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Il Perucetus è probabilmente l’animale più pesante mai esistito: stimate fino a 340 tonnellate

In una formazione geologica del Perù i ricercatori hanno trovato i resti fossili di un animale gigantesco, probabilmente il più pesante mai esistito. Il peso massimo del Perucetus colossus, un cetaceo preistorico, è infatti di ben 340 tonnellate, molto più di una balenottera azzurra.
A cura di Andrea Centini
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Illustrazione del Perucetus colossus. Credit: Alberto Gennari
Illustrazione del Perucetus colossus. Credit: Alberto Gennari

I ricercatori hanno identificato i resti fossili di quello che, con buona probabilità, potrebbe essere l'animale più pesante mai vissuto sulla Terra: lo hanno chiamato Perucetus colossus. Si tratta di un cetaceo preistorico (o meglio, di un basilosauride) il cui peso massimo stimato poteva raggiungere le 340 tonnellate, mentre quello medio secondo i calcoli si attesta sulle 180 tonnellate. Come minimo questo cetaceo vissuto 40 milioni di anni fa può rivaleggiare con la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), l'animale vivente più grande al mondo e, almeno fino ad oggi, considerato anche quello più pesante mai esistito, molto più dei dinosauri. Con le sue circa 200 tonnellate di peso massimo, infatti, è decisamente più grande del Patagotitan, del Dreadnoughtus e di altri maestosi sauropodi, il cui peso massimo stimato era di circa 70 tonnellate.

Il Perucetus colossus era tuttavia più tozzo della balenottera azzurra, dato che la lunghezza massima stimata dai ricercatori è di 20 – 25 metri, mentre la più lunga balenottera azzurra mai misurata superava i 33 metri. Purtroppo a causa dell'epoca baleniera gli esemplari più grandi di questa meravigliosa specie sono stati tutti sterminati; oggi i nostri oceani sono popolati da balenottere azzurre un po' più piccole rispetto a quelle vissute un centinaio di anni fa, ma comunque sempre colossali.

A descrivere il Perucetus colossus è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Pisa e del Museo Statale di Storia Naturale di Stoccarda, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Istituto reale belga di scienze naturali di Bruxelles, del Dipartimento di Paleontologia dei Vertebrati dell'Università Nazionale di San Marcos e di altri istituti. I ricercatori, coordinati da Giovanni Bianucci del Dipartimento di Scienze della Terra dell'ateneo toscano e da Eli Amson del museo tedesco, hanno ricostruito le dimensioni del Perucetus colossus sulla base di tredici vertebre, quattro costole e alcuni elementi del bacino, tutti recuperati presso la formazione Paracas, sita nell'omonima Riserva Nazionale della Regione di Ica, in Perù. Il nome del genere Perucetus è dedicato proprio al Paese in cui è stato ritrovato (cetus sta per cetaceo in latino), mentre colossus è chiaramente un omaggio alle dimensioni. La formazione geologica contiene ricchi giacimenti di fossili depositati tra il Paleocene e il Miocene, cioè da 66 milioni di anni fa (la fine del Cretaceo, culminata con l'estinzione dei dinosauri non aviani) a 5 milioni di anni fa.

Le vertebre del cetaceo basilosauride – un gruppo di mammiferi acquatici estinti che avevano ancora piccoli arti – presentano una caratteristica peculiare, ovvero un elevato grado di pachioosteosclerosi, mai visto a questi livelli nei cetacei. Si tratta di ossa particolarmente dense e spesse che si trovano normalmente nei sirenidi, i lamantini e i dugonghi. Le vertebre del Perucetus erano così gonfie da risultare praticamente il doppio di quelle delle balenottere azzurre. Secondo gli scienziati che hanno descritto il cetaceo preistorico questo animale conduceva una vita simile a quella dei lamantini, in acque poco profonde. La sua elevata massa scheletrica, la più alta mai identificata in qualsiasi mammifero terrestre o acquatico, del resto non gli avrebbe di certo consentito una vita agile e pelagica come quella delle balenottere moderne, alla stregua delle veloci boreali o della stessa azzurra.

Le dimensioni immense del Perucetus colossus sono state calcolate mettendo a confronto i suoi pochi resti fossili con gli scheletri di altri cetacei preistorici e animali viventi. Purtroppo non sappiamo nulla della sua biologia perché mancano completamente le ossa del cranio. Sebbene conducesse una vita simile a quella dei lamantini, gli studiosi ritengono tuttavia che non fosse un brucatore di alghe, perché semplicemente non si conosce alcun cetaceo erbivoro. Probabilmente si nutriva di molluschi, crostacei e atri organismi bentonici sul fondale marino. I dettagli della ricerca “A heavyweight early whale pushes the boundaries of vertebrate morphology” sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.

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