Il mistero delle piramidi allineate con i punti cardinali forse svelato da un esperimento
Le maestose piramidi dell'Antico Egitto sono indubbiamente tra i monumenti più affascinanti e ricchi di mistero al mondo; il modo in cui furono costruite, la presenza di stanze segrete, la capacità di focalizzare l'energia elettromagnetica verso l'interno e il (quasi) perfetto allineamento con i quattro punti cardinali sono solo alcuni degli enigmi sui quali gli archeologi lavorano da tempo. Del resto migliaia di anni fa gli antichi egizi non avevano di certo le tecnologie e le conoscenze moderne, senza le quali realizzare simili opere deve essere stata un'impresa davvero straordinaria. Uno degli aspetti più incredibili risiede proprio nell'allineamento dei quattro lati con Nord, Sud, Est e Ovest, come avviene per la Grande Piramide di Giza (o chi Cheope) che svetta per circa 140 metri. Come hanno fatto a essere così precisi senza i nostri strumenti?
Una possibile spiegazione a questo enigma è stata data dal compianto professor Glen Dash, archeologo e ingegnere di fama internazionale che ha studiato per anni le meraviglie dell'Antico Egitto. Lo studioso, laureatosi al prestigioso Massachusetts Institute of Techonology (MIT), è scomparso improvvisamente nel 2019, ma ha lasciato ai posteri molti lavori importanti. Nel suo studio “Occam’s Egyptian razor: the equinox and the alignment of the pyramids” pubblicato nel 2017 spiegò che chi ha costruito la Grande Piramide di Cheope ha allineato il grande monumento ai punti cardinali “con una precisione superiore a quattro minuti d'arco, o un quindicesimo di grado”. Un risultato incredibile, considerando che per i loro calcoli gli studiosi dell'epoca utilizzarono materiali semplici come legno, corde e pietra, combinati con l'osservazione del cielo.
Anche le altre due grandi piramidi egiziane – quella di Chefren nella necropoli di Giza e la Piramide Rossa di Dahshur – sono perfettamente allineate con i punti cardinali, ma presentano tutte lo stesso piccolo errore, che le rende “ruotate leggermente in senso antiorario”, come spiegato da Dash nel suo studio. Dunque come hanno fatto a ottenere un simile risultato? Secondo Dash, invece di sfruttare la stella polare come proposto da alcuni, gli antichi egizi avrebbero fatto affidamento all'equinozio di autunno, il momento esatto che determina il passaggio astronomico dall'estate all'autunno. Durante l'equinozio il Sole raggiunge lo zenit all'equatore e i raggi solari arrivano perpendicolarmente sulla Terra, determinando che il dì e la notte hanno la stessa durata. Non a caso la parola equinozio deriva dal latino “aequinoctium” che significa notte uguale al giorno.
Le peculiari caratteristiche di illuminazione di questo giorno possono essere utilizzate per tracciare una linea retta sul terreno che attraversa Est e Ovest. Per ottenerla gli antichi egizi avrebbero usato uno gnomone, cioè la componente della meridiana (o orologio solare, sebbene il termine sia improprio) che proietta l'ombra sul piatto. È uno strumento rudimentale ma efficace per misurare il tempo in base alla posizione del Sole. Agli antichi egizi sarebbe bastato un semplice palo piantato nella sabbia del deserto. Puntellando al suolo la posizione dell'ombra (a intervalli regolari) nel giorno dell'equinozio d'autunno, come mostra l'immagine soprastante, è possibile ottenere la suddetta linea retta che passa attraverso Est e Ovest.
Il professor Dash fece il suo semplice ma ingegnoso esperimento durante l'equinozio d'autunno del 2016, ottenendo la retta allineata con i due punti cardinali; essa risultò leggermente ruotata in senso antiorario, esattamente come l'errore che si osserva nelle grandi piramidi. Non è certo che gli antichi egizi sfruttarono la tecnica proposta da Dash, ma data la sua "semplicità" e lo stesso tipo di errore rilevato, è possibile che migliaia di anni qualcuno fece lo stesso esoerimento. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata The Journal of Ancient Egyptian Architecture.