I sintomi Covid di Kraken e delle sottovarianti Omicron aggiornati a gennaio 2023
La pandemia di COVID-19 è provocata da un unico virus, il coronavirus SARS-CoV-2, ma sin da quando è emerso alla fine del 2019 a Wuhan, in Cina, si è evoluto in molteplici varianti e sottovarianti con specifiche caratteristiche, anche dal punto di vista dei sintomi. Se infatti all'inizio della pandemia la perdita dell'olfatto (anosmia), l'alterazione del gusto (disgeusia) e la febbre erano tra i più diffusi, oggi tra quelli più comunemente segnalati vi sono il mal di gola, il naso che cola (rinorrea) e altri fastidi alle alte vie respiratorie. Ricordiamo che attualmente la variante dominante a livello globale è Omicron, o meglio, lo sono i suoi molteplici lignaggi “figli” conosciuti ad esempio come BA.2, BA.4, BA.5, che a loro volta hanno dato vita a ulteriori ceppi, anche ricombinanti come XBB Gryphon, considerata la principale responsabile dell'attuale, drammatica ondata di casi in Cina. Da dicembre, tuttavia, è in crescita esponenziale la sottovariante XBB 1.5 Kraken, soprattutto negli USA. Come specificato a Fanpage.it dal virologo Fabrizio Pregliasco potrebbe diventare la nuova variante di preoccupazione entro i primi due mesi dell'anno. In genere i sintomi di Omicron sono ritenuti meno virulenti di quelli delle varianti di preoccupazione (VOC) che l'hanno preceduta, ovvero Alfa, Beta, Delta e Gamma, tuttavia nei soggetti fragili e predisposti la COVID-19 può ancora sfociare in complicazioni potenzialmente fatali. Dunque, quali sono i sintomi più comuni della variante Omicron e delle sue sottovarianti aggiornati a dicembre 2022?
Come punto di riferimento per i sintomi più comuni della COVID-19 possiamo prendere i dati raccolti dal progetto di ricerca ZOE COVID Symptom Study condotto nel Regno Unito, legato all'auto-segnalazione della sintomatologia direttamente dai pazienti positivi. Lo studio si basa su un'applicazione per smartphone e tablet ed è guidato dal professor Tim Spector, docente di Epidemiologia Genetica e direttore presso il Dipartimento della Ricerca sui Gemelli dell'autorevole King's College di Londra. Nell'ultimo aggiornamento i 10 sintomi più comuni riportati dai pazienti Covid (con tampone oro-rinofaringeo positivo) sono i seguenti, a partire dal più frequente:
- mal di gola
- naso che cola
- naso chiuso
- starnuti
- tosse senza catarro
- mal di testa
- tosse con catarro
- voce rauca
- dolori muscolari
- senso dell'olfatto alterato
Sembra incredibile che la febbre non compaia nemmeno fra i primi 10, essendo stata contemplata sin all'inizio della pandemia nel “trittico” fondamentale della COVID-19, assieme alla tosse e alle difficoltà respiratorie. Questa virata verso sintomi "più da raffreddore" che da influenza è divenuta evidente proprio in concomitanza con l'emersione della variante Omicron e della diffusione dei vaccini anti Covid, che ci hanno permesso di tenere a bada la pandemia. Oggi la mancanza di respiro è al 16esimo posto, mentre la perdita dell'olfatto al 14esimo, come spiegato dallo ZOE COVID Symptom Study. È uno scenario totalmente diverso da quello che ci fece piombare nell'incubo dei lockdown e delle altre misure draconiane del 2020.
Ma il coronavirus SARS-CoV-2 non va assolutamente sottovalutato; non a caso gli scienziati sono preoccupati proprio dall'estrema diffusione delle nuove sottovarianti come XBB Gryphon, che potrebbero a loro volta dar vita a nuove varianti con un profilo di patogenicità differente. La vaccinazione resta ancora oggi l'arma più potente e preziosa che abbiamo per difenderci dalle conseguenze più nefaste dell'infezione. Ricordiamo inoltre che, essendo un virus respiratorio, si manifesta con gli stessi sintomi di base di molte altre malattie infettive analoghe con cui può essere confusa o addirittura sovrapporsi, come l'influenza, l'infezione da virus respiratorio sinciziale umano (RSV), il raffreddore, la SARS e la MERS, recentemente balzata agli onori della cronaca come “influenza del cammello” per via dei Mondiali di Calcio in Qatar. L'evoluzione benigna della Covid, se così vogliamo chiamarla, non sarebbe soltanto “merito” delle mutazioni che hanno favorito la trasmissibilità e l'elusività agli anticorpi neutralizzanti rispetto alla virulenza, ma soprattutto dell'ampia diffusione dei vaccini e dall'immunizzazione di massa. Ad oggi, secondo i dati dell'Università Johns Hopkins, nel mondo si registrano circa 660 milioni di contagi ufficiali e 6,7 milioni di morti, dati ritenuti ampiamente sottostimati rispetto a quelli reali.