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I pesci colorati stanno sparendo dalle barriere coralline e la colpa è solo nostra

Scienziati australiani hanno scoperto che i pesci dai colori vibranti e luminosi stanno sparendo dalle barriere coralline devastate dai cambiamenti climatici.
A cura di Andrea Centini
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Le barriere coralline sono particolarmente minacciate dalle emissioni di carbonio e dai cambiamenti climatici che ne conseguono. L'acidificazione degli oceani (dovuta all'accumulo di CO2) e l'aumento delle temperature dell'acqua marina hanno infatti conseguenze devastanti su queste magnifiche strutture biologiche, determinando il cosiddetto “sbiancamento” che porta alla morte dei coralli. La Grande Barriera Corallina australiana, che si estende per ben 2.300 chilometri davanti alle coste del Queensland, ha perso quasi la metà dei suoi coralli a partire dagli anni '90, a causa del susseguirsi di ondate di calore che hanno provocato significativi fenomeni di sbiancamento. Non a caso rischia di sparire nei prossimi decenni. Questi processi distruttivi catalizzati dall'uomo non solo stanno arrecando danni alla barriera, ma la stanno anche privando questi della sua fauna più iconica: i meravigliosi e coloratissimi pesci.

A determinare che il declino delle barriere coralline sta rendendo molto più rari i pesci dai colori vivaci e brillanti è stato un team di ricerca composto da tre scienziati del College of Science and Engineering dell'Università James Cook. Gli studiosi, guidati dal dottor Christopher R. Hemingson del Centro di eccellenza ARC per gli studi sulla barriera corallina, nell'abstract dello studio hanno sottolineato che la colorazione degli organismi è spesso legata all'ambiente in cui vivono – basti pensare all'orso polare completamente bianco -, tuttavia i pesci della barriera corallina hanno colori vivacissimi e non criptici, che li rendono una delle principali attrattive di questo spettacolare habitat. I ricercatori ritengono che l'estrema varietà dei colori possa essere dovuta al fatto che le barriere coralline hanno talmente tanti anfratti in cui nascondersi che i pesci non hanno bisogno di una colorazione mimetica. Ma se i coralli complessi muoiono, crollano e vengono sostituiti da tappeti erbosi e altre formazioni coralline piatte e non ramificate, come avvenuto nelle aree più duramente colpite dallo sbiancamento, i pesci non hanno più la possibilità di celarsi agli occhi dei predatori.

Confrontando la biodiversità presente negli ultimi 30 anni nelle barriere coralline che circondano l'isola di Orpheus, sita nella parte centrale della Grande Barriera Corallina australiana, i ricercatori hanno scoperto che la diversità dei colori dei pesci è direttamente influenzata dalla composizione delle coralli. “Le aree con una copertura più elevata di coralli strutturalmente complessi contenevano specie di pesci con colorazioni più diverse e più luminose”, hanno spiegato il dottor Hemingson e i colleghi. gli studiosi si sono resi conto che questa perdita di colori ha iniziato a verificarsi proprio in concomitanza con il primo grande evento di sbiancamento del 1998. Tra le specie di pesci che maggiormente si sono ridotte figurano le castagnole limone e il ghiozzo corallo verde, dai colori particolarmente vivaci e brillanti.

“Avere posti in cui nascondersi dai predatori potrebbe aver consentito ai pesci della barriera corallina di evolvere colorazioni uniche a causa della ridotta dipendenza dal mimetismo per evitare di essere mangiati”, ha spiegato il dottor Hemingson in un comunicato stampa. “Purtroppo è improbabile che i tipi di coralli più in grado di sopravvivere agli impatti immediati dei cambiamenti climatici forniscano questi rifugi. Le comunità ittiche sulle future barriere coralline potrebbero benissimo essere una versione più opaca delle loro precedenti configurazioni, anche se la copertura corallina rimane alta”, ha chiosato lo scienziato. In parole semplici, in futuro le barriere coralline potrebbero diventare molto meno spettacolari di come le conosciamo oggi. I dettagli della ricerca “Are fish communities on coral reefs becoming less colourful?” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Global Change Biology.

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