Il buco dell’ozono sta lentamente, ma incessantemente, guarendo: “Potrebbe chiudersi entro il 2066”
Il buco dell’ozono potrebbe chiudersi completamente entro il 2066 anche sopra l’Antartide. Lo indicano i risultati di una nuova valutazione scientifica promossa dalle Nazioni Unite e presentata lunedì in occasione del 103° incontro annuale dell’American Meteorological Society in corso a Denver, in Colorado. I dati mostrano che il ripristino dello strato di ozono è “sulla buona strada” del pieno recupero, grazie all’eliminazione graduale e globale delle sostanze chimiche che lo riducono, a vantaggio anche della mitigazione dei cambiamenti climatici.
La nuova valutazione si basa su ampi studi, ricerche e dati raccolti da un nutrito gruppo internazionale di esperti, che ha incluso gli scienziati dell’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), della National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti (NOAA), della US National Aeronautics and Space Administration (NASA) e dell’Unione Europea.
Il buco dell'ozono è "sulla buona strada" del pieno recupero
Secondo le proiezioni, che completano il report di NASA e NOAA dell’ottobre 2022, la quantità media globale di ozono a 30 km di altezza nell’atmosfera potrebbe tornare ai livelli del 1980 entro il 2040, mentre in Antartide, dove l’assottigliamento è maggiore e determina la formazione annuale di un “buco” di decine di milioni di chilometri quadrati, la situazione potrebbe tornare alla normalità entro il 2066, se gli impegni del protocollo di Montreal e successivi emendamenti che vietano il rilascio nell’atmosfera delle sostanze che danneggiano l’ozono continueranno ad essere rispettati.
“Nella stratosfera superiore e nel buco dell'ozono vediamo che le cose stanno migliorando – ha affermato Paul Newman, scienziato capo per le scienze della Terra presso il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland – . Le due principali sostanze chimiche che ‘sgranocchiano’ l’ozono – cloro e bromo, derivati essenzialmente dal rilascio nell’atmosfera di clorofluorocarburi (CFC) e fluorocarburi bromati (halon), ndr – hanno smesso di crescere e stanno diminuendo” a testimonianza dell’efficacia del Protocollo.
I livelli di cloro, precisa il rapporto, sono scesi dell’11,5% da quando hanno raggiunto il picco nel 1993, mentre quelli di bromo, che è più efficiente nel danneggiare l’ozono sebbene presente a livelli inferiori, sono diminuiti del 14,5% dal picco del 1999.
Il recupero dell'ozono eviterà un riscaldamento globale di 0,5°C
Come premesso, la nuova valutazione afferma inoltre che il ripristino dello stato di ozono che protegge la Terra dai raggi ultravioletti del Sole avrà effetti positivi anche sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, evitando un riscaldamento globale stimato di 0,3-0,5 °C entro il 2100. Ciò sarà dovuto anche all’applicazione delle misure contenute in un aggiornamento del Protocollo di Montreal, adottato nel 2016 e noto come emendamento di Kigali, con cui i Paesi si sono impegnati a ridurre gradualmente la produzione e il consumo di altri composti noti per avere un potente effetto sul riscaldamento globale, chiamati idrofluorocarburi (HFC).
“L'azione per l’ozono costituisce un precedente per l’azione per il clima – ha affermato in una nota il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, il professor Petteri Taalas – . Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano l’ozono ci mostra cosa si può e si deve fare – con urgenza – per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura”.