi, sarebbero altrimenti inattive”, ha spiegato l'ENPA in un comunicato stampa. “La caccia e la ‘selezione' non sono la soluzione al problema della proliferazione dei cinghiali, ma la causa”, ha invece dichiarato il presidente dell’Oipa Massimo Comparotto. Il dirigente specifica che ad attestarlo non è l'organizzazione animalista, ma “etologi, zoologi e naturalisti”, aggiungendo inoltre che la presenza dei cinghiali in città è catalizzata da una raccolta dei rifiuti svolta in modo non appropriato: "Dov’è attuata la raccolta porta a porta i cinghiali non si presentano negli abitati". In conclusione il presidente Oipa ha puntato il dito contro i ripopolamenti del passato, alla base dell'attuale situazione: "I cinghiali che popolano oggi l’Italia, più grandi e prolifici degli autoctoni, sono stati introdotti dai paesi dell’Est Europa a uso e consumo dei cacciatori, cui ora si ricorre per risolvere un problema che loro stessi hanno determinato".

Credit: Andrea Centini
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Che la caccia non sia una soluzione alla proliferazione dei cinghiali lo ricorda anche l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa); in merito alla questione della peste suina ha infatti affermato che “gli esperti concludono che la caccia non è uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa”. Un parere autorevole totalmente inascoltato dalla Commissione Bilancio della Camera, che ha recentemente approvato un emendamento che permetterà di dare la caccia ai cinghiali anche nelle città, nelle riserve naturali e nei parchi, finanche in periodo di silenzio venatorio. E ad aggiungere un ulteriore livello di assurdità alla vicenda la proposta di alcuni politici di togliere il lupo dall'elenco delle specie protette, aprendo così alla potenziale eliminazione dei predatori naturali dei cinghiali, gli unici che potrebbero realmente tenerne sotto controllo le popolazioni (in un contesto di equilibri naturali). Ma come sempre tutto deve ruotare attorno agli interessi dell'uomo, senza tener conto degli equilibri ecologici e dei danni che abbiamo perpetrato – e che continuiamo a perpetrare – all'ambiente e alla fauna selvatica.

Credit: Andrea Centini
Credit: Andrea Centini

Le soluzioni incruente ed ecologiche per contenere il boom demografico dei cinghiali esistono ma sembra non esserci la volontà politica per applicarle, sebbene tutti invochino l'importanza della prevenzione. Dispositivi di dissuasione, uso di ultrasuoni, recinzioni ad hoc, corretta raccolta dei rifiuti, sterilizzazione farmacologica sono tutti metodi che possono essere di grandissimo aiuto, senza spargere fiumi di sangue inutilmente. Le fucilate, come evidenziato dalle associazioni animaliste, non servono a nulla per contenere la diffusione dei cinghiali, ma la amplificano, avendo come unico risultato quello di soddisfare gli appetiti di chi ama ammazzare animali innocenti.

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