Il miele di manuka potrebbe curare gravissime infezioni causate da un batterio resistente ai farmaci
Il miele di manuka è in grado di distruggere un batterio altamente resistente ai farmaci, responsabile di gravissime infezioni polmonari (spesso fatali) che colpiscono principalmente pazienti con un sistema immunitario compromesso, come i malati di fibrosi cistica. Se associato a un potente antibiotico, questo particolare miele potrebbe diventare un'arma preziosissima per combattere le infezioni potenzialmente fatali ai polmoni causate dal micobatterio Mycobacteroides abscessus, che colpisce anche la pelle e i tessuti molli. La manuka (nome scientifico Leptospermum scoparium) è una pianta appartenente alla famiglia delle Mirtacee distribuita principalmente in Oceania (Australia e Nuova Zelanda), ma presente anche in alcuni Paesi del Sud Est Asiatico.
A determinare l'efficacia antimicrobica del miele di manuka sono stati i tre scienziati Victoria C. Nolan, James Harrison e Jonathan A. G. Cox del College di Scienze della Vita e della Salute dell'Università Aston di Birmingham (Regno Unito), che hanno condotto una serie di esperimenti con il delizioso prodotto delle api. I ricercatori si sono concentrati su questo miele poiché sono storicamente note le sue proprietà medicinali, sfruttate per millenni dalle popolazioni native dell'Oceania e solo più recentemente rilevate in ambito scientifico e clinico. La ragione risiede nel fatto che il nettare dei fiori di manuka sono ricche di zuccheri chiamati gliceroni; una volta elaborato dalle api e trasformato in miele questi zuccheri si trasformano in metilgliossale (MGO), una sostanza con spiccate proprietà antimicrobiche che non è presente in altri mieli.
Per testare l'efficacia del miele di manuka i ricercatori hanno ottenuto tessuti da 16 pazienti con fibrosi cistica o bronchiectasie infettati dal subdolo micobatterio, che resiste a molteplici antibiotici di prima linea. Il patogeno è stato coltivato in laboratorio ed esposto a varie concentrazioni del miele; sia il semplice metilgliossale che il miele di manuka “intero” sono stati in grado di neutralizzare il patogeno in provetta, tuttavia il prodotto completo è risultato molto più efficace. Ciò suggerisce che al suo interno ci siano altri principi attivi in grado di coadiuvare il lavoro del metilgliossale contro il patogeno.
I ricercatori non intendono combattere le infezioni con il solo miele, ma in associazione con un potente antibiotico, l'amikacina, che è già l'arma principale contro le infezioni da Mycobacteroides abscessus. Il problema di questo farmaco, oltre al fatto che è efficace solo nel 50 percento circa dei casi, risiede nella sua elevatissima tossicità, che può scatenare gravi danni al fegato, perdita dell'udito e altre problematiche gastrointestinali. Ma grazie al lavoro sinergico col miele di manuka le concentrazioni dell'antibiotico possono essere abbattute con conseguente riduzione degli effetti collaterali. Normalmente si utilizzano 16 microgrammi di amikacina per millilitro per eliminare un'infezione di Mycobacteroides abscessus, ma in combinazione con il miele di manuka sono sufficienti 2 microgrammi, come dimostrato in un test di laboratorio condotto dagli scienziati.
“Combinando un ingrediente totalmente naturale come il miele di manuka con l'amikacina, uno dei farmaci più importanti ma tossici usati per il trattamento del Mycobacterium abscessus, abbiamo trovato un modo per uccidere potenzialmente questi batteri con otto volte meno farmaco rispetto a prima”, ha spiegato il microbiologo Jonathan Cox in un comunicato stampa. “Ciò ha il potenziale per ridurre significativamente la perdita dell'udito associata all'amikacina e migliorare notevolmente la qualità della vita di così tanti pazienti, in particolare quelli con fibrosi cistica”, ha chiosato lo scienziato. Nel mondo vivono circa 100mila persone con fibrosi cistica esposte ai pericoli dell'infezione. I dettagli della ricerca “In vitro synergy between manuka honey and amikacin against Mycobacterium abscessus complex shows potential for nebulisation therapy” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Microbiology.