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In Italia 16 milioni di galline ovaiole in gabbia, tra morte e sofferenza: la nuova inchiesta LAV

La LAV ha diffuso le drammatiche immagini di alcuni allevamenti del Nord Italia, in cui le galline ovaiole sono costrette a vivere in condizioni atroci.
A cura di Andrea Centini
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Credit: LAV / Aitor Garmendia
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Ci si indigna facilmente innanzi a un video pubblicato sui social network nel quale viene mostrato un animale maltrattato, ma sin troppo spesso ci si volta dall'altra parte o si fa finta di nulla quando si tratta della sofferenza di milioni di esemplari trattenuti negli allevamenti intensivi. Spesso questi animali sono condannati a vivere in gabbia per tutta la loro esistenza, fino a quando non vengono trasferiti in un macello. Tra le situazioni più drammatiche vi è sicuramente quella delle galline ovaiole, rinchiuse in gabbie striminzite e sovraffollate per un paio di anni, fino a quando chi le alleva non le considera più “produttive” e le spedisce al mattatoio. In un Paese che si definisce civile questa barbarie non dovrebbe essere consentita, eppure solo in Italia sono ben 16 milioni le galline che vivono in gabbia. A denunciarlo la nuova inchiesta della Lega Anti Vivisezione (LAV) legata alla coalizione “End The Cage Age”, che mostra le immagini orrende di alcuni allevamenti nel Nord Italia.

Credit: LAV / Aitor Garmendia
Credit: LAV / Aitor Garmendia

Le galline ovaiole vivono normalmente in gabbie di 2 metri quadrati, nelle quali ciascun esemplare ha a disposizione 600 centimetri quadri di spazio, meno di un foglio A4, si specifica nel drammatico filmato diffuso dalla LAV. In questa situazione non riescono nemmeno a soddisfare i propri bisogni più basilari, dal razzolare a terra al salire su un albero. In queste gabbie sono costrette a vivere sotto stress continuo, a strettissimo contatto con gli altri individui, anche quelli che sviluppano aggressività a causa delle condizioni atroci. Molte galline si feriscono, sviluppano lesioni e malattie terribili, come la ritenzione dell'uovo che risulta fatale in pochissimo tempo. Diffuse anche le infezioni da acari rossi e quelle legate al contatto con gli escrementi e i corpi delle compagne decedute, che in alcuni casi non vengono rimossi per giorni o addirittura settimane. Talvolta gli uccelli morti restano adagiati sulle uova, come mostra l'agghiacciante immagine sottostante.

Credit: LAV / Aitor Garmendia
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In questo girone dantesco alcuni esemplari sviluppano cannibalismo e plumofagia, un comportamento che porta le galline a strappare e a strapparsi piume e penne. È un circolo di sofferenza e morte completamente orientato alla produttività, in cui il benessere degli animali non può esistere in alcuna forma. Le galline ovaiole in gabbia sono esseri viventi sfruttati come oggetti, fino a quando non diventano inutili e possono essere eliminati. Questi uccelli inoltre non vedono mai la luce del sole, ma solo quella artificiale dei lunghi capannoni in cui vengono imprigionate. Una sorte più orrenda di quella che spetta ai pulcini maschi, tritati vivi a milioni perché appunto non produttivi. Ma fortunatamente entrambe queste forme di sfruttamento anacronistico stanno per finire.

Credit: LAV / Aitor Garmendia
Credit: LAV / Aitor Garmendia

La virtuosa iniziativa “End The Cage Age” dei cittadini europei , organizzata per mettere la parola fine allo scempio degli animali allevati in gabbia, ha avuto ampio successo e la Commissione Europea si è mossa per l'abolizione delle prigioni negli allevamenti a partire dal 2027, lo stesso anno in cui in Italia non si potranno più eliminare i pulcini maschi. Per il 2023 è attesa una proposta di legge della Commissione UE legata alla transizione che porterà all'abolizione delle gabbie. Ovviamente è fondamentale che i decisori politici dei singoli Paesi abbraccino questa iniziativa; per questa ragione la LAV chiede al prossimo ministro delle Politiche Agricole e al prossimo ministro della Salute che l'abbandono delle gabbie sia perseguito “senza riserve”. Non è accettabile che milioni di animali sfruttati nell'industria zootecnica debbano essere condannati a una vita di privazioni e sofferenze prima di diventare prodotti per il consumo umano.

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