Il colossale iceberg A68a ha rilasciato in mare 150 miliardi di tonnellate di acqua dolce: i rischi
A luglio del 2017 dalla piattaforma glaciale “Larsen C”, in Antartide, si staccò il gigantesco iceberg A68, che all'epoca era il più grande del mondo. Basti sapere che questo colosso, il sesto per dimensioni in assoluto, aveva una superficie paragonabile a quella della Liguria, pari a ben 6.000 chilometri quadrati. In base alle indagini satellitari, come quelle condotte dal CryoSAT dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA), si calcolarono un'altezza superiore ai 230 metri e un peso di oltre un trilione di tonnellate, organizzate in oltre mille chilometri cubici di ghiaccio. Un vero e proprio “mostro”, che preoccupò seriamente gli esperti quando iniziò a viaggiare nel cuore dell'Oceano Antartico, a ridosso del Mare di Weddell, dove è stata appena scoperta la più grande colonia riproduttiva di pesci al mondo.
Il pericolo principale non era per le navi, pur potendo minacciare seriamente il traffico navale del Canale di Drake, ma per gli ecosistemi. Arenandosi, ad esempio, A68 avrebbe potuto tagliare le rotte migratorie delle balene o impedire alle foche e ai pinguini di raggiungere le aree di foraggiamento. Il rischio è stato piuttosto concreto a gennaio del 2021, quando uno dei suoi frammenti più grandi chiamato A68a, lungo 150 chilometri e largo 50, si è diretto verso l'isola della Georgia del Sud, un territorio d'oltremare britannico nel cuore dell'Oceano Atlantico meridionale, dove avrebbe potuto scatenare un vero e proprio disastro ecologico. Fortunatamente ciò non è accaduto, dato che è rimasto a galla e ha continuato a sciogliersi, fino a sparire nell'aprile dello scorso anno. Lo scioglimento di un gigante del genere non è comunque “indolore” per un ecosistema marino; i ricercatori temoni infatti che l'enorme quantità di acqua dolce rilasciata possa aver alterato gli equilibri biologici locali, con potenziali devastanti conseguenze sulla biodiversità.
Un nuovo studio condotto da scienziati dell'Università di Leeds, dello University College di Londra e del British Antarctic Survey (BAS) ha determinato che, nel momento di massimo scioglimento nei pressi dell'isola della Georgia del Sud, A68a ha scaricato in mare l'impressionante quantità di 150 miliardi di tonnellate di acqua dolce. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Anne Braakmann-Folgmann, membro del Center for Polar Observation and Modeling (CPOM) dell'ateneo di Leeds, hanno stimato un margine di errore di +/- 61 Gigatonnellate (una gigatonnellata è pari a un miliardo di tonnellate). Gli scienziati hanno calcolato che A68a è passato da un'altezza di 235 metri a 168 metri, raggiungendo il picco di fusione basale (7,2 metri al mese) nel Mare della Scozia settentrionale, dove le acque sono più calde rispetto a quelle che circondano la piattaforma Larsen C. “A68a si è assottigliato da 235 ± 9 a 168 ± 10 metri, in media, e ha perso 802 ± 34 Gt di ghiaccio in 3,5 anni, di cui 254 ± 17 Gt per fusione basale”, hanno scritto gli autori dello studio. Ad aprile del 2021 il processo di fusione ha disintegrato il gigantesco iceberg in tanti piccoli pezzi, determinando la definitiva scomparsa del colosso.
Gli scienziati non sono preoccupati solo per l'immissione di acqua dolce nell'ecosistema, ma anche per tutte le sostanze nutritive, il ferro, i vari minerali e i composti biologici rilasciati dall'iceberg. “Pensiamo che ci sia un segnale davvero forte nei cambiamenti delle specie di fitoplancton intorno ad A68, e anche nell'effettivo rilascio di materiale nelle parti più profonde dell'oceano. Il sensore di particelle sull'aliante stava captando alcuni segnali molto forti di rilascio proveniente dall'iceberg”, ha dichiarato alla BBC il professor Geraint Tarling, oceanografo del BAS che sta analizzando i dati raccolti da alcuni alianti robotici inviati nell'area per studiare l'impatto dell'iceberg. I dettagli della ricerca “Observing the disintegration of the A68A iceberg from space” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Remote Sensing of Environment.