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Il cuore più antico mai scoperto in un fossile di 380 milioni di anni: ha un atrio e un ventricolo

Uno straordinario cuore in tre dimensioni, a forma di S, con un atrio e un ventricolo, è stato scoperto nel fossile di un pesce corazzato vissuto nel Devoniano.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Yasmine Phillips, Curtin University
Credit: Yasmine Phillips, Curtin University

Nel fossile di un pesce preistorico vissuto 380 milioni di anni fa gli scienziati hanno identificato un dettaglio incredibile: la presenza di un cuore, il più antico mai scoperto. A rendere ancor più straordinario questo reperto paleontologico, il fatto che i tessuti molli si sono conservati (mineralizzati) in tre dimensioni e non come una macchia piatta, come accade spesso in queste circostanze già molto fortunate. Grazie alle moderne e sensibili tecnologie di scansione gli scienziati hanno potuto osservare gli incredibili dettagli di questo organo che pulsava centinaia di milioni di anni fa, facendo nuova luce sulla biologia evolutiva dei vertebrati (cui apparteniamo anche noi).

A scoprire e descrivere il cuore più antico mai scoperto è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati australiani dell'Università Curtin di Bentley, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del College of Science and Engineering dell'Università Flinders, dell'European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble (Francia), del Department of Organismal Biology, Evolutionary Biology Center dell'Università di Uppsala (Svezia), dell'Australian Nuclear Science and Technology Organisation (ANSTO) e di molti altri istituti. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Kate Trinajstic, docente presso la School of Molecular and Life Sciences dell'ateneo australiano, hanno scoperto il fossile del pesce nella Formazione Gogo, sita nella regione settentrionale di Kimberly dell'Australia occidentale. Si tratta di uno dei siti paleontologici più importanti al mondo relativi al Devoniano, la cosiddetta “era dei pesci” tra 419,2 e 358,9 milioni di anni fa.

Proprio in questa formazione erano già stati trovati altri fossili di pesci con tessuti molli mineralizzati in tre dimensioni, ma come indicato questo è il più antico caso di cuore fossilizzato noto al mondo. Il pesce faceva parte degli artrodiri, antichi pesci corazzati della classe dei placodermi che si estinsero proprio al termine del Devoniano, dopo averlo dominato per decine di milioni di anni. Il fossile in questione è stato sottoposto a fasci di neutroni e scansioni ai raggi X (microtomografia di sincrotrone) che hanno permesso di far emergere tutti i dettagli dei tessuti molli. Il cuore, a forma di S, si presenta con due camere sovrapposte, un atrio e un ventricolo, con la più piccola posta in alto. I ricercatori hanno rilevato anche un canale di deflusso sanguigno. Identificati anche lo stomaco, l'intestino e il fegato del pesce, che aiutano a comprendere meglio la sua biologia complessiva.

“Come paleontologa che ha studiato fossili per più di 20 anni, sono rimasta davvero stupita di trovare un cuore 3D e ben conservato in un antenato di 380 milioni di anni”, ha affermato la professoressa Trinajstic in un comunicato stampa. “L'evoluzione è spesso considerata come una serie di piccoli passi, ma questi antichi fossili suggeriscono che ci sia stato un salto più ampio tra i vertebrati senza mascelle e quelli con mascelle. Questi pesci hanno letteralmente il cuore in bocca e sotto le branchie, proprio come gli squali di oggi”, ha aggiunto la scienziata, sottolineando che per la prima volta è stato possibile vedere tutti gli organi insieme in un pesce primitivo con mascelle. “Siamo rimasti particolarmente sorpresi nell'apprendere che non erano così diversi da noi”, ha chiosato l'esperta.

Nonostante queste somiglianze, c'è una comunque differenza fondamentale, ovvero la presenza di un grande fegato che permetteva il galleggiamento del pesce (come avviene negli squali), mentre alcuni pesci ossei moderni hanno polmoni evoluti dalla vescica natatoria. “È significativo che non abbiamo trovato prove di polmoni in nessuno dei pesci corazzati estinti che abbiamo esaminato, il che suggerisce che si siano evoluti indipendentemente nei pesci ossei in un periodo successivo”, ha concluso l'esperta. I dettagli della ricerca “Exceptional preservation of organs in Devonian placoderms from the Gogo lagerstätte” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Science.

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