Il Regno Unito ha aggiunto nove nuovi sintomi Covid all’elenco ufficiale: ecco quali sono
Per oltre due anni il National Health Service (NHS) – il sistema sanitario nazionale britannico – ha riportato nel suo portale dedicato alla pandemia di COVID-19 soltanto tre sintomi relativi all'infezione, ovvero tosse secca e persistente, febbre e perdita / alterazione dell'olfatto (anosmia) e del gusto (ageusia). Oggi, sotto la spinta dei dati epidemiologici e la pressione di diversi scienziati, ha finalmente deciso di aggiornare l'elenco, aggiungendo altri nove sintomi. Secondo gli esperti questa lista dovrebbe aiutare le persone a proteggere se stesse e gli altri dal contagio, adottando misure di isolamento e spingendo a fare il tampone ai primi campanelli d'allarme.
I nuovi sintomi aggiunti dal National Health Service sono fiato corto, affaticamento (“sentirsi esausti”), dolori generalizzati, mal di testa, mal di gola, naso chiuso o che cola, perdita di appetito, diarrea, sentirsi ammalati. Sono tutti sintomi generici che possono essere associati anche ad altre malattie respiratorie, come il raffreddore, l'influenza e le sindromi parainfluenzali. Di essi si parla sin dall'inizio della pandemia di COVID-19, tuttavia sono diventati piuttosto comuni negli ultimi mesi. La ragione risiede nella diffusione della variante Omicron (B.1.1.529) del coronavirus SARS-CoV-2, scoperta in Sudafrica alla fine di novembre dello scorso anno. Caratterizzata da molteplici mutazioni rispetto alle altre varianti di preoccupazione (VoC) classificate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ovvero Alfa, Beta, Gamma e Delta, la variante Omicron sembra colpire in modo preferenziale le alte vie respiratorie rispetto alle basse (i polmoni), manifestandosi con sintomi spesso assimilabili a quelli di un raffreddore. Non a caso secondo una recente analisi sui dati del ZOE COVID Symptom Study, nel quale i pazienti del Regno Unito possono auto-segnalare i sintomi attraverso una App, oltre il 50 percento dei positivi al tampone non manifestava i tre sintomi iniziali riportati dal National Health Service. La maggior parte di essi, infatti, segnalava proprio i nuovi sintomi appena aggiunti dall'agenzia britannica.
Sin da quando è divenuto chiaro quanto questi sintomi fossero significativi nella diagnosi e nella gestione della malattia, diversi studiosi hanno chiesto all'NHS di aggiornare prontamente la lista. Tra i più frustrati e infastiditi dal ritardo vi era il professor Tim Spector, docente di Epidemiologia Genetica e direttore presso il Dipartimento della Ricerca sui Gemelli del prestigioso King's College di Londra, oltre che principale autore del ZOE COVID Symptom Study. In un piccato cinguettio su Twitter si riferì proprio all'NHS, chiedendosi quanto tempo avrebbe dovuto aspettare prima di vedere un aggiornamento della lista, che avrebbe aiutato a ridurre la diffusione del virus. Ora che l'aggiornamento è stato fatto si è detto soddisfatto, ma non dell'ordine in cui sono stati elencati i sintomi, dato che i primi tre restano in cima alla lista, pur essendo oggi meno comuni degli altri.
Ciò che è certo è che la variante Omicron – e in particolar modo la sua sottovariane B.2A – stanno guidando un'estrema ondata di contagi in molti Paesi, Regno Unito e Italia compresi. Fortunatamente l'impatto sulla popolazione è minore rispetto al passato per diverse ragioni, dalla vaccinazione all'immunità legata alle precedenti infezioni, ma ciò non significa affatto poter sottovalutare il coronavirus SARS-CoV-2. Mascherine dove richiesto, distanziamento sociale, igiene delle mani e ovviamente il vaccino anti Covid sono ancora oggi le armi più preziose che abbiamo per difendere noi stessi e gli altri dal patogeno pandemico.