I capodogli si difendono dalle orche scagliando contro di esse “nuvole di cacca”
Con circa 18 metri di lunghezza massima, i maschi di capodoglio (Physeter macrocephalus) sono i più grandi predatori dentati sulla Terra e non hanno praticamente alcun nemico naturale. Recentemente, tuttavia, si è scoperto che le femmine con i piccoli (chiamati vitelli) possono essere presi di mira dalle orche (Orcinus orca), grossi delfinidi che hanno evoluto impressionanti tecniche di caccia in gruppo, grazie alle quali possono abbattere il più maestoso animale sulla Terra, la balenottera azzurra (Balaenoptera musculus). Anche gli squali bianchi fanno parte della dieta di questi cetacei, che li cacciano principalmente per mangiarne il fegato.
Sebbene i capodogli possano potenzialmente rientrare nel menù delle orche, chiaramente non sono indifesi. Le loro lunghe e possenti mascelle, con impressionanti denti che arrivano a 25 centimetri di lunghezza, non sono però l'arma più efficace contro i “delfinoni” bianchi e neri. I capodogli, infatti, sfruttano le loro feci, in una tecnica che i biologi marini chiamano “defecazione di emergenza o difensiva”. In parole semplici, svuotano le loro viscere contro le orche all'attacco, agitando la coda per indirizzare meglio il colpo e investendole con una vera e propria nuvola di diarrea.
I capodogli sfruttano la defecazione difensiva quando si sentono minacciati, anche contro imbarcazioni che si avvicinano troppo e non sono gradite, ma l'utilizzo di questa tecnica non era mai stato osservato prima contro un pod di orche (del resto è già rarissimo vedere questi approcci predatori). Il comportamento è stato documentato per la prima volta durante un'uscita di whale watching (avvistamento balene / cetacei) al largo dell'Australia Occidentale, nel cuore del Bremer Canyon. I ricercatori a bordo di un'imbarcazione stavano seguendo un gruppo di orche guidate dalla matriarca Cookie, quando gli animali hanno iniziato ad accelerare in direzione di un tratto di mare con acqua più bassa, circa 80 metri di profondità rispetto ai 1.000 del fondale del canyon. L'equipaggio riteneva che il gruppo guidato dalla femmina anziana avesse puntato uno zifide, come uno zifio di Blainville o uno zifio di Layard (anch'essi cetacei normalmente predati dalle orche), ma incredibilmente aveva messo nel mirino un gruppetto di capodogli. Si trattava di alcune femmine con un piccolo al centro.
I capodogli, per proteggere i membri più vulnerabili del branco, si dispongono a rosa attorno ad essi, formando una struttura che i biologi marini chiamano “rosetta”. In questa disposizione la testa è rivolta verso l'interno e la coda all'esterno, pronta a essere scagliata contro eventuali minacce. Quando le orche hanno attaccato i capodogli è stato osservato che uno degli esemplari ha sollevato la testa dall'acqua, poi nel parapiglia è emersa sulla superficie una grande bolla di colore rossastro, che inizialmente era stato scambiato per sangue. È stata notata anche un'orca con un pezzo di carne in bocca, che sembrava corroborare il successo predatorio ai danni di uno dei capodogli. Dalle analisi dei video e delle fotografie raccolte durante l'escursione, tuttavia, i biologi marini si sono accorti che quello avvistato non era sangue, bensì una gigantesca bolla di feci, il cui colore è rossastro poiché il 90 percento della dieta dei capodogli è composto da calamari.
Quando questa nuvola di escrementi è stata lanciata, una delle orche all'attacco chiamata Wonks è subito tornata indietro precipitosamente. La stessa sorte è toccato all'esemplare Shredder. Dopo questi due repentini dietrofront le orche guidate da Cookie si sono raggruppate e se ne sono andate. Molto probabilmente il pezzo di carne notato in bocca a uno degli esemplari era una parte di calamaro "rubato" a uno dei capodogli. In altre occasioni è stato visto che le orche disturbano questi cetacei proprio per rubare loro i cefalopodi appena catturati a grandi profondità.
Secondo gli esperti l'attacco documentato in Australia è stato un evento di grande rilevanza scientifica, grazie al quale è possibile comprendere meglio le interazioni tra orche e capodogli. “Eventi come questo sono raramente testimoniati, per non parlare di documentati, con solo una manciata di resoconti registrati a livello globale, e rimarranno sempre un immenso privilegio e un promemoria di quanto siano selvaggi questi animali e questo luogo”, ha scritto su Facebook lo staff di Naturaliste Charters Bremer Canyon Killer Whale e Pelagic Expeditions.