Gli occhi possono rivelare la vera età di una persona: la scoperta
L'età indicata sulle nostre carte d'identità non corrisponde (sempre) all'età biologica, che è influenzata da molteplici fattori. Essa può essere infatti migliore o peggiore dell'età anagrafica in base allo stile di vita, a vizi come fumo e alcol, malattie, ambiente in cui si vive e lavora, sedentarietà e molto altro ancora. Conoscere la reale età biologica di una persona è un'informazione medica piuttosto preziosa, soprattutto per quel che concerne la prevenzione di determinate patologie correlate all'invecchiamento. Ora un nuovo studio ha determinato che è possibile calcolare l'età biologica di una persona analizzando le immagini della retina, le cui condizioni possono riflettere la presenza di patologie sottostanti e prevedere così il rischio di mortalità.
A determinare che le immagini retiniche possono rilevare l'età biologica di una persona è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Accademia di Scienze Mediche Guangdong dell'Ospedale Provinciale del Popolo di Guangdong e del Centro per la ricerca sugli occhi dell'Università di Melbourne (Australia), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro Oftalmico Zhongshan dell'Università Sun Yat-Sen, della società Guangzhou Vision Tech Medical Technology Co., dell'Istituto di neurobiologia ricostruttiva dell'Università di Bonn (Germania) e di altri centri di ricerca. Gli scienziati, coordinati dal professor Mingguang He, docente di epidemiologia oftalmica presso l'ateneo australiano, sono giunti alle loro conclusioni utilizzando l'intelligenza artificiale, nello specifico un modello di apprendimento profondo (deep learnig), una versione dell'apprendimento automatico.
Il professor He e i colleghi hanno innanzitutto raccolto 80mila immagini del fondo oculare di circa 50mila persone tra i 40 e i 69 anni, tutte coinvolte in uno studio della BioBank del Regno Unito. Di queste immagini poco meno di 20mila (legate a 11mila pazienti) sono state utilizzate dagli scienziati per addestrare e convalidare il modello di apprendimento profondo. In parole semplici, hanno “dato in pasto” questi dati all'intelligenza artificiale affinché riuscisse a trovare una correlazione tra le condizioni della retina e l'età biologica dei pazienti, facendo così emergere il rischio di mortalità sulla base delle condizioni della retina. “La retina offre una ‘finestra' unica e accessibile per valutare i processi patologici sottostanti delle malattie vascolari e neurologiche sistemiche associate a un aumento dei rischi di mortalità”, ha affermato il professor He in un'intervista alla CNN.
Una volta addestrato il modello di apprendimento profondo gli scienziati hanno elaborato tutte le immagini raccolte, osservando che per ogni anno di età biologica in più rilevato dalle condizioni retiniche era associato a un aumento del 2 percento del rischio di mortalità per tutte le cause, oltre che un aumento del 3 percento del rischio di mortalità per una causa specifica attribuibile a malattie non cardiovascolari e non tumorali. “Non è stata identificata alcuna associazione significativa tra il divario nell'età retinica e la mortalità cardiovascolare o correlata al cancro”, scrivono gli scienziati. Il dato potrebbe essere dovuto al numero relativamente basso di casi di tumore e patologie cardiovascolari nel campione dei pazienti, oppure a miglioramenti nei trattamenti contro queste malattie. Quando il divario tra l'età anagrafica e l'età biologica osservata nelle immagine retiniche arrivava anche a 5 – 10 anni, il rischio di morte per determinare patologie era più alto fino a quasi il 70 percento. “ I nostri risultati indicano che il divario nell'età retinica potrebbe essere un potenziale biomarcatore dell'invecchiamento strettamente correlato al rischio di mortalità, il che implica il potenziale dell'immagine retinica come strumento di screening per la stratificazione del rischio e la somministrazione di interventi su misura”, concludono gli scienziati. I dettagli della ricerca “Retinal age gap as a predictive biomarker for mortality risk” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata British Journal of Ophthalmology.