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Cambiamenti climatici

Il cambiamento climatico riduce le dimensioni del nostro cervello, secondo un nuovo studio

Mettendo in relazione le dimensioni del cranio di centinaia di esemplari di Homo con le variazioni del clima degli ultimi 50.000 anni è stato scoperto che l’aumento di temperatura riduce le dimensioni del nostro cervello. Quali sono i rischi.
A cura di Andrea Centini
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Il cambiamento climatico è associato alla variazione delle dimensioni del cervello umano e ciò può avere un impatto significativo sulla cognizione e sul comportamento. Quando l'alterazione del clima determina riscaldamento si innesca una riduzione della massa cerebrale, mentre invece il raffreddamento determina un incremento nelle dimensioni dell'encefalo. Il rischio maggiore è rappresentato dal fatto che, trovandoci nel cuore di una grave crisi climatica, il restringimento del nostro cervello potrebbe continuare fino a determinare conseguenze impreviste. L'ultima fase di rimpicciolimento è infatti iniziata tra circa 17.000 e 5.000 anni fa, in concomitanza con l'Olocene (l'ultima epoca geologica), che ha portato a una riduzione del cervello umano del 10,7 percento rispetto al periodo glaciale precedente.

A determinare che il cambiamento climatico influenza le dimensioni del nostro cervello è stato il dottor Jeff Morgan Stibel, un esperto di cognizione presso il Museo di Storia Naturale di Los Angeles (Stati Uniti). Lo scienziato è giunto alle sue conclusioni dopo aver messo in relazione le dimensioni del cranio di circa 300 esemplari del genere Homo nel corso degli ultimi 50.000 anni con la variazione climatica. Più nello specifico, si è concentrato su centinaia di misurazioni di ossa umane – ottenute da diverse ricerche internazionali – adattandole per periodo, regione geografica di provenienza e sesso, al fine di far emergere le modifiche nelle dimensioni del cervello. Ha scelto il periodo degli ultimi 50.000 anni poiché abbraccia sia l'ultimo periodo della più recente era glaciale (conosciuto in Europa come “glaciazione Würm” e conclusosi 12.000 anni) che l'optimum climatico dell'Olocene tra 9.000 e 6.000 anni fa, durante il quale le temperature hanno subito un significativo incremento nelle varie regioni del pianeta. Al Polo Nord, ad esempio, c'è stato un aumento di +4° C. Il periodo contempla anche il massimo glaciale verificatosi nel tardo Pleistocene.

Mettendo in relazione le fluttuazioni delle temperature nel corso di decine di millenni (record paleoclimatici) con le dimensioni del cervello, il dottor Stibel ha determinato che periodi più freddi innescano un aumento delle dimensioni del cervello umano, periodi più caldi una riduzione dello stesso. Attraverso modelli spaziotemporali lo scienziato ha inoltre osservato che la riduzione emersa recentemente sarebbe iniziata circa 15.000 anni fa e potrebbe persistere fino ai giorni nostri con potenziali strascichi futuri, di concerto con l'aumento delle emissioni di CO2 e altri gas a effetto serra in atmosfera che catalizzano il riscaldamento globale. “Come scienziato cognitivo, capire come il cervello è cambiato nel tempo negli ominidi è fondamentale, ma è stato fatto pochissimo lavoro su questo argomento”, ha dichiarato a PsyPost.org il dottor Stibel. “Sappiamo che il cervello è cresciuto tra le specie negli ultimi milioni di anni, ma sappiamo molto poco di altre tendenze macroevolutive”, ha aggiunto l'esperto, sottolineando che il riscaldamento legato all'Olocene ha ridotto di oltre il 10 percento le dimensioni del cervello nell'Homo sapiens (la nostra specie). “Se le temperature globali continuano a riscaldarsi, ciò potrebbe esercitare una maggiore pressione evolutiva sul cervello umano”, ha chiosato Stibel.

Lo scienziato ha scoperto che le modifiche alle dimensioni cerebrali si innescano migliaia di anni dopo i picchi di cambiamento climatico, verosimilmente a causa del fatto che le specie si adattano alle variazioni climatiche sul lungo periodo, nonostante la selezione naturale agisca nel giro di poche generazioni. Altri fattori non climatici possono comunque influenzare le dimensioni del cervello umano, come la disponibilità di cibo, la cultura e la tecnologia. Un recente studio guidato da scienziati del Dartmouth College di Hannover ha ad esempio determinato che una repentina riduzione del cervello si sarebbe verificata circa 3.000 anni fa per via della cosiddetta “intelligenza collettiva”. In parole semplici, grazie alla formazione di gruppi sociali le conoscenze hanno iniziato a essere condivise tra gli esseri umani e l'intelligenza di gruppo è diventata più importante di quella del singolo; poiché in questo contesto il cervello aveva bisogno di elaborare meno informazioni grazie al supporto del gruppo, si sarebbe ristretto diventando meno dispendioso dal punto di vista dell'energia richiesta e più efficiente.

Ma la riduzione innescata dai cambiamenti climatici è dovuta ad altri meccanismi e come spiegato da Stibel a PsyPost.org “anche una leggera riduzione delle dimensioni del cervello negli esseri umani esistenti potrebbe avere un impatto materiale sulla nostra fisiologia in un modo che non è completamente compreso”. I dettagli della ricerca “Climate Change Influences Brain Size in Humans” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Brain, Behavior and Evolution.

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