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Il virus dell’influenza aviaria può essere trasmesso anche tra mammiferi: i risultati dello studio

Un nuovo studio ha analizzato l’epidemia di animali marini in Sud America. Gli esami genetici del virus e i tempi delle infezione dei mammiferi, mostrano che il virus H5N1 non è stato trasmesso dagli uccelli infetti, ma tra esemplari della stessa specie.
A cura di Elisabetta Rosso
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BIORXIV | Epidemia di elefanti marini a Punta Delgada
BIORXIV | Epidemia di elefanti marini a Punta Delgada

Il personale del faro di Punta Delgada il 25 settembre 2023 vede morire i primi elefanti marini infettati dal virus H5N1. A ottobre 2023 il bilancio delle vittime è di oltre 17.000 esemplari. Un tasso di mortalità anomalo. Il virus contagia anche foche, focene, delfini e leoni marini risalendo lungo la costa sudamericana. Secondo un nuovo studio, che ha analizzato l'epidemia, il virus dell'influenza aviaria si sarebbe trasmesso da mammifero a mammifero.

"Considerati i numeri, crediamo che la trasmissione del virus tra gli animali marini può essere l'unico modo per spiegare come l'H5N1 si sia diffuso lungo l'intera punta meridionale del continente e abbia continuato a infettare altri mammiferi”, ha spiegato Marcela Uhart, autrice dello studio e direttrice del programma sanitario per la fauna selvatica dell'America Latina presso l'Università della California, Davis. "Onestamente, non ci sono molti altri modi per spiegare la diffusione del virus."

La ricerca offre la prima prova genetica ed epidemiologica della trasmissione del virus dell'influenza aviaria tra mammiferi. Il virus H5N1, secondo i ricercatori, potrebbe infettare su larga scala altre specie, anche gli esseri umani. "I virus H5N1 stanno diventando sempre più flessibili dal punto di vista evolutivo e si stanno adattando ai mammiferi in modi nuovi", sono state infatti rilevate 18 mutazioni nel virus prelevato dagli elefanti marini, "questo potrebbe avere conseguenze globali per la fauna selvatica e gli esseri umani", si legge nello studio.

I risultati dello studio

Tra il 2022 e il 2023, l'H5N1 ha ucciso oltre 30.000 leoni marini in Perù e Cile. Sono state infettate anche focene, delfini e lontre. Il virus è sceso lungo la costa sudamericana e a ottobre 2023, in Patagonia, sono morti 17.000 elefanti marini. L'analisi genetica del virus e i tempi delle infezione dei mammiferi in Sud America, mostrano che il virus non è stato trasmesso dagli uccelli infetti ma tra animali della stessa specie.

"Questa è una prova ulteriore, e dovremmo essere vigili, soprattutto per i mammiferi marini", ha spiegato Uhart. “Più si adatta ai mammiferi, più diventa importante per gli esseri umani”. Lo studio è stato pubblicato sabato e non è stato sottoposto a revisione paritaria.

Un numero enorme di mutazioni

I ricercatori hanno analizzato i campioni di virus prelevati dai cuccioli di elefanti marini. Secondo l'analisi genica l'H5N1 è stato trasmesso almeno tre volte dagli uccelli ai mammiferi, solo dopo si sarebbe evoluto e diffuso tra animali della stessa specie. Hanno infatti scoperto che il virus presente nei mammiferi conteneva 18 mutazioni che avrebbero permesso al virus di diffondersi più facilmente. 

"L'enorme numero di mutazioni è preoccupazione" ha spiegato al New York Times Malik Peiris, virologo ed esperto di influenza aviaria presso l'Università di Hong Kong, esterno allo studio. Al momento queste mutazioni non sono presenti nelle mucche, ma come spiega Peiris "potrebbe essere solo una questione di tempo".

Quali sono i rischi per gli esseri umani?

Nessuna mutazione sembra aver influito sull'emoagglutinina, o HA, una glicoproteina antigenica presente sulla superficie di alcuni virus che si attacca ai recettori negli esseri umani. "Anche se l'HA non è coinvolto ci sono comunque altre mutazioni che potrebbero essere preoccupanti", ha spiegato Agustina Rimondi, virologa dell'istituto INTA-CONICET di Buenos Aires, che ha condotto l'analisi genetica.

Nonostante la possibile trasmissione tra mammiferi però, non c'è alcuna prova di un possibile contagio umano. Come ha spiegato Richard Webby, esperto di influenza presso il St. Jude Children's Research Hospital: "Non penso che i mammiferi marini siano uguali agli esseri umani, in termini di suscettibilità. Forse la replicazione nei mammiferi marini non rende il virus più capace di infettare gli esseri umani”.

Non solo, come ha spiegato a Fanpage.it Giovanni Rezza, docente di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano ed ex direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute durante la pandemia di Covid-19, "anche se si verificasse un passaggio da persona a persona non è detto che la virulenza rimarrebbe la stessa, non sappiamo nemmeno quali sintomi potrebbe causare in caso di infezione, non è detto che restino gli stessi che vediamo oggi nei singoli casi di infezione umana".

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