I casi di Long Covid nei bambini sono raddoppiati negli ultimi 3 mesi
La quarta ondata di Covid, sostenuta dalla diffusione della variante Omicron più contagiosa di Delta, sta facendo segnare numeri record, non solo in termini di infezioni. A preoccupare gli esperti è l’aumento dei casi di Long Covid, stimati in almeno 1,3 milioni nel Regno Unito, dove l’Office for National Statistics (ONS) ha aggiornato il report relativo alla prevalenza della condizione nei cittadini britannici.
I dati, riferiti al periodo compreso tra il 9 novembre al 6 dicembre, rivelano che circa il 2% della popolazione ha sperimentato sintomi persistenti dopo l’infezione da coronavirus e che almeno 117mila bambini di età compresa tra i 2 e i 16 anni soffre di questa condizione. Nel complesso, si tratta di oltre 40mila bambini in più rispetto al mese di ottobre, quando i casi di Long Covid nella fascia di età 2-16 anni erano 77mila. In confronto, tra il mese di settembre e quello di ottobre, erano stati segnalati circa 8mila nuovi casi di Long Covid in questa fascia di età.
I dati mostrano anche che sono circa 20mila i bambini che soffrono di Long Covid da più di un anno (6mila in più di ottobre) e che circa 12mila bambini hanno avuto ripercussioni sulle loro attività quotidiane (4mila in più di ottobre). Negli ultimi tre mesi, il numero di bambini colpiti da Long Covid è raddoppiato, triplicando negli ultimi sei mesi.
Riguardo alla popolazione in generale, secondo l’ONS la prevalenza di Long Covid è rimasta maggiore tra coloro che hanno un’età compresa tra i 35 e i 64 anni, nelle donne e tra chi vive in zone più svantaggiate. Percentuali più elevate sono state segnalate tra i professionisti che lavorano nel settore della salute, dell’assistenza sociale, dell’insegnamento e dell’istruzione. Particolarmente colpite le persone che soffrono di almeno un’altra condizione di salute o una disabilità. Più della metà delle persone colpite da Long Covid (64%) ha sintomi che influenzano le proprie attività quotidiane, mentre il 20% ha riportato “importanti limitazioni” nelle proprie attività.
I sintomi, indica sempre l’ONS, variano da persona a persona, ma molti di coloro che li manifestano non richiedono cure ospedaliere. L’affaticamento continua ad essere il sintomo di Long Covid più comune, riportato dal 51% delle persone, seguito da perdita dell’olfatto (37%), mancanza di respiro (36%) e difficoltà di concentrazione (28%).
Secondo il dottor David Strain, senior clinical lecturer presso l’Università di Exeter, i dati mostrano anche che la campagna di vaccinazione ha ridotto il rischio di Long Covid nelle fasce di età per le quali si sono raggiunti tassi di immunizzazione di elevati. “Il fatto che queste cifre non siano aumentate in proporzione al numero di casi supporta l’ipotesi che il programma di vaccinazione abbia ridotto il rischio di una progressione dell’infezione verso la Long Covid, oltre a ridurre il rischio di ospedalizzazione e la morte”. D’altra parte, i tassi di vaccinazione nei bambini e negli adolescenti sono ancora troppo bassi per poter osservare gli stessi benefici in queste fasce di età.