Il buco dell’ozono torna a ridursi, quest’anno aveva raggiunto dimensioni maggiori dell’Antartide
Il buco dell’ozono sopra l’Antartide torna a ridursi, dopo aver superato i 26 milioni di chilometri quadrati – all’incirca due volte le dimensioni del continente antartico – e raggiunto la sua massima estensione annuale (26,4 milioni di chilometri quadrati) il 5 ottobre 2022, quando gli strumenti satellitari della NASA e della NOAA hanno rilevato un’ampiezza maggiore di quella dello scorso anno. I dati mostrano però che l’assottigliamento medio dello strato d’ozono ha coperto un’area di 23,2 milioni di chilometri quadrati tra il 7 settembre e il 13 ottobre, che nel complesso è leggermente inferiore a quella registrata nel 2021, confermando la tendenza generale al miglioramento.
Il buco dell'ozono si sta riducendo
“Vediamo alcune oscillazioni, poiché i cambiamenti meteorologici e altri fattori fanno oscillare leggermente i numeri da un giorno all’altro e da una settimana all’altra, ma nel corso del tempo sono stati compiuti progressi costanti e il buco si sta riducendo – ha affermato Paul Newman, scienziato capo per le scienze della Terra presso il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland – . Nel complesso, lo vediamo diminuire negli ultimi due decenni: l’eliminazione delle sostanze dannose per l’ozono attraverso il Protocollo di Montreal sta restringendo il buco”.
L’oscillazione annuale del buco dell’ozono
Ogni anno, come sempre avviene negli ultimi decenni tra agosto e ottobre, lo strato di ozono – la porzione della stratosfera che protegge il nostro pianeta dai raggi ultravioletti del Sole – si assottiglia, formando il cosiddetto “buco dell’ozono” sopra il Polo Sud. Questo perché alcuni inquinanti organici persistenti, derivati dal rilascio nell’atmosfera di sostanze chimiche dannose – come i clorofluorocarburi (CFC), i clorofluorocarburi alogenati (HCFC) e i fluorocarburi bromati (halon) – vengono intrappolati dalle nuvole stratosferiche polari che si formano durante il freddo inverno antartico, dove all’inizio della primavera reagiscono con le radiazioni ultraviolette della luce solare, liberando cloro e bromo reattivi che distruggono le molecole di ozono.
Per questo motivo, il buco dell’ozono cresce all’inizio della primavera antartica (quando il Sole sorge alla fine dell’inverno), per poi stabilizzarsi e tornare a ridursi una volta che le temperature diventano troppo elevate per l’esistenza delle nuvole stratosferiche polari.
Pertanto, maggiore è la persistenza delle nuvole polari – come accaduto quest’anno, a causa di un inverno più freddo del solito nelle regioni stratosferiche antartiche – più elevato è il rischio di danni allo strato di ozono. Ma senza il protocollo di Montreal e i successivi emendamenti che vietano il rilascio di sostanze chimiche che danneggiano l’ozono, le temperature della stratosfera antartica registrate quest’anno avrebbero determinato un buco decisamente maggiore.
Ciò significa che, nonostante condizioni che possono favorire la formazione del buco dell’ozono, le azioni intraprese stanno producendo effetti positivi nel lungo termine, come confermato anche dalle misurazioni della NASA e della NOAA, che per quest’anno hanno inoltre escluso il potenziale impatto nella stratosfera dell’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai dello scorso gennaio a Tonga, nell’Oceano Pacifico meridionale, come invece accaduto in seguito all’eruzione del Monte Pinatubo del 1991, che rilasciò notevoli quantità di anidride solforosa, amplificando l’esaurimento dello strato di ozono.