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Il grande ghiacciaio dei Forni sta soffrendo, persi 400 metri in 10 anni: esperti preoccupati

I glaciologi hanno determinato che il ghiacciaio dei Forni, il secondo più grande d’Italia, ha perso 40 metri nell’ultimo anno, 400 in 10 anni anni. È a rischio.
A cura di Andrea Centini
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Il ghiacciaio dei Forni nel 2016. Credit: vilandre / wikipedia
Il ghiacciaio dei Forni nel 2016. Credit: vilandre / wikipedia

Il ghiacciaio dei Forni, ubicato in Alta Valtellina nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio, ha perduto circa 400 metri lineari di ghiaccio negli ultimi dieci anni, 40 dei quali si sono sciolti soltanto nell'ultimo anno. Si tratta del secondo ghiacciaio italiano per dimensioni (circa 11 chilometri) dopo l'Adamello e sta soffrendo per i durissimi colpi inferti dai cambiamenti climatici, che lo stanno fondendo e trasformando. Un tempo era infatti il più grande corpo glaciale del Bel Paese, ma a causa delle temperature medie in costante aumento non solo si è frammentato in tre parti principali perdendo il primato, ma ha anche perduto la denominazione di “ghiacciaio himalayano”. Era l'unico classificato in questo modo presente in Italia. Secondo gli esperti entro la fine dell'anno il ghiacciaio dei Forni perderà altri 10 metri lineari, per un totale di 50 metri tra il 2021 e il 2022.

A tratteggiare la drammatica situazione del ghiacciaio dei Forni la “Carovana dei ghiacciai” di Legambiente, una campagna che da alcuni anni, in collaborazione degli scienziati del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) e di diverse università, sta monitorando la salute dei principali corpi glaciali dello Stivale. Come indicato nel comunicato stampa dell'organizzazione, il ghiacciaio è in uno stato di "forte sofferenza", come del resto lo sono altri ghiacciai del Parco Nazionale dello Stelvio. Tra i processi che stanno catalizzando lo scioglimento vi è anche il cosiddetto “black carbon”, uno strato di detriti e particelle di inquinanti atmosferici che ingrigiscono e anneriscono la sua superficie, riducendone l'albedo. Quest'ultima è la capacità di un corpo di riflettere i raggi solari, che risulta massima nei candidi manti nevosi e ghiacciati. Ma il “vestito nero” che sta avvolgendo il ghiacciaio dei Forni, causato da microplastiche, fuliggine, smog e particelle derivate dagli incendi, sta abbattendo l'albedo e aumentando la capacità di assorbire il calore dovuto alla radiazione solare, che a sua volta catalizza il processo di fusione.

“Quello che abbiamo osservato sul ghiacciaio dei Forni è l’immagine di un gigante di ghiaccio che sta ansimando, soffocato dai cambiamenti climatici. Annerito, collassato e pieno di crepacci: una grande sofferenza per questo essere che pare vivente. Ci sta comunicando quanto sia impellente lavorare sull’adattamento per gestire l’inevitabile; ma nel medesimo tempo mitigare, riducendo l’effetto serra, per evitare l’ingestibile”, ha dichiarato la dottoressa Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e a capo della campagna della “Caronava dei Ghiacciai”. Come specificato da Legambiente, il ghiacciaio si è frammentato in tre corpi glaciali, con evidenza di collassi, instabilità delle morene (accumuli di detriti e sedimenti) e aumento del ruscellamento, che ha determinato la formazione di una “piana proglaciale, inesistente fino allo scorso anno”, definita dagli esperti col nome di sandur. Tutto questo, come specificato, ha portato il ghiacciaio dei Forni a perdere il titolo di unico ghiacciaio hymalaiano presente in Italia.

Il ghiacciaio lombardo non è affatto l'unico a soffrire a causa dei cambiamenti climatici. Basti pensare che secondo una ricerca pubblicata su Nature dall'Università di Zurigo si stima che quasi tutti i ghiacciai alpini scompariranno entro la fine del secolo. Alcuni “moriranno” molto prima. La Marmolada, dalla quale il 3 luglio si è staccato il devastante seracco che ha ucciso una dozzina di persone, ha una sopravvivenza stimata di 20 – 30 anni, secondo un recente studio guidato coordinato da scienziati del CNR. In soli dieci anni, tra il 2004 e il 2014, ha subito una riduzione della massa del 30 percento. All'ex ghiacciaio del Calderone sul Gran Sasso (oggi un glacionevato) restano poche decine di metri di ghiaccio prima della totale scomparsa, mentre il più antico ghiacciaio delle Alpi – il Rodano in Svizzera – è stato coperto con enormi teli per ridurre il processo di fusione, reso comunque inevitabile dal riscaldamento globale.

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