I recenti terremoti in Turchia e Siria possono essere parte di un superciclo di eventi sismici
Il violento terremoto di magnitudo 7,8 che il 6 febbraio 2023 ha colpito la parte centrale e meridionale della Turchia, vicino al confine con la Siria, e le numerose scosse successive, di cui una di magnitudo 7,6 circa 9 ore dopo il primo evento, nella provincia turca di Kahramanmaras, possono essere parte di quello che i sismologi chiamano un “superciclo” sismico, un fenomeno che va oltre le normali sequenze sismiche, in cui la probabilità di un forte terremoto riflette la deformazione accumulata per l’azione delle forze tettoniche piuttosto che il tempo che trascorre tra un terremoto e il successivo. Lo suggerisce un nuovo articolo pubblicato su Nature Communications Earth & Environment dai sismologi Luca Dal Zilio dell’Istituto di Geofisica dell’ETH di Zurigo e Jean-Paul Ampuero del CNRS Observatoire de la Côte d’Azur di Nizza, che hanno analizzato in dettaglio la natura distruttiva dei recenti eventi sismici nella zona di faglia dell’Anatolia orientale.
I terremoti del 6 febbraio 2023 in Turchia e Siria
Al 6 marzo 2023, evidenziano gli studiosi, il doppietto sismico e l’intera sequenza del terremoto di Kahramanmaras hanno provocato oltre 45.000 vittime in Turchia, cui si aggiungono più di 7.000 vittime in Siria, per un totale che supera i 52.000 morti. “Questo è il quinto terremoto più mortale dal 2000, il cui bilancio è uno dei più alti rispetto a qualsiasi altro precedente evento di magnitudo 7,8” indicano i due esperti, sottolineando come l’impatto catastrofico di tali scosse metta in risalto un aumento del rischio sismico nell’intera regione. “I due eventi – precisano nel loro articolo – non sono stati una sorpresa completa: i sismologi hanno avvertito di possibili terremoti dannosi in Turchia per molti decenni. Tuttavia, entrambi i terremoti sono stati più grandi di quelli registrati in precedenza in questa regione. I terremoti del 1893, 1872, 1822 e 1513, ad esempio, raggiunsero una magnitudo stimata di 7,0-7,5”.
La sequenza del terremoto di Kahramanmaras del 2023, in particolare, si è verificata nella zona di faglia dell’Anatolia orientale, una faglia di tipo trascorrente (strike-slip) sinistra che divide la placca anatolica dalla parte settentrionale della placca araba, ovvero lungo un confine tettonico dove lo scorrimento reciproco tra il blocco anatolico orientale e quello arabo avviene a una velocità di circa 10 millimetri all’anno. La differenza di movimento tra le due placche, che si manifesta in un moto laterale sinistrorso lungo la faglia, fa sì che l’area nelle vicinanze di questo confine sia estremamente sismica.
“La deformazione si accumula quando le placche convergono e viene rilasciata in modo intermittente da terremoti occasionali di magnitudo 7 o più – precisano gli studiosi – . Centinaia di migliaia di persone vivono a pochi chilometri dalla faglia dell’Anatolia orientale. Questa non è una coincidenza. La biodiversità e le risorse naturali come l’acqua e le terre fertili si concentrano spesso vicino alle zone di faglia attive. Di conseguenza, le popolazioni, le moderne infrastrutture e i centri economici sono comunemente concentrati lì, e quindi esposti a rischi sismici”.
Come premesso, i due eventi del febbraio 2023 sono stati i più violenti mai registrati in questa regione, nonché tra i peggiori in termini di bilancio delle vittime. “Uno dei motivi risiede nella lunghezza della spaccatura […] che, nel doppietto sismico del 6 febbraio 2023, ha rotto diversi segmenti della zona di faglia in una volta sola, producendo uno slittamento maggiore rispetto agli ultimi grandi eventi – aggiungono i due esperti – . Col senno di poi, sappiamo che tali ‘supereventi’ potrebbero far parte di un superciclo che trascende i normali cicli sismici […] la cui comprensione sarebbe importante per la valutazione del rischio sismico”.
Un altro fattore che ha reso questi terremoti particolarmente devastanti risiede nelle dimensioni dell’area colpita in relazione all’attivazione di zone di faglia vicine. Nell’evento principale, nello specifico, la rottura si è estesa per circa 300 km, con spostamenti superficiali fino a 5 metri, mentre la scossa di assestamento di magnitudo 7,6 si è verificata su due rami della zona di faglia dell’Anatolia orientale: le faglie di Surgu e Cardak. “Poiché i due eventi di Kahramanmaras hanno rotto due diverse faglie, il terremoto di magnitudo 7,6 può essere probabilmente classificato come una scossa principale secondaria su una faglia diversa che è stata innescata dal primo terremoto di magnitudo 7,8” sostengono gli studiosi.
Alla luce di tali analisi e i primi calcoli relativi all’aumento dello stress nelle zone di faglia interessate, i ricercatori sottolineano la necessità di una rapida rivalutazione del rischio sismico nell’area, nella speranza che “queste catastrofiche vicende funzionino da campanello d’allarme per le autorità, spingendole a dare priorità all’applicazione dei codici edilizi sismici – ha affermato il sismologo Dal Zilio, autore corrispondente dello studio – . Il fine è ridurre al minimo i danni futuri causati da disastri simili”.