“Il digiuno intermittente non è una dieta”: il dottor Giorgio Calabrese spiega i rischi della nuova moda alimentare
“No, il digiuno intermittente non può essere considerato una dieta”: non fa tanti giri di parole il medico dietologo Giorgio Calabrese, Presidente del Comitato per la Sicurezza Alimentare e docente di Dietologia umana e Dietoterapia all’Ospedale Molinette di Torino che, parlando del digiuno intermittente, la moda alimentare più gettonata tra le persone che cercano di perdere peso, a Fanpage.it ha fatto il punto sulla formula 16:8, il metodo che limita l’assunzione di cibo a 8 ore al giorno, oggetto tra l’altro di un nuovo studio americano. “È uno schema che a lungo termine fa male alla salute. Io lo dico da ormai 20 anni, è stato dimostrato da lavori italiani e ora anche da uno studio condotto negli Stati Uniti, dove è nata l’idea del digiuno intermittente”.
Come funziona il digiuno intermittente?
Il digiuno intermittente è una forma appunto di digiuno, in cui l’assunzione del cibo viene limitata in periodi di tempo. Ci sono diverse formule: c’è quella 12:12, cioè 12 ore di digiuno e 12 ore in cui si può mangiare, ma quella che va più di moda è il digiuno intermittente 16:8, con una finestra alimentare limitata ad 8 ore al giorno, mentre nelle restanti 16 non si può mangiare.
Su cosa si basa il digiuno intermittente?
I digiuni intermittenti nascono dalla cultura storica, tant’è che si ritrovano nelle regole delle principali religioni monoteiste, in cui il digiuno era fatto per purificare l’anima. Si è quindi partiti da motivi religiosi e si è visto che quel digiuno poteva avere un’azione di miglioramento della qualità di vita, andando a ridurre quel sovraccarico che si verifica quando si assumono quantità eccessive di calorie per lunghi periodi.
Se, ad esempio, dovessi mangiare 2.000 calorie al giorno, ma ne introduco 2.400 o 2.500, si crea dapprima il sovrappeso, se non l’obesità, e poi una maggiore facilità di infiammazioni multiple nell’organismo. Pertanto, riducendo quel sovraccarico con restrizioni caloriche, si possono avere importanti benefici. Da quei periodi di digiuno si è poi però andati avanti, fino al digiuno intermittente di cui si parla oggi.
Cosa c’è di sbagliato nel digiuno intermittente?
Non so se ha mai sentito dire, da chi pratica il digiuno intermittente, quante calorie si possono assumere negli orari in cui si può mangiare: ebbene, qualsiasi quantità di calorie, per cui mangiare quanto si vuole nelle 8 ore e poi fare il digiuno nelle restanti 16, se prendiamo come schema il 16:8. Ma non è così, e ci sono studi che dimostrano che questo approccio è assolutamente negativo: se si vuole perdere peso e restare in salute, occorre comunque mantenere una dieta molto equilibrata, di tipo mediterraneo, e con basso apporto di calorie.
In altre parole, il digiuno intermittente non dice cosa mangiare, ma solo quando mangiare?
Sì, e prendendo in considerazione il 16:8, vuol dire saltare la colazione o la cena: un tipo di schema che non può essere chiamato dieta, ma rimozione di uno o due pasti. Fare la dieta significa avere un’alimentazione corretta, sana ed equilibrata, mentre saltare i pasti vuol dire eliminare ciò che porta i nutrienti.
Quali sono gli effetti del digiuno intermittente?
Questo approccio inizialmente può avere degli effetti positivi, sia sul peso, sia sul dimagrimento, sia per quanto riguarda la riduzione dell’infiammazione, l’insorgenza di tumori e le malattie metaboliche e cardiovascolari. Ma nel lungo termine, come si è visto in uno studio italiano dei professori Pier Giuseppe Pellicci e Luca Mazzarella dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo), questo tipo di restrizione calorica favorisce l’espansione delle cellule staminali del cancro e il tumore si aggrava, presentandosi in una forma ancora più aggressiva.
Cosa ci dice il nuovo studio americano?
I cardiologi americani hanno seguito per 17 anni oltre 20.000 persone e hanno visto che chi faceva il digiuno intermittente per lunghi periodi di tempo ha una mortalità maggiore per problemi cardiovascolari rispetto a chi non concentra la propria alimentazione in 8 ore. Lo studio conferma che il digiuno non è privo di rischi, soprattutto per il cuore, e non allunga la vita, semmai la riduce.
In molti hanno però parlato di limitazioni dello studio…
La sola limitazione, se vogliamo chiamarla così, è che lo studio non è stato ancora pubblicato, ma è stato presentato all’Epidemiology and Prevention di Chicago, che è uno dei congressi dell’American Heart Association, tra i più importanti al mondo. Non ci sono quindi dubbi sui risultati, per quanto possa esserci un discorso di revisione prima della pubblicazione. Chi parla di limitazioni sta dando una lettura errata dello studio. Da scienziato e da medico, quando si consiglia una terapia, occorre guardare a ciò che accade nel lungo termine e, in questo caso, preoccuparsi del fatto che chi fa il digiuno intermittente rischia di ammalarsi di più.
E se il digiuno intermittente fosse un suggerimento di intermittenza nell’alimentazione?
Se fatto per molti anni, come si è visto nello studio, il digiuno intermittente fa male, ma farlo per un breve periodo di tempo può dare dei benefici, come riduzione della glicemia, del colesterolo e della pressione alta. Certamente, la cosa sbagliata è dire che nelle ore in cui si possono consumare i pasti si può mangiare tutto ciò che si vuole, e che poi si recupera con il digiuno: è un messaggio deleterio che non deve passare.