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Il caso Pelicot e gli stupri facilitati dai farmaci: come riconoscere la sottomissione chimica

Gisèle Pelicot è stata sedata dal marito Dominique Pelicot e incosciente ha subito violenza sessuale da decine di uomini. Quello che ha subito, oltre a essere uno dei peggiori esempi di violenza sessuale degli ultimi anni, ha un nome: si chiama sottomissione chimica e in Italia se ne parla ancora troppo poco.
Intervista a Flavia Valtorta
Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita-Salute San Raffaele
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Gisèle Pelicot, 71 anni, per anni è stata stuprata da decine di uomini dopo essere stata drogata dal marito
Gisèle Pelicot, 71 anni, per anni è stata stuprata da decine di uomini dopo essere stata drogata dal marito

Quando Caroline Dorian scoprì che suo padre Dominique Pelicot aveva drogato, stuprato, e fatto stuprare per anni sua madre Gisèle Pelicot, decise che di quell'uomo non avrebbe voluto più nulla, nemmeno il cognome. Gisèle invece terrà il cognome per la durata del processo, poi ha spiegato che passerà a quello da nubile. Gli abusi, che dal 2011 al 2020 sua madre, oggi 71 anni, ha subito per mano di decine di uomini (almeno 50), sono finiti in tribunale solo a settembre 2024 – dove l'ex marito ha confessato di aver assoldato gli uomini su internet – ma la battaglia di Caroline inizia molto prima.

Quegli abusi sono l'esempio più atroce di una forma di violenza sessuale, di cui in Italia non si parla mai: la sottomissione chimica. Dopo il trauma di quella chiamata ricevuta nel 2020 dalla polizia, con cui ha scoperto che "una persona amata, suo padre, è capace del peggio", Caroline si strappa via il cognome che le ricorda ogni giorno chi è suo padre, scrive un libro "E ho smesso di chiamarti papà" e fonda un'associazione per sensibilizzare e aiutare le donne vittime di questo tipo di violenza (qui c'è un elenco di cose da fare in caso di sospetto). L'associazione si chiama "Mendorspas", ovvero "Non mi addormentare", e definisce così la sottomissione chimica:

"La sottomissione chimica consiste nel drogare una persona a sua insaputa per abusarne, senza che possa reagire o a volte anche esserne consapevole".

La professoressa Flavia Valtorta è Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita-Salute San Raffaele e responsabile dell’Unità di Neuropsicofarmacologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. Fanpage.it l'ha contattata per fare un punto su quanto si sa in Italia di questa forma di violenza e quali sono gli strumenti per difendersi da una possibile sottomissione chimica.

Qual è la percezione del problema in Italia?

Il fenomeno della sottomissione chimica è noto da tempo, anche se in Italia, almeno in ambito giuridico, siamo stati molto più lenti rispetto ad altri Paesi nel rendercene conto. Ad esempio, negli Stati Uniti già trent'anni fa si parlava di Dfsa, ovvero “Drug-facilitated sexual assault”. Letteralmente questo termine indica un’aggressione sessuale facilitata da somministrazione di farmaci o droghe. Oggi, anche in Italia, fortunatamente la sensibilità rispetto al tema sta crescendo.

Come stanno cambiando le cose?

Mentre in ambito medico c’è consapevolezza sul problema già da tempo, in ambito legale sono serviti anni prima che si riconoscesse questo tipo di aggressione. Mi è capitato di vederlo con i miei occhi nelle occasioni in cui ho fatto da perito a vittime di questo tipo di violenza sessuale. Oggi le cose stanno migliorando, ma c’è ancora da lavorare.

Quali sono le sostanze a rischio?

Le sostanze che possono essere usate in questo tipo di violenza sono tante. Tuttavia, la droga dello stupro e della sottomissione chimica per eccellenza è l’alcol: è proprio nelle bevande alcoliche che spesso gli aggressori sciolgono droghe o farmaci per facilitare lo stupro. Ma anche da solo, l’alcol può stordire e creare uno stato di incoscienza. Inoltre, è anche la sostanza che in ambito giuridico è più difficile da riconoscere come strumento di sottomissione chimica, soprattutto fino a qualche anno fa.

Perché l’alcol è quella che crea più problemi in ambito giuridico?

I casi più difficili sono quelli in cui la vittima ha iniziato a bere di sua volontà fino ad avere uno stato di confusione mentale o addirittura di incoscienza tale da impedirle di prendere una decisione. Ma è fondamentale riconoscere che a prescindere da ciò che l’ha causato, uno stato di confusione simile rende comunque non valido il consenso, seppure espresso. Anche se la vittima ha bevuto solo alcol e lo ha fatto volontariamente, se è in uno stato di incoscienza o confusione quando si verifica l’atto sessuale, si tratta comunque di violenza sessuale.

Quali farmaci di uso comune possono essere usati?

L’antistaminico può dare sedazione, la sonnolenza è uno degli effetti collaterali più spesso riportati dai pazienti. Tuttavia, per produrre uno stato di incoscienza, deve essere assunto in grandi quantità, non certo nel dosaggio prescritto per trattare l’allergia. Tra gli altri farmaci a cui prestare attenzione ci sono sicuramente le benzodiazepine, ovvero i comuni ansiolitici, che sono presenti in moltissime case italiane. Vengono principalmente prescritti per la terapia dei disturbi d’ansia ma molti le assumono anche contro l’insonnia, spesso senza prescrizione medica. Questo uso scorretto del farmaco fa sì che sia presente in moltissime case e alla portata di milioni di italiani.

Si parla spesso anche di GHB, anche nota come droga dello stupro? Di cosa si tratta?

Il GHB è nato come farmaco, è stato sviluppato come anestetico, e oggi viene ancora usato per alcuni scopi specifici ma non è certo un farmaco che si trova nelle case. Il GHB utilizzato nelle violenze viene per lo più dal mercato illegale. Tuttavia, da quello legale provengono i suoi precursori, come il GBL, un additivo per vernice molto economico e facile da reperire, perfino su internet. È una sostanza molto pericolosa perché con una semplice reazione chimica può essere convertito in GHB.

Se si sospetta di aver subito una forma di sottomissione, quali sono i segnali da non sottovalutare?

Innanzitutto, se ci svegliamo disorientati, con vuoti di memoria. Ad esempio, se da un momento in poi non ricordiamo più nulla. Oppure se abbiamo i cosiddetti ricordi a cammeo o a flash, ovvero ci tornano in mente delle immagini separate dal contesto, come se in quell’istante un flash avesse illuminato una scena in una stanza completamente al buio. Spesso poi nei giorni a seguire, a queste immagini si aggiungono altri ricordi.

Esiste un profilo dell’aggressore?

Mentre nella maggior parte dei casi di violenza l’aggressore è una persona molto vicina, come un fidanzato, un marito o un familiare, oppure uno sconosciuto incontrato per caso, nella sottomissione chimica, spesso l’aggressore è un conoscente che la vittima ha incontrato qualche volta. La violenza tramite sottomissione chimica è quindi quasi sempre pianificata e non conseguenza di uno stato emotivo alterato.

Cosa fare se si ha il sospetto di aver subito sottomissione chimica?

C’è un’altra differenza importante rispetto alla comune violenza sessuale: a un riscontro medico lo stupro con sottomissione chimica non permette di rilevare segni di aggressione, perché la vittima è stata resa incapace di reagire.

Proprio per questo è fondamentale recarsi il prima possibile presso un centro antiviolenza esperto, ad esempio quello offerto dalla clinica Mangiagalli a Milano. Per dimostrare che si è stati vittima di violenza sessuale e che ci è stata somministrata una sostanza che ci ha reso incapaci di decidere sono necessarie alcune specifiche analisi delle urine e del sangue. Ma le analisi mostrano cosa viene cercato e normalmente gli ospedali comuni cercano solo sostanze come morfina, cocaina o alcol. Se la sostanza non rientra tra quelle cercate, nessuna analisi la rileverà.

Quanto contano le tempistiche?

Le tempistiche sono fondamentali: la maggior parte delle droghe dello stupro sono state scelte proprio perché scompaiono dall'organismo nell’arco di pochi giorni. E di solito le vittime di sottomissione chiedono aiuto proprio dopo un paio di giorni, il tempo necessario per riprendersi dallo stato di nebbia mentale. Allora potrebbe essere troppo tardi. Per ovviare a questo problema, negli Stati Uniti, anche qualora non si rilevi la presenza di sostanze dalle analisi, se ci sono i sintomi tipici si presuppone che ci sia stata violenza per sottomissione chimica e l'aggressore può essere condannato a prescindere. Nell’Italia di oggi un approccio del genere non sarebbe immaginabile.

@reelmediaofficiel

“Mon père a drogué ma mère pendant près de 10 ans à coup de somnifère et d'anxiolytiques pour abuser d'elle et la faire abuser par des hommes" Caroline Dorian, fondatrice du mouvement "M'endors pas", a partagé son récit bouleversant : en 2020, elle découvre que son père avait drogué sa mère pendant près de 10 ans, la soumettant à plus de 80 hommes sans que sa mère ne s'en rende compte. Aujourd'hui, elle mène un combat sans relâche contre cette soumission chimique et alerte les femmes sur l'horreur que sa mère a vécue.

♬ son original – Réel média

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