In 50 anni oltre 2 milioni di morti per alluvioni e altri disastri legati ai cambiamenti climatici
Proprio mentre in Italia si iniziano a fare le prime stime degli ingentissimi danni provocati dalla recente alluvione in Emilia Romagna, costata la vita a 14 persone, l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO – acronimo di World Meteorological Organization) ha pubblicato un nuovo rapporto sull'impatto dei disastri naturali a livello globale e continentale. Nello specifico, si tratta di un aggiornamento dell'“Atlante della mortalità e delle perdite economiche dovute a condizioni meteorologiche, climatiche e idriche estreme”, la cui precedente versione si fermava al 2019. In parole semplici, si tratta di una approfondita analisi che abbraccia le conseguenze provocate da tempeste, uragani, mareggiate, alluvioni, grandinate, frane e altri fenomeni, molto spesso connessi al dissesto idrogeologico, che colpisce in modo particolarmente significativo il nostro Paese.
I dati della WMO, un'agenzia intergovernativa che fa capo all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), evidenziano che tra il 1970 e il 2021 i fenomeni meteorologici, climatici e idrici estremi hanno provocato 11.778 disastri, con 4,3 trilioni di dollari di danni (1 trilione equivale a mille miliardi) e oltre 2 milioni di morti, la stragrande maggioranza dei quali concentrata nei Paesi in via di sviluppo. Ben 2.000 di questi eventi distruttivi sono stati provocati da cicloni tropicali. Paradossalmente sono proprio i Paesi meno sviluppati quelli più investiti dalle conseguenze del cambiamento climatico, pur avendo contribuito in minima parte alle emissioni storiche di CO2 (anidride carbonica) e altri gas a effetto serra / climalteranti, iniziate a salire a partite dalla Rivoluzione Industriale e impennatesi vertiginosamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, a seguito del boom economico.
I danni provocati da questi fenomeni naturali sono in costante e significativo aumento, mentre per fortuna le vittime, rispetto a mezzo secolo fa, sono in netta diminuzione grazie ai sistemi di allerta precoce e a migliori procedure di gestione delle crisi. Proprio l'importanza che tutti i Paesi si dotino di sistemi di allerta precoce è il messaggio al centro del Congresso meteorologico mondiale appena iniziato, che si tiene ogni quattro anni. L'iniziativa “Early Warnings” è fortemente sostenuta dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che intende garantire a tutta la popolazione mondiale tali sistemi entro il 2027. Un obiettivo particolarmente ambizioso, considerando che solo il 50 percento delle nazioni ne è dotato e la carenza si concentra in molte aree a rischio, tra Stati insulari e africani.
Il fatto che questi sistemi funzionino lo dimostrano i dati sul calo complessivo delle vittime causate dai fenomeni distruttivi. Se nel decennio 1980 – 1989 erano state oltre 666.000, si è passati a 328.000 nei due decenni successivi e a 184.000 tra il 2010 e il 2019, mentre sono state quasi 23.000 nel biennio 2020 e 2021. Mancano ancora i dati del 2022, anno in cui non sono mancati i disastri in Italia, come la catastrofica alluvione che ha colpito l'isola di Ischia il 26 novembre. I danni economici per contro sono aumentati di quasi sette volte nello stesso arco temporale. Oltre il 60 percento delle perdite economiche causate da disastri meteorologici, climatici e idrici ha colpito Paesi ricchi, ma in nessun caso hanno superato il 3,5 percento del PIL della nazione coinvolta. Potrebbe sembrare assurdo, visto che solo negli USA, soprattutto a causa di uragani devastanti, i danni hanno raggiunto 1,7 trilioni di dollari, circa il 40 percento dei danni globali dell'ultimo mezzo secolo a causa dei suddetti fenomeni. Ciò nonostante, in alcune nazioni poco sviluppate tali danni hanno superato il 30 percento del PIL, mentre in quelle insulari in determinati casi si è addirittura superato il 100 percento, come riportato dalla WMO.
Per quanto concerne le vittime, tra il 1970 e il 2021 ne sono state registrate oltre 730.000 in Africa, causate da poco più di 1.800 disastri; in Asia i morti sono stati quasi 1 milione, con oltre 3.600 eventi meteorologici, climatici e idrici distruttivi; in Sud America si sono verificati circa 1.000 disastri con 60.000 morti, mentre in Nord America, America Centrale e Caraibi, ci sono stati 2.000 disastri e 77.000 morti. In Europa ci sono stati 1.800 disastri e 166.000 morti (8 percento del totale). Principalmente le vittime europee sono state provocate dalle alluvioni, ma nel 2003 molti decessi furono causati da un'ondata di calore estrema che solo in Italia provocò oltre 20.000 morti. Infine, nel Pacifico Sud Occidentale, dove si trovano diversi Stati insulari a rischio a causa dei cambiamenti climatici, 1.500 disastri hanno provocato quasi 67.000 morti. Tra i principali fenomeni che hanno mietuto vittime i cicloni tropicali, responsabili di ben 780.210 decessi, il 37 percento di tutti i morti a livello globale. I cicloni sono catalizzati dall'aumento delle temperature degli oceani, che innescano le condizioni per far emergere le perturbazioni atmosferiche. I dati completi sui disastri sono riportati nel dettaglio nell'elegante sito dinamico dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale.