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Cambiamenti climatici

Il carbonio intrappolato sotto il ghiaccio nell’Artico rischia di finire nell’atmosfera: quali sono le conseguenze

Un nuovo studio ha calcolato che una terzo della zona artica boreale, la regione alle latitudini più settentrionali dell’Artico, è diventata una fonte di carbonio. La causa è lo scioglimento del permafrost per effetto del riscaldamento della superficie terrestre.
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Per millenni l'Artico ha accumulato sotto il suo ghiaccio carbonio, contribuendo così a mantenere stabile la temperatura della superficie terrestre, ora, però, negli ultimi decenni qualcosa sta cambiando: l'aumento delle temperature sta sciogliendo il permafrost, lo strato di terreno perennemente ghiacciato, a una velocità preoccupante, lasciando scoperta una parte sempre maggiore della regione alle latitudini più settentrionali.

Stiamo parlando di un'ampia regione, che comprende le aree più a nord di Siberia, Alaska, paesi nordici e Canada, che da serbatoio di carbonio si sta trasformando in una consistente fonte di emissioni di CO2. Questo fenomeno, reso ancora più intenso dagli incendi, è secondo gli scienziati del clima "un'ulteriore dimostrazione delle conseguenze di un'inadeguata riduzione dell'inquinamento da combustibili fossili".

Come sta cambiando l'Artico

Già qualche mese fa, l'Arctic Report Card 2024, realizzato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) con la partecipazione di 97 scienziati, aveva messo in luce l'allarmante situazione che si sta verificando nell'Artico. Ora, un nuovo studio si è concentrato sulla zona artico-boreale, ovvero la tundra senza alberi, le foreste boreali e le zone umide che costituiscono le latitudini settentrionali della Terra.

Ne è emerso che negli ultimi trenta anni (1990-2020) un terzo di tutta l'area studiata è diventato una "fonte netta" di carbonio. Il volume di emissioni aumenta del 40% se si considerano anche quelle prodotte dagli incendi. Tra l'altro, questi sono la causa principale, insieme al riscaldamento della superficie terrestre, delle trasformazioni che stanno interessando la regione.

Il permafrost come fonte di carbonio

Come spiega una delle autrici dello studio al Guardian, Natali Sue, a capo del Woodwell Climate Research Center, questo intenso aumento delle temperature nella ragione, circa quattro volte maggiore della media globale, produce nel territorio due cambiamenti. Da una parte, il ghiaccio, sciogliendosi, sta favorendo la nascita di nuova vegetazione. Se è vero che questa può contribuire a immagazzinare anidride carbonica, tuttavia il bilancio tra emissioni prodotte e CO2 immagazzinato è negativo per il secondo: man mano infatti che il permafrost si riduce, la materia organica, per migliaia di anni rimasta bloccata all'interno del suolo, si decompone, liberando nell'atmosfera carbonio e metano.

"Abbiamo scoperto che molti ecosistemi settentrionali stanno ancora agendo come pozzi di anidride carbonica, tuttavia queste regioni e gli incendi stanno annullando gran parte di quell'assorbimento netto e invertendo le tendenze di lunga data", ha spiegato l'autrice principale dello studio, la ricercatrice Anna Virkkala. Questo trend preoccupa se si considera che nei suoli artici – ha aggiunto la scienziata – è stoccata quasi la metà del carbonio presente in tutto il suolo terrestre.

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