In caso di problemi il telescopio James Webb ha delle speciali procedure: il piano B della NASA
Dopo il lancio nel giorno di Natale, il telescopio spaziale James Webb è in rotta verso la sua meta lontana 1,5 milioni di chilometri dalla Terra, da dove osserverà le origini dell’universo come nessun altro strumento ha mai permesso. Prima di attivare la sua strumentazione, dovrà però affrontare quella che è ritenuta come la parte più rischiosa e complicata della missione, cioè l’apertura dello scudo che servirà a mascherare la radiazione solare e mantenere gli strumenti alla temperatura di 235 gradi sotto lo zero.
L'apertura del parasole del telescopio Webb
Il dispiegamento dell’enorme parasole, esteso quando un campo da tennis, richiederà cinque giorni, a partire da martedì prossimo. Formato da cinque strati di alluminio e kapton dello spessore di un capello, lo scudo si aprirà seguendo uno schema pianificato in ogni dettaglio, che Günther Hasinger, direttore scientifico dell’Agenzia spaziale europea, ha paragonato a quello di una pupa che diventa farfalla, espandendo le sue ali dorate.
Affinché il processo vada a buon fine, i tecnici hanno creato un piano di backup e preparato piani di emergenza per garantire che tutto funzioni, come spiegato da Jim Flynn, direttore dell'ingegneria dei veicoli per Northrop Grumman, il principale partner industriale della NASA per il progetto. “Il sistema è stato progettato in modo tale che se vedessimo qualcosa che non va, possiamo fermare la procedura in qualsiasi punto del dispiegamento e guardare la telemetria” ha affermato Flynn, riferendosi alle letture dello strumento “prima di andare avanti”.
Come detto, il compito dello scudo è quello di proteggere il telescopio dal sole, consentendo agli strumenti di raffreddarsi e raggiungere i 315 °C in meno rispetto al lato che sarà rivolto verso la stella madre del Sistema solare. Senza lo scudo, il calore potrebbe “accecare” gli strumenti di Webb che serviranno a rilevare la radiazione infrarossa emessa dagli oggetti più distanti. Ciò significa che i suoi sensori dovranno essere particolarmente freddi per captare i deboli segnali che arrivano dai confini più remoti dell’universo.
La procedura di dispiegamento
Il primo passo sarà quello di aprire i due grandi pallet che contengono il parasole, in grado di ribaltarsi come i tavolini che si trovano sul retro dei sedili degli aerei. Una volta in posizione, un comando spingerà il telescopio nella sede del suo supporto operativo, creando lo spazio necessario allo scudo solare per aprirsi e mantenere separate la parte calda dalla parte fredda. C’è poi l’apertura dei 107 perni serviti a fissare lo scudo durante i sobbalzi e le scosse del lancio. Questi trattengono gli strati di materiale ripiegati come un ventaglio di carta e verranno rilasciati in gruppi di circa cinque, in un processo che richiederà alcune ore. Una volta liberato il materiale, due bracci inizieranno il delicato processo di dispiegamento, ciascuno composto da diverse parti estensibili.
Una delle più grandi sfide di progettazione è stata capire come evitare agli strati di materiale di fluttuare senza che la gravità li costringesse verso il basso, ha affermato Keith Parrish, responsabile NASA della messo in servizio del telescopio. Per questo è stato inventato un sistema di magneti e cinghie per mantenere gli strati ripiegati prima dell’intervento dei bracci. Una volta che il materiale sarà dispiegato, verrà sollevato come una vela su un albero di una barca a vela, un angolo alla volta. Questo passaggio stente il più possibile tutti gli strati del parasole.
Il piano B della NASA
Se qualcosa andasse storto, gli ingegneri hanno integrato una serie di funzioni extra, una sorta di piano B nel caso in cui si verificassero problemi durante il dispiegamento: queste procedure sono state soprannominate push-and-pull, shimmy, twirl e fire-and-ice e ciascuna permette di operare in modo diverso, a seconda del tipo di intoppo. Ad esempio, i tecnici che dirigono le attività da terra potrebbero spingere o tirare più forte gli strati, oppure scuoterli nel caso si bloccassero. Il team potrebbe anche avviare una leggera vibrazione (uno “shimmy”) oppure creare un vortice (“twirl”) nel caso serva che alcune parti si spostino verso l’esterno. Il team può anche decidere di riscaldare o raffreddare alcune componenti, per ottenere un effetto simile a quello che si utilizza per aprire il coperchio di un barattolo ostinato.
La NASA ritiene che il parasole non avrà bisogno di questi espedienti per aprirsi, ma queste funzioni sono state implementate in caso di imprevisto. “Se faremo piroette o cose del genere, vuol dire che stiamo avendo una brutta, brutta giornata” ha aggunto Parrish. Un team, formato da una ventina di ingegneri, seguirà il tutto da Redondo Beach, in California, presso il Northrop Grumman, dove si trova un modello in scala reale del parasole e altre parti Webb. Questo potrebbe tornare utile per la diagnosi dei problemi.