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Covid 19

I ricoveri in terapia intensiva per Covid durano molto meno: cosa sta succedendo

Dall’analisi dei dati delle terapie intensive per Covid in Francia è stata osservata una improvvisa riduzione dei giorni di ricovero nell’ultima ondata.
A cura di Andrea Centini
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I pazienti ricoverati in terapia intensiva per COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, escono dal reparto critico molto più rapidamente rispetto a quanto accadeva in precedenza. In altri termini, hanno bisogno della ventilazione meccanica, di essere intubati e di ricevere altri trattamenti legati alle complicazioni più severe dell'infezione per un intervallo di tempo sensibilmente inferiore. Si tratta di un dato estremamente interessante che al momento è legato alle ospedalizzazioni in Francia, tuttavia potrebbe essere riscontrato anche altrove.

Il grafico che mostra questo andamento è stato diffuso su Twitter dal dottor Johannes Borgen con un cinguettio sibillino. “Guardando i dati dell'ospedalizzazione per Covid in Francia ho trovato qualcosa di molto intrigante. Dall'inizio della pandemia, ho prestato attenzione a una metrica che chiamo tasso di uscita dalla terapia intensiva: la percentuale di pazienti in terapia intensiva fuori dalla terapia intensiva entro 7 giorni. Questo è stato abbastanza stabile nelle varie ondate…fino ad ora!”, ha chiosato l'esperto. Dal grafico si evince che una frazione compresa tra il 20 e il 40 percento di pazienti ricoverati per COVID-19 è uscito nel giro di una settimana dalle ICU (unità di terapia intensiva) durante le prime cinque ondate della pandemia, ma dalla sesta, come si può osservare anche in quest'altro grafico pubblicato dal dottor Borgen, la percentuale sale addirittura tra l'80 e il 100 percento dei casi. Com'è possibile?

Sebbene si possa immaginare che il vaccino possa avere un impatto in questo dato, c'è da tenere presente che si tratta sempre di condizioni cliniche piuttosto gravi ed è noto che la vaccinazione anti Covid risulta molto protettiva in tal senso (non a caso la maggior parte dei ricoverati nelle ICU non è vaccinato). Inoltre, come specificato dallo scienziato su Twitter, non è sicuro del ruolo dei vaccini perché il rischio di morire in terapia intensiva “non è completamente diverso” rispetto a quanto osservato nelle ondate precedenti. Lo si può osservare dal grafico sottostante.

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Le ragioni di questo crollo improvviso nella durata dei ricoveri in terapia intensiva potrebbero essere legate a migliori protocolli di cure e farmaci, anche se è insolito un'impennata così repentina e concentrata nelle ultimissime settimane. Si ritiene possa dunque esservi un'associazione con le caratteristiche delle nuove varianti in circolazione. La variante Omicron (B.1.1.529) del coronavirus SARS-CoV-2 emersa in Sudafrica sarebbe responsabile di un'infezione più lieve e si replica meno nei polmoni, forse perché ha acquisito un “pezzo” di coronavirus del raffreddore; tuttavia a causa dell'estrema contagiosità è responsabile di un maggior numero di ricoveri e decessi, come evidenziano i dati del Sudafrica. Anche nel Paese sudafricano, tuttavia, si sta osservando una netta riduzione del periodo di ricovero in ospedale. Non resta che attendere i dati da altri Paesi per comprendere la diffusione e le ragioni di questo andamento.

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