Il primo coltellino svizzero fu creato 65mila anni fa: è il simbolo di una storia meravigliosa
Nell'Africa meridionale di 60-65mila anni fa si diffuse enormemente un piccolo oggetto di pietra intagliata che aveva molteplici usi. Inserito in specifici supporti, veniva utilizzato per andare a caccia; conciare le pelli; lavorare le ossa; scolpire gli oggetti di legno e mettere in pratica tutta una serie di attività che prevedevano di tagliare, raschiare e perforare qualcosa. Non c'è da stupirsi che un simile oggetto sia stato soprannominato dagli archeologi e dai paleoantropologi “il coltellino svizzero di pietra”. Ma l'aspetto più sorprendente di questo piccolo oggetto, lungo appena cinque centimetri, risiede nel fatto che fu costruito sulla base di un progetto unico, con lo stesso design. Ciò può suggerire soltanto una cosa: che i nostri antenati dell'epoca comunicavano fra di essi, anche a grandi distanze, trasferendo cultura e conoscenze da un insediamento all'altro, compresa la costruzione degli utensili.
A svelare questa affascinante storia è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Australian Museum Research Institute di Sydney (Australia) e dell'Istituto di studi evolutivi dell'Università del Witwatersrand (Sudafrica), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Università di Gent (Belgio) e dell'Università di Cambridge (Regno Unito). Gli scienziati, coordinati dalla dottoressa Amy Mosig Way dell'ateneo australiano, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato la morfologia di migliaia di reperti recuperati in sette siti nell'Africa meridionale e averli messi a confronto con un altro gruppo di manufatti rinvenuti in Australia (molto più recenti). Tutti quelli africani furono stati realizzati nel periodo alla fine del Pleistocene che gli esperti definiscono “Howiesons Poort”, caratterizzato “da un aumento della complessità comportamentale e dell'innovazione tecnologica”, si legge nell'abstract dello studio. Il coltellino svizzero di pietra è dunque un simbolo degli scambi sociali di 60-65mila anni fa, motore delle grandi migrazioni che portarono l'uomo a colonizzare con successo anche gli altri continenti. Migrazioni ci furono anche molto prima di allora, ma solo in quella fase di innovazione tecnologica l'Homo sapiens iniziò a diventare il vero dominatore del pianeta.
“Le persone hanno abbandonato l'Africa per centinaia di migliaia di anni e abbiamo prove del primo Homo sapiens in Grecia e nel Levante di circa 200 mila anni fa. Ma queste uscite precedenti sono state soppiantate dalla grande migrazione di circa 60-70 mila anni fa, che ha coinvolto gli antenati di tutte le persone moderne che vivono al di fuori dell'Africa oggi”, ha dichiarato la dottoressa Way in un comunicato stampa. “Perché questo esodo ha avuto così tanto successo mentre le prime uscite non lo hanno avuto? La teoria principale è che le reti sociali erano più forti in questo momento. Questa analisi mostra per la prima volta che queste connessioni sociali erano in atto nell'Africa meridionale appena prima del grande esodo”, ha aggiunto la scienziata.
A dimostrazione del funzionamento di queste reti sociali preistoriche c'è proprio il coltellino svizzero di pietra. “Sebbene la realizzazione dello strumento in pietra non sia stata particolarmente difficile, il fissaggio della pietra al manico attraverso l'uso di colla e adesivi è stato difficile, il che evidenzia che condividevano e comunicavano informazioni complesse tra loro”, ha dichiarato la coautrice dello studio Paloma de la Peña, ricercatrice presso il McDonald Institute for Archaeological Research di Cambridge. “Ciò che colpisce è anche che l'abbondanza di strumenti realizzati con la stessa forma ha coinciso con grandi cambiamenti nelle condizioni climatiche. Riteniamo che questa sia una risposta sociale al cambiamento dell'ambiente in tutta l'Africa meridionale”, ha chiosato la dottoressa de la Peña. I dettagli dell'affascinante ricerca “Howiesons Poort backed artifacts provide evidence for social connectivity across southern Africa during the Final Pleistocene” sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.