I sussidi a petrolio, agricoltura e pesca devastano il pianeta: l’allarme della Banca mondiale
In un nuovo rapporto la Banca mondiale ha evidenziato l'impatto devastante degli ingenti sussidi destinati ai combustibili fossili e a due settori della produzione alimentare, l'agricoltura e la pesca, che in molti casi sono ancora legati a processi antiquati e dannosi, per la salute nostra e dell'ambiente. È un vero e proprio fiume di denaro che, secondo la banca mondiale, dovrebbe essere preso e spostato per promuovere la sostenibilità e le fonti rinnovabili, grazie alle quali potremo affrancarci dal carbone, dal petrolio e da tutte quelle fonti che hanno insozzato – e continuano a insozzare – il nostro pianeta, rendendolo sempre più inospitale. In parole semplici, questi soldi dovrebbero essere utilizzati per combattere la crisi climatica e non per promuoverla. Il nodo della questione è cristallino: i fondi per contrastarla ci sono, ma dobbiamo trovare la forza e il coraggio di cambiarne la destinazione, una decisione complessa perché si vanno a ledere gli interessi dei ricchi e potenti in favore delle persone meno abbienti, quelle che pagano di più per il riscaldamento globale.
Ma a quanto ammontano questi sussidi? E qual è l'impatto dei soldi elargiti per foraggiare l'industria dei combustibili fossili, l'agricoltura e la pesca? La Banca Mondiale lo ha indicato nel dettaglio nel rapporto “Detox Development: Repurposing Environmentally Harmful Subsidies”, che nel nostro idioma può essere tradotto in “Sviluppo Disintossicante: Ridistribuzione dei Sussidi Dannosi per l'Ambiente”. Partiamo dalla cifra complessiva, pari a ben 7 trilioni di dollari ogni anno (un trilione equivale a mille miliardi, secondo la definizione statunitense). Si tratta di sussidi sia espliciti che impliciti: i primi sono i fondi governativi destinati ai sopracitati settori, i secondi inglobano i costi per le persone e l'ambiente innescati da questi finanziamenti.
La Banca Mondiale evidenzia che 7 trilioni di dollari equivalgono all'8 percento del PIL globale e sono ripartiti asimmetricamente: 1,25 trilioni di dollari di sussidi governativi (espliciti) e circa 6 trilioni di dollari di costi (impliciti). Per fare un esempio pratico, nel 2021 sono stati elargiti quasi 600 miliardi di dollari per “abbassare artificialmente il prezzo dei combustibili inquinanti come petrolio, gas e carbone”, cioè i combustibili fossili alla base delle emissioni di anidride carbonica (CO2) che catalizzano il riscaldamento globale, ma anche l'inquinamento atmosferico e la degradazione degli ecosistemi. I costi per gestire le conseguenze di questi sussidi sono circa sei volte superiori. È evidente un cortocircuito alla base di questi finanziamenti, che invece di promuovere il benessere, come apparentemente sembrano fare, vanno invece a discapito di aria, acqua e terra pulite, erodendo il motore dell'economia globale e diffondendo morte e distruzione. Basti pensare alle conseguenze dell'inquinamento atmosferico: ogni anno 7-8 milioni di persone muoiono a causa dell'aria inquinata che sono costrette a respirare.
Per quanto concerne l'agricoltura, la banca mondiale indica che i sussidi sono responsabili della perdita di 2,2 milioni di ettari di foresta all'anno, che è pari al 14 percento della deforestazione globale. Meno foreste significa più CO2 in atmosfera, meno biodiversità, più inquinamento, più malattie, più dissesto idrogeologico. I sussidi diretti per l'agricoltura sono superiori ai 635 miliardi di dollari l'anno e in molti casi promuovo l'uso di pesticidi e fertilizzanti che hanno un impatto catastrofico sulla biodiversità (crollo di popolazioni di insetti e uccelli), degradando al contempo il suolo e l'acqua che beviamo. Immense piantagioni di soia per foraggiare il bestiame, distese di monocolture per produrre olio di palma e allevamenti intensivi per la carne bovina sono tre dei fattori più impattanti sull'ambiente, promuovendo la distruzione della foresta vergine in favore di campi e pascoli. Senza dimenticare che le industrie che producono carne e latte sono tra le più dannose in assoluto dal punto di vista delle emissioni; le 20 più grandi emettono tanta CO2 quanto un grande Paese industrializzato, alla stregua di Francia e Germania, come indicato nel rapporto Meat Atlas. L'agricoltura è il settore che consuma più suolo in assoluto, e anche se dà lavoro a 1 miliardo di persone e permette all'umanità intera di nutrirsi, “è sovvenzionata in modi che promuovono l'inefficienza, l'iniquità e l'insostenibilità”, spiega la Banca Mondiale.
Anche i sussidi alla pesca, che superano i 35 miliardi di dollari all'anno, hanno un impatto estremamente negativo sull'ambiente e l'economia. Essi, infatti, non solo catalizzano il crollo degli stock ittici, ovvero la disponibilità del pesce, ma anche il calo della redditività, promuovendo al contempo le dannose “flotte sovradimensionate”. La pesca e gli oceani sostengono circa 3 miliardi di persone, ma oltre 1 / 3 delle attività coinvolte sono responsabili di sovrasfruttamento, a causa dei “regimi di libero accesso” e dei sussidi che aumentano la capacità produttiva, senza tener conto dell'impatto sugli stock ittici. Anche per questa ragione entro il 2050 avremo nei mari e negli oceani di tutto il mondo più plastica che pesce: da una parte con la sovrappesca impediamo alle nuove generazioni di pesci di rimpiazzare quelle prelevate, dall'altro continuiamo a riempire con milioni di tonnellate di spazzatura il grande blu.
La banca mondiale ricorda che il tempo a disposizione per affrontare il riscaldamento globale è agli sgoccioli. Ci troviamo da tempo nel cuore della crisi climatica e siamo sempre più vicini al punto di non ritorno, cioè a un riscaldamento di 1,5° C rispetto alla media dell'epoca preindustriale (ora siamo attorno a 1,2° C). Oltre questa soglia, fissata come obiettivo più virtuoso nell'Accordo di Parigi sul Clima del 2015, si spalancheranno le porte alle conseguenze peggiori e irreversibili del cambiamento climatico, che colpisce l'ambiente, l'umanità e più in generale la biosfera con un ampio ventaglio di fenomeni diretti e indiretti. Innalzamento del livello del mare, perdita della biodiversità, siccità, ondate di calore estreme e mortali, diffusione di malattie, migrazioni di massa senza precedenti, perdita di raccolti e stock ittici, eventi atmosferici distruttivi più frequenti e intensi. Questa è solo la punta dell'iceberg del conto da pagare, per aver immesso in atmosfera concentrazioni mostruose di gas climalteranti a partire dalla Rivoluzione Industriale. In pratica, continuiamo a scavarci la fossa da soli finanziando con sussidi governativi proprio quei settori che avvicinano il baratro, aggravando il riscaldamento globale, riempiendo l'aria di sostanze tossiche e promuovendo “disuguaglianza, inefficienza e aumento del debito”
La banca mondiale indica che la strada da percorrere è la riforma di questi sussidi, per impiegarli in modo più efficiente ed equo. Agricoltura e pesca possono essere molto più sostenibili di quanto lo sono adesso, così come le fonti rinnovabili debbono essere promosse in favore di petrolio e carbone. Si evidenzia anche l'importanza di proteggere le popolazioni più vulnerabili durante l'applicazione di questi interventi rivoluzionari ma necessari, ad esempio trasferendo direttamente il denaro alle popolazioni vulnerabili. “Esempi dal Medio Oriente e dal Nord Africa mostrano che i trasferimenti di denaro e l'assistenza hanno avuto successo nel mitigare gli impatti sui poveri durante le riforme dei sussidi energetici”, spiega la banca mondiale. “Con la lungimiranza e la pianificazione, il riutilizzo dei sussidi può fornire più risorse per offrire alle persone una migliore qualità della vita e garantire un futuro migliore per il nostro pianeta”, ha dichiarato Richard Damania, a capo del Sustainable Development Practice Group presso la Banca mondiale. “Si sa già molto sulle migliori pratiche per la riforma dei sussidi, ma l'attuazione di queste pratiche non è un'impresa facile a causa di interessi radicati, dinamiche politiche difficili e altri ostacoli”, ha chiosato l'esperto. Ma bisogna trovare la forza e la motivazione di agire subito, perché non c'è più tempo a disposizione.