Il James Webb scopre la “stella fallita” più piccola: la sua esistenza difficile da spiegare
Grazie all'avveniristico Telescopio Spaziale James Webb, a circa 1.000 anni luce dalla Terra è stata scoperta la più piccola “stella fallita” mai individuata, una nana bruna con una massa tre o quattro volte superiore a quella di Giove. È un oggetto celeste talmente poco massiccio, per la sua classe d'appartenenza, che sfida le conoscenze di astronomi e astrofisici sulla formazione delle stelle e su quanto piccole possano essere. Come spiegato dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) in un comunicato stampa, le nane brune si formano esattamente come le stelle attraverso il collasso gravitazionale di una nube di gas e polvere, tuttavia, a differenza delle vere stelle come il Sole e Betelgeuse (che recentemente è stata protagonista di un'occultazione), non raggiungono una massa sufficiente per dar vita alla fusione nucleare dell'idrogeno. Proprio per questo sono soprannominate “stelle fallite”. Ricordiamo comunque che le nane brune di una certa massa possono fondere il deuterio (l'isotopo più pesante dell'idrogeno), che richiede pressione e temperatura inferiori rispetto all'elemento della Tavola Periodica.
A scovare e descrivere la più piccola nana bruna mai identificata è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università Statale della Pennsylvania, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi di numerosi istituti: fra essi il Centro europeo di astronomia spaziale dell'ESA di Madrid; il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università di Exeter; l'Osservatorio Gemini/NOIRLab di NSF e l'Università Paris-Saclay. I ricercatori, coordinati dal professor Kevin Luhman, docente presso il Dipartimento di Astronomia dell'ateneo americano, hanno identificato la stella fallita dopo aver scandagliato con il Telescopio Spaziale James Webb l'ammasso stellare chiamato IC 348, sito nella regione di formazione stellare della costellazione di Perseo a circa 1.000 anni luce da noi. È stato scelto perché è molto giovane, appena 5 milioni di anni, nulla dal punto di vista astronomico. In questo contesto le nane brune risultano ancora evidenti nell'infrarosso, proprio a causa della loro giovane età, che le rende “calde” per la recente formazione.
Per intercettare e analizzare le nane brune i ricercatori si sono affidati alla fotocamera nel vicino infrarosso NIRCam e allo spettrografo NIRSpec. Grazie all'estrema sensibilità dei suoi strumenti (che operano appunto nell'infrarosso) il James Webb può guardare molto più lontano e indietro nel tempo rispetto a qualunque altro dispositivo, facendo emergere con dettagli sorprendenti anche le deboli nane brune. All'interno dell'ammasso stellare IC 348 gli studiosi hanno identificato tre piccole nane brune con temperature comprese tra 827 e 1527 °C e masse comprese tra e otto quelle di Giove. L'oggetto più piccolo in assoluto è una nana bruna con una massa di appena tre / quattro volte quella del gigante gassoso. “Spiegare come potrebbe formarsi una nana bruna così piccola è teoricamente impegnativo”, evidenzia l'ESA. “Una nube di gas pesante e densa ha abbastanza gravità per collassare e formare una stella. Tuttavia, a causa della sua gravità più debole, dovrebbe essere più difficile per una piccola nuvola collassare per formare una nana bruna, e questo è particolarmente vero per le nane brune con le masse di pianeti giganti”, prosegue l'Agenzia Spaziale Europea. Le nane brune, del resto, si trovano in un limbo, a cavallo tra le stelle nane bianche (più grandi) e i pianeti (più piccoli) che non hanno pressioni e temperature sufficienti per innescare le razioni nucleari, ma determinare quanto piccole possano essere le stelle è appunto complicato.
Questi oggetti di massa così piccola potrebbero essere confusi con i cosiddetti pianeti canaglia, quelli espulsi dal proprio sistema per qualche ragione e che sono liberi di vagare nello spazio; secondo Luhman e colleghi non sarebbe questo il caso perché i pianeti giganti espulsi sono rari rispetto a quelli con masse più piccole, inoltre ritengono improbabile che le stelle di piccola massa di IC 348 siano in grado di produrre pianeti così massicci. E non va dimenticato che ha solo 5 milioni di anni: “Probabilmente non c’è stato abbastanza tempo perché i pianeti giganti si formassero e poi venissero espulsi dai loro sistemi”, conclude l'ESA. Ultimo dato significativo di questa scoperta, la rilevazione in due nane brune di un idrocarburo mai individuato prima al di fuori del Sistema Solare, una molecola che contiene idrogeno e carbonio. I dettagli della ricerca “A JWST Survey for Planetary Mass Brown Dwarfs in IC 348*” sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica specializzata The Astronomical Journal.