I sensori dei terremoti usati per rilevare una minaccia diversa: la caduta dei detriti spaziali
La caduta dei detriti spaziali sulla Terra, come satelliti dismessi, razzi usati per i lanci e altri frammenti di materiale spaziale, è un problema sempre più urgente, legato al fatto che l’industria spaziale è in forte espansione, con un’importante crescita del numero di satelliti lanciati e delle missioni spaziali.
La probabilità che questi detriti colpiscano una persona è considerata molto bassa, soprattutto se confrontata con i pericoli comunemente affrontati nella vita di tutti i giorni, ma recenti studi hanno rilevato che tale rischio è nettamente aumentato ultimi anni, raggiungendo quasi il 3%, nonostante gran parte dei detriti spaziali bruci completamente durante il rientro nell’atmosfera oppure cada in aree remote o negli oceani.
Tra gli approcci per risolvere il problema, ci sono diversi progetti che puntano a sviluppare tecnologie in grado di “catturare” e rimuovere i detriti spaziali più grandi, come satelliti che li raccolgono e rientrano in modo controllato nell’atmosfera, mentre le agenzie spaziali internazionali e le società private stanno cercando di stabilire delle linee guida e sviluppare tecnologie per ridurre il rischio di crearne di nuovi.
Nel frattempo, centinaia di oggetti più grandi di un metro quadrato continuano però cadere senza controllo verso la Terra: in media, i detriti che pesano più di 500 kg rientrano ogni 8 giorni, quelli superiori a 2000 kg ogni 2 settimane e quelli superiori a 5000 kg circa 3 volte all’anno. Tracciarne la traiettoria non è un compito facile, perché i radar terrestri che possono rilevare oggetti in caduta non coprono gran parte del pianeta, e anche l’opzione di monitorarli con strumenti ottici può fornire informazioni limitate.
I sensori dei terremoti per tracciare la caduta dei detriti spaziali
Un team di ricercatori ha però dimostrato che i sensori usati per monitorare i terremoti, in particolare quelli dei sismometri, possono essere utilizzati per tracciare anche i detriti spaziali.
“Anche se i sismometri sono da tempo utilizzati per rilevare e identificare i meteoriti, sono sensibili anche ai segnali prodotti da oggetti artificiali che rientrano nell’atmosfera” spiega il dottor Ben Fernando, uno scienziato planetario della Johns Hopkins University che ha testato per la prima volta l’idea durante il rientro controllato della capsula della missione OSIRIS-REx della NASA contenente i campioni dell’asteroide Bennu, installando sismometri nel luogo di atterraggio, nello Utah.
“È un ottimo modo per monitorare cosa arriva, con quale frequenza, quanto sono grandi gli oggetti che colpiscono la Terra” ha affermato Fernando, che ha presentato i suoi risultati alla conferenza dell’American Geophysical Union a dicembre.
Oltre a rilevare i terremoti, i sismometri sono infatti sensibili anche ai boom sonici e alle onde sonore prodotte dagli oggetti che entrano nell’atmosfera terrestre. Questa loro sensibilità è stata verificata anche dopo il rientro del modulo orbitale della missione spaziale cinese Shenzhou-15, che è stato visto bruciare sopra Los Angeles.
I sismometri della Southern California Seismic Network hanno rilevato il boom sonico prodotto dal rientro del modulo e, anche se i segnali non erano particolarmente intensi, paragonabili a quelli di un piccolo terremoto, Fernando ha osservato che apparivano abbastanza insoliti da poter essere rilevati. “L’onda d’urto deforma il terreno attorno al sismometro – ha aggiunto lo scienziato – . Continua anche a risuonare per molto più tempo, perché tutta quell’energia rimbalza nel terreno”.
Quei dati hanno permesso al dottor Fernando e i suoi colleghi ricercatori di ricostruire la traiettoria del modulo in caduta libera e, nonostante l’analisi sia stata fatta nei mesi successivi all’evento, ha fornito la prova di come i dati sismici possano essere utilizzati per tracciare i detriti spaziali.
“Un sistema automatizzato potrebbe aiutare a rilevare questi oggetti entro pochi istanti dalla loro comparsa sulle stazioni” ha aggiunto Fernando, precisando che oltre a monitorare il rientro, i sismometri possono anche aiutare a localizzare il punto di caduta dei detriti spaziali, facilitandone il recupero, soprattutto quando contengono materiali tossici per l’uomo e l’ambiente.